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Taglio dei parlamentari, coronavirus fa slittare referendum?

Taglio Parlamentari

In settimana si deciderà se “posticiparlo e portarlo magari verso maggio” ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà circa il referendum sul taglio dei parlamentari previsto il 29 marzo

“Al momento è confermato, questa è la settimana in cui dovremo decidere, anche a seconda dei dati medici, se vogliamo mantenerlo o se diversamente posticiparlo e portarlo magari verso maggio”. Lo ha detto a Start, su Sky TG24 il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, parlando del referendum sul taglio dei parlamentari.

“Per il Paese – ha spiegato D’Incà – quella del 29 marzo è una data importante, questo referendum è molto sentito, bisogna dare però la possibilità di avere un’adeguata campagna referendaria in tutto il Paese. Vedremo nelle prossime giornate di prendere una decisione per non ledere i diritti di nessuno e capire se è possibile farlo il 29, diversamente lo posticiperemo, lo potremmo fare insieme alle elezioni Regionali a maggio”.

A causa delle misure intraprese per contenere l’epidemia di coronavirus nelle regioni come Piemonte, Lombardia e Veneto, che rappresentano oltre 20 milioni di abitanti, in molti si chiedono se sia compatibile una campagna elettorale.

IL REFERENDUM CONFERMATIVO SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI

Lo scorso 27 gennaio il Consiglio dei ministri ha stabilito la data del 29 marzo per il referendum sulla riforma costituzionale per il taglio dei parlamentari. Dal momento che si tratta di un referendum confermativo e non abrogativo, non avrà quorum.

Alla consultazione popolare per la conferma o meno della riforma che taglia il numero dei parlamentari dagli attuali 945 complessivi a 600 totali (200 senatori e 400 deputati), sarà sufficiente che i consensi superino i voti sfavorevoli.

LA REPLICA DELLA FONDAZIONE EINAUDI, PROMOTRICE DEL REFERENDUM

“Apprendiamo con viva preoccupazione la comunicazione del ministro dei rapporti con il Parlamento su una decisione del governo entro giovedì in merito al possibile slittamento del referendum. La Fondazione Einaudi è stata estremamente corretta e lineare nel non chiedere alcuno slittamento e nell’esplicitare che, nell’eventualità il governo decida diversamente, vi sarebbe l’obbligo politico, morale e istituzionale di consultare i promotori”. È quanto si legge in una nota della Fondazione Luigi Einaudi, che ha promosso la raccolta firme per indire il referendum.

“In tal senso la Fondazione Einaudi ha indirizzato alcuni giorni fa una nota al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio. Qualora il governo dovesse decidere senza alcuna preventiva consultazione lo riterremmo un grave sgarbo. Qualora il rinvio dovesse comportare l’accorpamento del referendum alle elezioni regionali, come da nota del ministro D’Incà, i nostri costituzionalisti e gli avvocati sono già al lavoro per valutare tutti i possibili ricorsi avverso tale gravissima violazione delle basilari norme democratiche”.

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