Per ora è solo un’ipotesi in Manovra. La gratifica nell’ultimo stipendio dell’anno a dipendenti con contratti a tempo indeterminato del settore pubblico e privato potrebbe essere detassata, o quantomeno si potrebbe applicare un’imposta sostitutiva del 10%.
Tra le ipotesi in vista della manovra, torna un vecchio cavallo di battaglia, quello della detassazione della tredicesima. Con l’obiettivo di mettere più soldi in tasca ai lavoratori e rilanciare i consumi in una fase in cui il potere d’acquisto resta sotto pressione. Ma occorre valutare le giuste coperture economiche.
La proposta è partita da Forza Italia, con Antonio Tajani che ne ha parlato al forum di Assolombarda come di una misura volta ad alleggerire il peso fiscale, stimolare i consumi e dare slancio al reddito delle famiglie del ceto medio.
COME FUNZIONA ORA LA TREDICESIMA
L’importo della tredicesima si calcola moltiplicando la retribuzione lorda mensile per il numero dei mesi lavorati nell’anno e dividendo il risultato per 12. Al momento è soggetta alla tassazione del normale stipendio: vengono applicati i contributi previdenziali e l’Irpef secondo le aliquote esistenti.
L’Irpef è divisa in 3 scaglioni: il 23%, il 35% e il 43% a queste si aggiungono i contributi previdenziali a carico del dipendente, mediamente al 9,19% della retribuzione lorda. La proposta di Forza Italia sarebbe una totale esenzione dall’Irpef e l’applicazione di un’imposta sostitutiva agevolata modellata sull’aliquota ridotta del 10%.
QUALI SONO LE PROPOSTE: DA QUELLE PIU’ NETTE A QUELLE PIU’ SOFT
Con la nuova proposta si aprono 3 prospettive: l’esenzione completa dall’Irpef, in cui la tredicesima subirebbe soltanto la trattenuta dei contributi previdenziali; l’imposta sostitutiva del 10% che prevederebbe l’applicazione di una tassa fissa del 10% sulla gratifica natalizia, con un beneficio fiscale rispetto alle aliquote ordinarie. L’abbassamento della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33%, con anche l’allargamento della fascia fino a 60mila euro, che porterebbe a un aumento in busta paga più misurato per i redditi medi.
Ogni opzione avrebbe ricadute diverse, l’esenzione richiederebbe coperture per diversi miliardi di euro, mentre la tassazione ridotta rappresenterebbe un compromesso più sostenibile per le casse dello Stato.
LE STIME CALCOLATE
Secondo le stime della CGIA di Mestre, le tredicesime hanno movimentato circa 59,3 miliardi di euro lordi, generando 14,5 miliardi di gettito Irpef. Cifra a cui lo Stato rinuncerebbe in caso di azzeramento totale dell’Irpef sulla tredicesima.
Le stime indicative, calcolate in base al Reddito Annuo Lordo (RAL) e alle due ipotesi (esenzione totale o di imposta sostitutiva al 10%), sono riportate da Italia Oggi: con un RAL di 20 mila euro si avrebbe +321 euro in caso di esenzione completa, +182 euro con imposta al 10%; con un RAL di 28 mila euro: +450 euro (esenzione) e +254 euro (10%); con un RAL di 35 mila euro: +856 euro (esenzione) e +611 euro (10%); con un RAL di 50 mila euro: +1.222 euro (esenzione) e +873 euro (10%); con un RAL di 60 mila euro: +1.802 euro (esenzione) e +1.383 euro (10%). Se un dipendente con una retribuzione lorda annua di 30.000 euro riceve una tredicesima lorda di circa 2.308 euro che arriva a 1.360 euro, sottraendo i contributi previdenziali e l’Irpef, con un’esenzione totale dall’Irpef il lavoratore porterebbe a casa 2.096 euro netti, in caso di tassazione agevolata al 10%, il netto salirebbe a 1.865 euro.