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Vi spiego perché Meloni non ha riscritto la storia sulle Fosse Ardeatine

Eccidio Fosse Ardeatine

“Nessun antifascista candidato all’eccidio, e nessun ebreo, e nessun partigiano avrebbe eccepito di non essere italiano”. E’ vero. 

Alla Repubblica che fu di Eugenio Scalfari ed è ora diretta da un repubblicano storico come Maurizio Molinari  – allevato nel partito omonimo  ormai scomparso che fu di Ugo La Malfa e di Giovanni Spadolini- debbono avere pensato sin dal primo momento, con quel titolo di sabato scorso su tutta la prima pagina contro una Meloni che “riscrive la storia”, di dover condurre una  operazione speciale -come Putin chiama quella intrapresa contro l’Ucraina- per denazificare, defascistizzare e via dicendo l’Italia della prima presidente del Consiglio di destra dichiarata, anzi dichiaratissima. La quale ha osato definire come “soli italiani” le 335 vittime dell’eccidio nazista di 79 anni fa nelle Fosse Ardeatine.

L’INTERVISTA DI REPUBBLICA A GIORGIO LA MALFA SULL’ECCIDIO

Con l’aria un pò di tirare fuori dai suoi depositi un’arma segreta, Molinari ha pubblicato ieri un’intervista al non più giovane figlio di Ugo La Malfa, l’ormai ultraottantenne Giorgio, per inchiodare la Meloni alle sue responsabilità, cioè ai suoi errori. Fra i quali ci sarebbe quello di avere riportato la destra indietro, agli anni di Giorgio Almirante già capo di gabinetto di un ministro del governo mussoliniano della Repubblica Sociale di Salò. Che era solito ammantare di patriottismo anche il fascismo terminale della guerra civile e dell’asservimento al nazismo, non più alleanza. Eppure -ha ricordato Giorgio La Malfa- la destra post-missina aveva avuto con Gianfranco Fini il coraggio, la sapienza e altro ancora di dichiarare il fascismo “male assoluto”. Ma lo fece quando già Giorgia Meloni faceva parte del suo partito, senza eccepire alcunché, diversamente dalla nipote del Duce, Alessandra Mussolini, e altri che pure avevano collaborato con Fini, come il suo ex portavoce Francesco Storace. Storicamente, diciamo così, La Malfa ex junior non avrebbe quindi ragione di contrapporre la Meloni di oggi a quella dei tempi di Fini con la schiena rivolta al fascismo. Invece è proprio su “Meloni come Almirante” che l’intervista di Giorgio La Malfa si è guadagnato il titolo di Repubblica, con l’aggiunta che “dietro l’italianità nasconde la storia” della democrazia italiana che dal 1945 deve tutto e solo all’antifascismo, attuale oggi come allora.

– Leggi anche: L’Italia finalmente controcorrente della Meloni avvertita dal Corriere della Sera

Ripeterò all’amico Giorgio La Malfa quello che, senza averlo ancora letto su Repubblica, gli ha in pratica risposto già ieri sul Foglio Giuliano Ferrara, da me citato in altra sede per un diverso passaggio del suo articolo attinto nei ricordi della propria famiglia “gappista”. “Gli italiani a disposizione di Kappler, anche secondo le liste che li designavano per il martirio, erano -ha scritto Ferrara- in grandissima parte antifascisti, partigiani, ebrei, ma furono uccisi in quanto le forze di occupazione tedesche volevano far fuori dieci italiani per ciascuno dei morti del battaglione Bozen colpito in un’azione armata in via Rasella. Letteralmente italiani, italiani da fucilare. Nessun antifascista candidato all’eccidio, e nessun ebreo, e nessun partigiano avrebbe eccepito di non essere italiano”. E’ vero.

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