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Vi racconto sfide e rinvii di Giuseppe Conte

Renzi Conte

I graffi di Damato sui primi giorni del 2021 di Giuseppe Conte

 

Di fronte ai 620 morti di Covid registrati ieri in Italia, 206 in più del giorno prima, e l’annuncio di Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, che “la curva ha rallentato la decrescita” dei contagi, i più anziani sopravvissuti sinora alla pandemia saranno andati con la mente a Palazzo Venezia e ai comunicati di Benito Mussolini sulle “nuove postazioni  difensive” delle truppe italiane nella seconda guerra mondiale. Ai meno anziani o più giovani, e fortunati, possono bastare le finestre di Palazzo Chigi illuminate di sera, dietro alle quali è di fatto asserragliato il presidente del Consiglio nella gestione della famosa, non voluta ma subìta verifica di governo. Egli si divide fra le riunioni sempre interlocutorie, ma anche sempre più burrascose, con i cosiddetti capi delle delegazioni dei partiti della maggioranza e gli “assistit”- come  li chiamano i suoi amici del Fatto Quotidiano– che gli arrivano inutilmente dall’estero per cercare di rafforzarne le difese sulle barricate del nuovo piano di utilizzo dei fondi europei della ripresa.

Una volta c’era Donald Trump, che dalla Casa Bianca gli dava del “Giuseppi”. Ora che Trump è in uscita, e rovinato definitivamente anche nel ricordo di molti dei suoi amici per quell’assalto dei fans al Congresso da lui incoraggiato con dichiarazioni inequivocabili, che potrebbero costargli care, Conte deve accontentarsi di qualche telefonata di riservata consolazione della cancelliera tedesca Angela Merx e degli apprezzamenti espliciti di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea. Che, pur volendo, non potrebbe tuttavia unirsi ai senatori “responsabili” che da giorni vengono contattati direttamente o indirettamente da Conte per verificare la disponibilità a sostituire i 18 di Matteo Renzi passando dall’opposizione, prevalentemente di centrodestra, alla maggioranza in una eventuale resa dei conti, al minuscolo e al plurale, nell’aula di Palazzo Madama.

Ma più Conte cerca aiuti in Italia e all’estero, più Renzi si incaponisce contro di lui e fa annunciare dalla sua ministra Teresa Bellanova che il tempo del presidente del Consiglio è “finito” o “scaduto”, che il  governo è “al capolinea” e nessuno “è insostituibile”, e via chiudendo.  Alla Bellanova, di cui qualcuno ha tratto dagli archivi la foto che la propone mangiando voracemente una pizzetta come se fosse proprio la versione alimentare di Conte, lo stesso Renzi si aggiunge ogni tanto con interviste cui Massimo Gramellini sul Corriere della Sera, ancora e giustamente colpito dalle avventure di Trump negli Stati Uniti, ha ironicamente attribuito “il massimo brivido eversivo” procurato alla politica italiana.

In questa situazione a dir poco anomala, che fa scrivere al pur mite, prudente e conciliante o conciliatore  Paolo Mieli, sempre sul Corriere della Sera, di una “legislatura scombinata”, cui si vorrebbe lasciare persino il compito di eleggere l’anno prossimo il nuovo presidente della Repubblica, non stupisce solo la furia iconoclasta della difesa di Conte da  parte dei suoi sostenitori. Che si sono spinti sul Fatto -e dove sennò?- ad accusare Renzi di avere “rotto” e a dargli nella vignetta di Vauro dello “strenzi” con voluto refuso. Stupisce che Conte, con la sua cultura, i suoi titoli  accademici e tutto il resto, alterni disinvoltamente propositi battaglieri e rinvii, come la forse decisiva seduta del Consiglio dei Ministri prima annunciata per oggi e poi rinviata ad almeno martedì. Se quella di Renzi è lotta continua, quella di Conte sembra ormai agonia continua, intesa naturalmente in senso tutto politico.

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