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trivellazioni veneto, scontro nella Lega e nella maggioranza di governo

Perché la maggioranza di governo si scontra (anche) nel Veneto di Zaia

Tanti fronti aperti tra i partiti dell’esecutivo a guida Meloni, da ultimo le differenze di veduta sulle trivellazioni nella Regione Veneto a guida Lega. Anche dentro al Carroccio si confermano due linee

Tajani con Zaia, Salvini con Pichetto Fratin. La politica, oltre che mestiere antico e arte del compromesso, è questione di posizioni, di schieramenti. E anche in un esecutivo come quello che governa a Palazzo Chigi interamente di marca centrodestra, le distanze su determinati temi permangono. Cosa nota, FdI non è la Lega né Forza Italia. E lo stesso possono dire gli altri due partiti rispetto a quello della premier. D’altronde il principale merito che da anni, ma ancor di più dallo scorso anno in vista delle elezioni politiche del 25 settembre 2022, si riconosce alle forze di destra e centrodestra è la capacità di compattarsi in occasione delle urne, tanto nazionali quanto (almeno parzialmente) sui territori. E allora tornando alle divisioni sui temi, una delle ultime vicende riguarda le trivellazioni nel Veneto governato da Luca Zaia, esponente di primo piano della Lega. Un presidente di Regione di caratura nazionale, le cui idee spesso fanno emergere anche le contrapposizioni interne al Carroccio.

LE TRIVELLAZIONI IN VENETO

Sulle trivellazioni nell’Alto Adriatico, detto che molte posizioni dei partiti oggi al governo sono cambiate negli anni, a far emergere l’attuale doppia distanza (nel governo e nella Lega) sono stati i pareri tecnici di due commissioni, una veneta e una governativa. Nelle conclusioni della relazione redatta dalla prima, composta da tre docenti dell’Università di Padova, due di quella di Venezia Ca’ Foscari, due dello Iuav e uno scienziato del Cnr, si legge che “si ritiene che le carenze conoscitive evidenziate non consentano, alla data, di escludere effetti significativi sull’ambiente marino e costiero del Polesine e del Delta del Po. Pertanto, le estrazioni di gas nelle concessioni minerarie A.C14.AS e A.C15.AX non devono essere autorizzate fintantoché non vengano messi a disposizione del tavolo tecnico-scientifico regionale tutti gli elementi specifici con cui poter valutare l’impatto delle estrazioni”.

Le trivellazioni riguarderebbero appunto l’area dell’Alto Adriatico, dunque il Veneto con le coste del Polesine, e garantirebbero 10mcm di gas in quindici anni.  Ma, appunto, se per la commissione regionale ci sono perplessità, per quella di governo c’è il via libera senza perplessità. Si attende la valutazione del Mase, come ricorda La Nuova Venezia, ma i contenuti tra le due relazioni divergono.

Le concessioni interessate sono sia vecchie che nuove e le coordinate geografiche portano appunto al delta del Po. Dalla comunità del Polesine, i vescovi, oltre che Zaia, hanno già espresso dubbi.  E la Regione ripete: “La Regione del Veneto intende ribadire la sua più ferma contrarietà ad un’ipotesi di ripresa di estrazione del gas naturale, se non a valle di tutti i necessari studi e rilievi che consentano di escludere con certezza effetti negativi sull’ambiente e sul tessuto economico sociale”.

DIVERSITÀ DI VEDUTE NEL GOVERNO E NELLA LEGA

Proprio oggi, il numero uno del Veneto Zaia ha detto che “se verrà confermata la pericolosità delle trivellazioni in Alto Adriatico, ci opporremo”.  Per il presidente, “in maniera serena riproponiamo la questione, c’e’ un gruppo di lavoro di accademici veneti che abbiamo voluto costituire. Quello che dirà l’accademia ovvero il mondo scientifico, per noi è legge”. Specificando appunto che “se sarà confermato il tema della pericolosità, immagino si andrà in questa direzione, ci opporremo alle trivellazioni. Ad oggi non sappiamo quali sono le scelte del governo”, ha concluso.

Venerdì era stato il vicepremier forzista, nonché successore di Berlusconi alla guida di Fi e ministro degli Esteri Antonio Tajani a pronunciarsi con distacco rispetto alle certezze del governo. “Se ci sarà una valutazione scientifica che dice che non si può fare non si farà”, aveva detto chiaramente parlando da Rovigo. “Valutare che non ci siano inconvenienti dal punto di vista scientifico è giusto che si faccia. Ma bisogna andare anche verso una autonomia energetica con la prospettiva di passare solo a rinnovabili e nucleare”.

Quanto alle distanze interne anche alla Lega, le perplessità espresse da Zaia sono da mettere di fronte alla linea nazionale salviniana. Il leader del Carroccio già lo scorso anno aveva promesso di arrivare a una soluzione con il governatore, già allora chiaro sui rischi delle trivellazioni nel Polesine, ascoltando il territorio e valutando attentamente il tutto, tra le “esigenze degli italiani di riscaldarsi e la tutela ambientale”. Adesso, il momento per sciogliere questi nodi sta per arrivare ma i compromessi inevitabilmente scontenteranno qualcuno.

 

 

 

 

 

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