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Palazzo Spada boccia il turismo al Mipaaf. Ecco perché

beni culturali romani

Per i giudici del Consiglio di Stato l’operazione lascia perplessi malgrado si comprendano i motivi che hanno portato alla decisione dell’esecutivo giallo-verde

Arriva un’altra tegole sulla testa del governo giallo-verde. Questa volta confezionata dal Consiglio di Stato sotto forma di parere che ha bocciato il Regolamento attuativo del decreto che ha “alleggerito” il ministero dei Beni culturali delle competenze sul Turismo, assegnandole al dicastero dell’Agricoltura guidato dal leghista Gian Marco Centinaio. (Qui il testo del parere) (qui il testo del decreto di trasferimento delle competenze)

MERA SOMMATORIA DI COMPETENZE DA ‘COPIA E INCOLLA’

Secondo i giudici di Palazzo Spada il provvedimento sembra una “mera sommatoria di competenze spostate tra direzioni generali quasi con la tecnica del ‘copia incolla’, priva di una ‘visione strategica di insieme’, e caratterizzato ‘da una funzione servente del turismo a favore dello sviluppo delle attività agricole, alimentari e forestali’”.

COSA DICONO I GIUDICI DI PALAZZO SPADA SULLA MATERIA ‘TURISMO’

La materia del turismo è stata più volte considerata dalla Corte come “materia complessa e caratterizzata da un intreccio di interessi, e quindi di funzioni”. E’ stato quindi affermato che, nonostante la riforma del titolo V della Costituzione, “per numerosi e rilevanti profili della disciplina del turismo, il riferimento alla legislazione e alla attività amministrativa statale appare tuttora preponderante nella materia turismo globalmente considerata”. In particolare, vista l’importanza del settore turistico per l’economia nazionale, la Corte ha rilevato in varie sentenze che è “doverosa un’attività promozionale unitaria che contrasti la frammentazione dell’offerta turistica italiana e che per ciò solo si giustifica una chiamata in sussidiarietà orizzontale dello Stato nei confronti della competenza residuale delle regioni”. Questa posizione chiara della Corte è determinante per l’inquadramento della materia “turismo”, perché indica “con certezza che il presupposto indefettibile su cui si fonda la materia ‘turismo’ è il passaggio da una visione tradizionale come fenomeno socioeconomico legato, fondamentalmente, allo svago, al benessere psico-fisico ed all’arricchimento culturale dell’individuo, ad una visione aperta alle potenzialità a fini sociali”. In questo senso, secondo i giudici di Palazzo Spada “l’attività turistica cessa di essere una mera promozione di bellezze e godimento spirituale o materiale, per abbracciare una visione olistica del sistema Paese”. “Essa, quindi, diviene uno degli snodi centrali sia dell’economia nazionale sia dello stato sociale latamente inteso, avendo infatti a riferimento, sul primo versante, una dimensione ‘passiva’ (relativa all’offerta di beni e servizi ‘turistici’) che crea comunque ricchezza economica, e sul secondo versante una dimensione ‘attiva’ (relativa all’attività del turista), che si riconnettono entrambe a finalità, interessi diffusi e diritti condivisi dall’intera collettività, e dunque a molteplici interessi pubblici e privati”.

IL TURISMO NON HA FUNZIONI ANCILLARI AD ALTRE FUNZIONI STATALI

Da questa complessità e rilevanza “trasversale” degli interessi pubblici e privati “turistici” la Corte fa derivare la “perduranza di competenze centralizzate” che giustificano pienamente l’organizzazione ministeriale del turismo, la quale, però, deve essere “connotata da caratteristiche anche organizzative conseguenti”. Da qui si evidenzia, quindi, che il “turismo non può essere riguardato come funzione ancillare di altre funzioni statali, siano esse quelle riguardanti i beni culturali siano quelle riguardanti l’agricoltura, l’alimentazione e le foreste, ma semmai come legante di un coordinamento complesso tra tutte le forme di presentazione e di produzione del territorio italiano nella loro potenzialità di fruizione turistica. La materia del turismo è quindi di speciale complessità, il che, se ha giustificato, sino a tempi recenti, il suo incardinamento nella Presidenza del Consiglio poi superato dal Legislatore, non cessa di costituire l’ago della bussola anche dopo il trasferimento nella competenza, amministrativa, di un singolo ministero. Si è quindi dell’avviso – precisano i giudici – che il Legislatore abbia deciso il trasferimento di tali funzioni al ministero delle politiche agricole necessariamente nella sua totalità ed in maniera escludente, non suscettibile cioè di contaminazioni spurie, quale funzione non solo autonoma ma soprattutto trasversale, coinvolgente anche i settori produttivi e sociali estranei alle competenze del ministero ad quem, il quale funger, sostanzialmente, da semplice ‘contenitore’”.

LO SPOSTAMENTO DI COMPETENZE LASCIA “PERPLESSI”

I giudici del Consiglio di Stato hanno evidenziato, inoltre, di aver compreso che l’obiettivo del governo “è quello di trasformare l’esercizio delle attività agricole, alimentari ma soprattutto forestali, in una opportunità anche turistica utilizzando la grande potenzialità del territorio italiano e del made in Italy apprezzato anche, e soprattutto, nel settore alimentare”. Ma malgrado ciò la novità “non appare congruente con l’impianto costituzionale, oltre che legislativo primario”, cioè “trattare il turismo come un aggregato della funzione riguardante l’agricoltura e le foreste, come sembra emergere dall’articolato”. In altri termini, “l’impianto ministeriale che ne deriva sembra essere caratterizzato da una funzione servente del turismo a favore dello sviluppo delle attività agricole, alimentari e forestali, piuttosto che dalla istituzione di un luogo amministrativo di gestione del turismo italiano (per la competenza statale), come sicuramente era l’intenzione del Legislatore. Ne consegue che il giudizio sulle modalità amministrative utilizzate per raggiungere lo scopo che il Legislatore primario sembra essersi prefisso – che è di competenza del Consiglio di Stato in sede di parere in relazione alla verifica anche di merito della efficienza ed efficacia dell’organizzazione amministrativa ex art. 97 Cost., – non può non essere perplesso”.

DIREZIONI OPPOSTE

Dal Regolamento di riorganizzazione del ministero delle Politiche agricole (previsto dal decreto legge 12 luglio 2018, n. 86/2018 “Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri”, convertito in legge 97/2018), emerge infatti, secondo il Consiglio di Stato, che “la commistione in un unico dipartimento di funzioni proprie della materia turismo e funzioni proprie di politica agricola, alimentare e forestale, sembra andare esattamente nella direzione opposta a quella indicata dalla giurisprudenza costituzionale, quasi vincolando il turismo all’offerta correlata alla sola attività agricola, alimentare e forestale”.

PALAZZO CHIGI VALUTI RIVISITAZIONE DEL TESTO

Il parere era stato richiesto ai giudici amministrativi lo scorso 18 dicembre dal Dipartimento per gli affari giuridici della Presidenza del Consiglio. Spetta adesso a Palazzo Chigi, conclude il Consiglio di Stato, “valutare nella sua responsabile discrezionalità l’opportunità di una rivisitazione del testo nel senso indicato, nonché l’opportunità dell’ulteriore corso del provvedimento con gli attuali contenuti”.

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