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Tutti gli ostacoli di Giuseppe Conte

Conte

I graffi di Francesco Damato sul percorso, sempre più complicato, di Giuseppe Conte

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte “sta operando in modo abbastanza notevole, cerca di migliorare il nostro Paese e agisce con l’obiettivo di risollevarlo dalla  malattia” di “una  situazione pestilenziale”, come gli ha riconosciuto Eugenio Scalfari nell’appuntamento domenicale con i lettori della Repubblica, di carta e digitale. Ma non è detto che il professore possa farcela ad “arrivare fino alla prossima primavera”, ha ammesso lo stesso editorialista.

Eppure le prospettive di durata di questo governo erano addirittura “di legislatura”, o almeno sino alla scadenza del mandato presidenziale di Sergio Mattarella, nel mese di febbraio del 2022, per cercare di gestirne la successione al Quirinale, anche se il governo, almeno sulla carta e per ragioni di igiene istituzionale, dovrebbe cercare di essere estraneo a un simile passaggio: dovere, questo, disatteso molte volte nella storia repubblicana d’Italia, compresa l’ultima, nel 2015. L’allora presidente del Consiglio e segretario del Pd Matteo Renzi scelse personalmente proprio Mattarella, facendo eleggere forse il migliore dei candidati, per carità, nel peggiore dei modi, sino a compromettere la sorte della riforma costituzionale avviata d’intesa con l’opposizione di Silvio Berlusconi e prenotare per la fine del 2016 la fine del suo stesso governo. Sarebbe seguìto un lungo e infelice epilogo della legislatura con la sconfitta elettorale del Pd, e di Renzi in persona, e con la vittoria, sia pure incompleta, dei grillini.

Ciò serve a capire i danni che inconsapevolmente possono provocare certi errori di gestione politica a chi li commette.

I problemi di Conte non sono più soltanto, o prevalentemente, quelli dei rapporti all’interno della sua variegata maggioranza, dove si incrociano e si sommano la obiettiva confusione dei grillini, una sempre più evidente insofferenza del Pd, per quanto mitigata ogni tanto da formali assicurazioni del segretario Nicola Zingaretti, e la dichiarata, direi compiaciuta volontà di Renzi di dimostrare  il carattere decisivo del partito -o partitino, sul piano dei sondaggi- da lui creato all’improvviso l’anno scorso, proprio mentre nasceva su suo stesso impulso l’attuale governo.

E’ diventato un problema sempre più visibile per Conte il suo rapporto col Parlamento, di cui è indice lo scontro appena consumatosi con la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati. Che ha parlato dei senatori, e dei deputati pur di competenza del presidente grillino di Montecitorio Roberto Fico, come ormai degli “invisibili della Costituzione”. Che vengono ogni tanto informati dell’andamento dell’epidemia e dei rapporti con l’Europa senza avere la possibilità di votare, col trucco di trasformare in informazioni, appunto, le  comunicazioni del governo. Martedì prossimo -ha annunciato la Casellati- non sarà così dopo che il ministro della Salute avrà riferito sulla proroga di alcune misure anti-virus in scadenza a metà luglio, e certamente non destinate a durare solo per un’altra quindicina di giorni, quando scadrà lo stato di emergenza ed esso verrà prolungato, secondo anticipazioni fatte dallo stesso Conte, sino alla fine dell’anno.

Altro che  essersi “sparata sui piedi”, come ha annunciato il solito Fatto Quotidiano. I piedi colpiti sono quelli del presidente del Consiglio. Il cui futuro, non a caso, Scalfari ha scritto di vedere a Bruxelles, come commissario, auspicando Romano Prodi al Quirinale e Mario Draghi a Palazzo Chigi.

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