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Tensione continua Pd-Lega

Pd Lega

I Graffi di Damato. Il coprifuoco di Enrico Letta può restare alle ore 22 in funzione anti-Salvini

Chissà se il segretario del Pd Enrico Letta per rimanere fedele alla sua linea antisalviniana di difesa del cosiddetto coprifuoco continuerà anche domani a non uscire da casa, o a rientrarvi, alle ore 22 rinunciando alla riduzione appena decisa da Draghi. Che ormai sul Fatto Quotidiano viene rappresentato per dileggio col mojito del leader leghista dei mesi del “Papeete” di due anni fa. Magari, il segretario piddino continuerà a rispettare il “suo” coprifuoco alle 22 anche dopo il 7 giugno, quando per gli altri si accorcerà di un’altra ora per essere soppresso il 21, sempre del mese prossimo. “Io resto a casa”, potrebbe scrivere l’ex esule parigino su un cartello appeso con tanto di foto al portone del palazzo nel quartiere di Testaccio dove abita a Roma.

Mi è apparsa francamente incredibile questa “ossessione” di Letta, come la chiama non a torto Salvini commentando le sue quotidiane uscite contro di lui. L’ultima delle quali, in difesa delle riforme, particolarmente quella della giustizia, che la Lega non vorrebbe sostenere in Parlamento preferendo la via breve dei referendum abrogativi di memoria pannelliana, è stata appena smentita clamorosamente – e ancora una volta – dal nuovo ma non ancora insediato leader pentastellato Giuseppe Conte. Che, dopo avere affondato la candidatura di Nicola Zingaretti al Campidoglio per rilanciare quella della sindaca uscente Virginia Raggi, ha deciso di silurare anche la riforma in cantiere del processo penale, e della cosiddetta prescrizione breve introdotta dall’ex ministro grillino della Giustizia Alfonso Bonafede.

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La notizia del sostanziale altolà di Conte l’ha appena data Repubblica con un titolo in prima pagina raccontandola così all’interno con la firma di Liana Milella: “Di domenica per la prima volta Conte incontra Bonafede e i deputati della commissione (Giustizia della Camera). Sul tavolo l’elenco delle lamentele… che vanno dalla prescrizione all’appello. Conte suggerisce di chiedere un incontro alla Guardasigilli: un “bilaterale, come viene definito durante la riunione, che metta sul tavolo le proposte che il Movimento 5 Stelle ritiene inaccettabili. E tra queste ci sono sia la prescrizione che l’inappellabilità delle sentenze: una riforma che, per il Movimento, sa tanto di Berlusconi”. Che pure è l’uomo col quale il segretario del Pd vorrebbe stringere accordi più stretti per isolare nella maggioranza Salvini così tanto da indurlo ad uscire spontaneamente, o a cacciarlo via.

In questa ossessione antisalviniana non vorrei che il segretario del Pd sorridesse compiaciuto anche davanti alla vignetta del Foglio di oggi, che scherza – diciamo così – sull’ambizione ormai dichiarata da Giorgia Meloni di superare Salvini nella scalata a Palazzo Chigi. Dove Benito Mussolini lavorò per un po’ a suo tempo come ministro degli Esteri e la sorella dei Fratelli d’Italia potrebbe invece arrivare dopo un fortunato turno elettorale, ordinario o anticipato che sia, come “Ducia”. Avremmo così anche la prima donna finalmente alla guida del governo italiano, dopo che Letta è riuscito a portare due donne solo alla guida dei gruppi parlamentari del Pd, alla Camera e al Senato. La causa della parità di genere con Giorgia a Palazzo Chigi sarebbe completa: completissima, se si potesse dire, anche con l’attuale guardasigilli Marta Cartabia al Quirinale per sottrarla all’assedio di Conte al Ministero di via Arenula.

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