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Zelenksy come Grillo?

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I Graffi di Damato

Grazie al caffè offertomi questa mattina sul Corriere della Sera da Massimo Gramellini, stavolta ben zuccherato, non amaro come in altre occasioni, ho intravisto un pò di luce dietro o attraverso quella facciata del “palazzo d’inferno” scelta dai colleghi del manifesto per rappresentare in prima pagina il dramma dell’Ucraina in preda all’ira di Vladimyr Putin. Che pur di sbarazzarsi dei “drogati e nazisti”, secondo lui, al potere a Kiev si è messo a sprecare i suoi missili e a sproloquiare come un ubriaco: altro che l’insolitamente “sobrio” che tanto colpì favorevolmente negli anni scorsi il liberalissimo ministro della difesa italiano Antonio Martino, parole sue recentissime, da indurlo a condividere giudizio, amicizia e quant’altro già concessi al capo del Cremlino dall’allora presidente del Consiglio in persona, Silvio Berlusconi. Che, se fosse dipeso da lui, gli avrebbe già affidato le redini della Nato dopo la buona prova di ospite data, standogli accanto, in un raduno a Pratica di Mare.

Forse non a torto Gramellini, con l’abitudine che ha di ispezionare in tutti i sensi i personaggi che gli capitano a tiro, ha un pò visto nel presidente ucraino Volodymir Zalensky una versione giovanile e più riuscita del nostro Beppe Grillo. Che dopo avere recitato da attore comico come presidente “onesto e astuto” del suo paese riuscì nel 2019 a farsi eleggere davvero a quel posto, festeggiando l’evento -a vedere bene le foto- con uno stile vagamente simile a quello usato in Italia qualche anno prima da Matteo Renzi, nel frattempo però caduto dai vari piedistalli sui quali era salito e costretto, pur di sentirsi ancora leader, a crearsi un partitino tutto suo, fatto -dicono gli avversari- più di eletti portati via al Pd che di elettori. I sondaggi si ostinano infatti a farlo oscillare attorno al 2 per cento dei voti intenzionali.

Capisco, a mio modo naturalmente, più per ridere che per piangere, più immaginandomi a teatro, magari sotto una tenda, che davanti alle immagini provenienti in questi giorni dall’Ucraina e dalla stessa Russia, con tutti quei carri armati ammassati lungo le frontiere pronti a travolgerle sputando fuoco e quant’altro, l’incredulità di un militare e di una spia professionale come Putin alle prese con un comico che si considera un parigrado, si imbottisce di giubbotti corazzati, lo sfida ad attaccarlo, telefona a destra e a manca in ogni parte del mando, dimenticandosi magari anche di qualche appuntamento -sempre al telefono- dato ad uno con la mosca sopra al naso come il presidente del Consiglio di turno in Italia da un anno, addirittura di nome Mario e cognome Draghi. Ma mi chiedo che bisogna ci sia di fare tanto casino, di rimediarsi sanzioni e ricambiarle danneggiandosi, di ammazzare gente per caso non essendovi armi del tutto intelligenti, come fanno credere invece quelli che le costruiscono, se c’è in fondo non tanto lontano da casa un originale di Zalensky al quale ispirarsi e chiedere magari qualche consiglio per risolvere più pacificamente e rapidamente il problema di liberarsene.

Quel furbacchione di Grillo -non so se Berlusconi ha avuto il modo e il tempo di raccontarlo a Putin in qualcuna delle telefonate d’auguri che si scambiano per compleanni e feste del genere- non solo si è prudentemente tenuto lontano dai palazzi della politica, facendovi ogni tanto qualche puntata da ospite e comico, ma all’occorrenza, quando ha visto che le cose cominciavano a mettersi male per lui e per la sua formazione, ha cercato di proteggersi con qualche controfigura, senza offesa per questa preziosa funzione teatrale. Quella di Grillo -avvocato, professore, due volte presidente del Consiglio, ora presidente per quanto sospeso giudiziariamente del MoVimento di cui Grillo è rimasto fondatore e garante elevatissimo- è conosciuta anche da Zelensky, di cui sono riuscito a trovare una foto appunto con lui: Giuseppe Conte.

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