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Berlusconi non è (più) moderato

Maggioranza

Le frizioni nella maggioranza nate e cresciute sulla questione Superbonus. I graffi di Damato

In apparenza il problema principale del governo è la controversia esplosa anche al suo interno sul cosiddetto superbonus edilizio tagliato dal decreto legge che i forzisti hanno imposto alla Meloni, e al ministro leghista dell’Economia, di negoziare nel percorso parlamentare di conversione, minacciando di non votarlo. E’ un pò il mattone lanciato contro la presidente del Consiglio, rompendole il vetro della finestra, rappresentato da Stefano Rolli nella vignetta di prima pagina del Secolo XIX.

E ORA CHE SUCCEDE NELLA MAGGIORANZA?

Qualche accordo si finirà per trovarlo considerando anche la rapidità con la quale Sergio Mattarella ha controfirmato il decreto legge condividendolo, a causa del rischio di sfondare il bilancio col debito pubblico spinto dal mercato dei crediti d’imposta alimentato dalla improvvida disciplina del superbonus adottata dal secondo governo Conte. Ma considerando anche la insostenibilità politica della concorrenza di Berlusconi al capo del Movimento 5 Stelle sul terreno dello spreco delle risorse. Pure le imprese, in subbuglio, dovranno prima o poi rassegnarsi a riconoscere gli abusi ai quali si è prestata la disciplina Conte, che già Mario Draghi aveva denunciato, e cui non aveva potuto rimediare per la partecipazione dei grillini al suo governo. Caduto forse nella scorsa estate anche o soprattutto per questo.

Ma ancora più ingombrante della concorrenza con Conte sul terreno economico e finanziario si è fatta per Berlusconi la vertenza apertasi col Partito Popolare Europeo per i suoi attacchi al presidente ucraino, come se fosse di Zelensky la responsabilità della guerra aperta da un Putin provocato. Attacchi che Berlusconi continua  vantandosi di essere “uomo di pace”, anche dopo che per ritorsione i presunti uomini di guerra del Partito Popolare, a cominciare dal presidente e capogruppo a Strasburgo Manfred Weber, hanno annullato per protesta un summit organizzato a Napoli per il mese di giugno.

L’ancòra Giornale della famiglia Berlusconi dà oggi per “chiuso” l’incidente dopo un incontro di Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vice del presidente di Forza Italia, che tuttavia non è riuscito a fare revocare la rinuncia al summit di Napoli. Del resto, l’insospettabile Verità di Maurizio Belpietro, di area orgogliosamente di centrodestra, oggi titola su un “Berlusconi umiliato”, passato “da vero statista ad appestato”, anzi “stritolato”, dal “dogma” dell’appoggio a Kiev.

Del caso per niente chiuso si occupa su Repubblica nel suo suo editoriale il direttore Maurizio Molinari in persona sottolineando i problemi di credibilità e quant’altro dell’Italia creati da Berlusconi alla Meloni in procinto della sua vita a Kiev. Dove Zelensky, come potrebbe accadere oltre Oceano quando la Meloni vi andrà, potrà chiederle chiarimenti e garanzie di tenuta dell’Italia sul fronte contrario alle mire espansionistiche di Putin. Un fronte che è diventato per Berlusconi il classico tallone d’Achille: lui, così a lungo fideisticamente europeista e atlantista.

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

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