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“Una norma del Fazzo”: l’emendamento “anti-Renzi” secondo Paita

Paita

Una norma “illiberale e di memoria sovietica”. Così la senatrice e coordinatrice di Italia Viva, Raffaella Paita, valuta la cosiddetta “norma anti – Renzi” che  vieta a membri del parlamento, del governo, a europarlamentari eletti in Italia e i presidenti di Regione di svolgimere incarichi di lavoro retribuiti per conto di società che hanno sede fuori dall’Unione Europea

Ieri, nel corso della conferenza stampa di inizio anno, la Premier Giorgia Meloni ha “promosso” la cosiddetta “norma anti – Renzi”. Un emendamento, inserito in Legge di Bilancio, che prevede per i membri del parlamento, i membri del governo, gli europarlamentari eletti in Italia e i presidenti di Regione l’incompatibilità nello svolgimento di incarichi di lavoro retribuiti per conto di società che hanno sede fuori dall’Unione Europea. “Io penso che sia assolutamente normale che si vieti a chi ricopre incarichi di governo ma anche a chi rappresenta gli italiani in Parlamento di prendere soldi da stati esteri, segnatamente esterni alla Ue – ha ribadito la Premier -. La notizia non mi sembra questa ma semmai che serva una legge per dire quello che il buon senso, la coscienza, il buon gusto avrebbero richiesto naturalmente”. La frecciata è diretta al senatore Renzi che, come ricorda la Premier,  “il 24 febbraio del 2022 si è dimesso dal Cda di una società di car sharing che aveva sede a Mosca”. Sul punto non si è fatto attendere il commento dell’ex Premier e presidente di Italia Viva che ha accusato la Presidente del Consiglio di riportare una mezza verità.

Il botta e riposta sancisce la “fine della fase zen” del senatore Renzi e l’inizio di un nuovo capitolo di protagonismo, per lo meno mediatico.

Sul punto abbiamo sentito la senatrice Raffaella Paita, coordinatrice di Italia Viva.

“Nessun altro in passato che facesse un lavoro di questo genere è rimasto parlamentare della Repubblica italiana”. Lo ha detto Giorgia Meloni in conferenza stampa riferendosi alle attività di conferenziere del senatore Matteo Renzi. È davvero così?

Giorgia Meloni mente sapendo di mentire: ci sono e ci sono stati parlamentari in carica conferenzieri. Non solo: la Premier ha affermato che quelli che fanno conferenze sono tutti di sinistra, quindi sta dicendo una doppia bugia. Basti citare Theresa May e Boris Johnson, membri eccellenti del partito conservatore inglese. Poi sa che le dico? Evidentemente Matteo Renzi viene chiamato perché ha qualcosa di importante da dire e ci sono molte persone interessate ad ascoltarlo. Chissà perché altri non vengono chiamati…”.

La “norma anti-Renzi” rischia di colpire anche altri esponenti politici e di Governo?

La norma anti Renzi è una norma illiberale e di memoria sovietica, che è stata voluta da palazzo Chigi. Una vera ‘norma del Fazzo’. Risponde a una volontà precisa di Giorgia Meloni di colpire direttamente Matteo Renzi perché la Premier teme Italia Viva, il suo leader e la nostra capacità di fare opposizione. E sa perché? Siamo persone libere. Meloni ci teme perché è perfettamente consapevole che il nostro 2-3% è decisivo per le prossime politiche. Sono quei voti che le faranno perdere le elezioni. Il tentativo di attaccare Renzi però è destinato al fallimento. Anzi, da un certo punto di vista ci ha fatto un favore. Il nostro leader avrà più tempo per fare opposizione.

Alcuni hanno notato che in questi 20 giorni festivi la presenza mediatica e sui social del senatore Renzi ha quasi “supplito” all’assenza della segretaria Schlein. Cosa ci può dire in merito a questo? C’è un accordo?

Italia Viva e Matteo Renzi sono nettamente all’opposizione del governo Meloni. Con Elly Schlein e il Partito democratico, quindi, c’è certamente un buon dialogo, ma non parlerei di accordo su come fare opposizione. Ci sono due stili differenti, legati a situazioni differenti. Schlein è, giustamente, segretaria di un grande partito con tante anime. Italia Viva, invece, è un partito più piccolo, e questo ci permette di fare una opposizione meno convenzionale.

Detto questo, a chi ci accusa di colpire a prescindere la Premier, rispondiamo che la nostra è una opposizione mai ideologica e di principio ma concreta. Quando denunciamo che il taglio del cuneo fiscale nella legge di bilancio è un regalo di Natale riciclato, perché il governo si è limitato a stabilizzare il provvedimento dell’anno scorso e gli stipendi dei lavoratori italiani in questo 2025 non aumenteranno di un euro, avanziamo una critica concreta. Che le bollette saliranno, addirittura del 18% per gli utenti più fragili, è un dato di fatto. E Giorgia Meloni su questo nella conferenza stampa di inizio anno non ha risposto, trincerandosi dietro la scusa che l’argomento è troppo complicato e non c’era tempo di trattarlo. Per non parlare delle maxi multe del nuovo codice della strada di Salvini: va bene la sicurezza, ma un piccolo errore alla guida può trasformarsi in un dramma economico per tante famiglie.

Il sen. Renzi ha detto anche che nel 2025 seguirà la linea del “cavaliere nero”. È un invito diretto solo agli avversari o anche agli alleati?

La ‘fase Zen’ è finita: risponderemo colpo su colpo agli attacchi che sono arrivati e arriveranno. La nostra è e sarà una opposizione intransigente. Per quanto riguarda gli alleati, è importante rendersi conto che, per mandare a casa Giorgia Meloni, serve unirsi. E non è solo una questione numerica, che comunque conta, ma occorre trovare un programma comune. Senza un centro che guardi a sinistra e che raccolga le culture liberali, riformiste, cattoliche, non si vince né in Italia e nemmeno nel resto del mondo. Le elezioni si vincono prendendo i voti al centro. L’esempio di ciò che è accaduto in Liguria deve rimanere molto presente a tutti.

Parliamo della Legge di Bilancio. Lei su X scrive che “l’aumento delle accise per finanziare il trasporto pubblico è una scelta contraddittoria, perché il parco mezzi è ancora perlopiù non elettrico. Sapete come finirà? Non solo accise più alte, ma aumenteranno anche il costo dei biglietti”. Ci dice perché prevede questo scenario? Come dovrebbe essere la riforma strategica del Tpl di cui parla?

Quella sulle accise è una delle tante contraddizioni di Giorgia Meloni, uno dei tanti impegni non mantenuti. La Premier aveva promesso il taglio delle accise sui carburanti, e oggi ci ritroviamo con un ulteriore aggravio. Stessa cosa sulle pensioni: ‘aboliremo la Fornero’, gridavano. Non solo non l’hanno abolita, l’hanno addirittura rafforzata. L’aumento delle accise non fa altro che alzare i costi per gli italiani, che hanno il diritto di muoversi. E da oggi questo diritto sarà più caro. Non solo in auto, ma anche con i mezzi pubblici. Il parco del trasporto pubblico locale è fatto in larga parte di mezzi non elettrici, e quindi alzare i costi dei carburanti avrà ricadute su autobus e pullman. È un cane che si morde la coda: si mettono in difficoltà gli enti locali che saranno costretti a far pagare di più un servizio, e a farne le spese saranno studenti, pensionati, bambini che prendono lo scuolabus. Quello che, invece, si dovrebbe fare, è migliorare le condizioni del tpl, con una grande riforma anche societaria. Ci sono troppe aziende e municipalizzate che non hanno la forza per stare in piedi da sole e non sono in grado di fare gli investimenti necessari. Collegare maggiormente ferrovia e gomma, creare intermodalità favorendo le aggregazioni, anche attraverso un meccanismo premiale, eliminando le società inutili e frenando la parcellizzazione. Questo andrebbe fatto, ma servono coraggio e visione. Caratteristiche che Giorgia Meloni e il suo governo non hanno. La Premier sembra più interessata ‘all’amichettismo‘ e ad assegnare poltrone nei consigli di amministrazione che a riformare il paese”.

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