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Travaglio riesuma a sorpresa il fantasma di Renzusconi al Nazareno

I Graffi di Damato

Pur declassate a “una battuta riuscita male” nel testo di uno dei ben tre articoli che le sono state dedicate, tra cui l’editoriale di Marco Travaglio, le scuse che Matteo Renzi dalla sua postazione Facebook ha invitato la sinistra a chiedere a Silvio Berlusconi, viste le prove di interessata disinvoltura legislativa che sta dando Matteo Salvini nel governo gialloverde, sono state adoperate dal Fatto Quotidiano per una specie di processo ai progetti politici dell’ex segretario del Pd. Che, pur non essendo fra i candidati alla successione a Maurizio Martina, è tra i protagonisti, forse ancora il più decisivo, del prossimo congresso del maggiore partito della sinistra, per quanto malmesso dopo la batosta elettorale del 4 marzo scorso.

RITORNO AL NAZARENO

Con una delle sue frequenti prime pagine a tinte nere, in tutti i sensi, il giornale di Travaglio ha lanciato l’allarme su un “ritorno al Nazareno”, inteso come accordo politico fra Berlusconi e Renzi. Che fu stretto appunto al Nazareno appena dopo la prima elezione di Renzi al vertice del Pd per riformare Costituzione, legge elettorale e quant’altro. E che potrebbe questa volta servire – ha alluso Travaglio e spiegato meglio Antonio Padellaro – a fronteggiare una sempre più probabile crisi del governo gialloverde con una combinazione di partiti e gruppi parlamentari, già esistenti o da improvvisare appositamente, accomunati dall’interesse ad evitare le elezioni anticipate.

Costoro sarebbero i nuovi “responsabili”, dopo quelli che lo stesso Berlusconi nel 2010 da Palazzo Chigi arruolò fra i banchi della sinistra, dove allora sedevano anche gli uomini di Antonio Di Pietro, per compensare i voti sottrattigli in Parlamento dal presidente della Camera Gianfranco Fini e cercare di portare avanti la legislatura, e con essa anche il suo ultimo governo. Che poi cadde lo stesso l’anno dopo ma per altre ragioni, di natura economica e finanziaria, comunque evitando le elezioni anticipate. Gli subentrò il governo tecnico di Mario Monti, che lo stesso Berlusconi appoggiò fino alla soglia della fine ordinaria della legislatura, quando si tirò indietro all’ultimo momento, passò all’opposizione e tentò nelle elezioni del 2013 una rimonta che gli non riuscì per un pelo. A impedirla non fu tanto l’exploit elettorale dei grillini ma proprio Monti scendendo in politica pure lui, per quanto senatore a vita, e poi vantandosene, anche se la formazione da lui allestita per togliere voti al Cavaliere poi gli si sciolse rapidamente fra le mani.

DIBATTITO POLITICO VIVACE

La nuova traccia indicata dal Fatto Quotidiano per vivacizzare il dibattito politico mette in qualche modo una toppa all’infortunio politico del ruolo di “spalla” appena attribuito dal giornale di Travaglio a Di Maio rispetto a Mattarella -non oserei dire il contrario – nel tentativo di correggere la rotta di collisione fra il governo gialloverde e la Commissione Europea dopo la bocciatura dei conti italiani, e la prenotazione della procedura d’infrazione per debito eccessivo. È una tentativo avviato con la cena di sabato scorso a Bruxelles fra il presidente del Consiglio Conte e il presidente della Commissione Europea Juncker, ma di sviluppo ancora incerto, a dir poco.

 

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