È morto Jose Alberto Mujica, ex guerrigliero tupamaro, prigioniero per oltre un decennio sotto la dittatura militare, poi ministro, senatore e infine presidente dell’Uruguay. Ha segnato la storia del suo Paese con uno stile unico, fatto di sobrietà, coerenza e profondo umanesimo. La sua scomparsa segna la fine di un’epoca, ma non della sua lezione di vita.
Si è concluso ieri sera a 89 anni il viaggio dell’ex guerrigliero, prigioniero politico, ministro e presidente dell’Uruguay José Alberto “Pepe “ Mujica, una delle figure più affascinanti della sinistra latinoamericana. Fiaccato da un tumore all’esofago, poi allargatosi al fegato, aveva annunciato che non avrebbe combattuto la malattia più in un’intervista al settimanale Búsqueda.
A dare la notizia l’attuale capo di Stato uruguaiano e suo compagno di partito Yamandù Orsi, che in un tweet ha compianto la scomparsa del “presidente, militante, leader e condottiero”.
Con profundo dolor comunicamos que falleció nuestro compañero Pepe Mujica. Presidente, militante, referente y conductor. Te vamos a extrañar mucho Viejo querido. Gracias por todo lo que nos diste y por tu profundo amor por tu pueblo.
— Yamandú Orsi (@OrsiYamandu) May 13, 2025
Lascia un’eredità politica che trascende gli schieramenti: nel suo lungo percorso dalla fattoria al Parlamento, Mujica ha sempre lottato per un mondo migliore e vicino agli ultimi.
“IL PRESIDENTE PIÙ POVERO DEL MONDO”
Noto per il suo stile spartano e il grande carisma, da giovane imbracciò le armi contro la deriva autoritaria che sarebbe sfociata nella dittatura, resistendo poi a 13 lunghi anni di carcere e abusi. Quindi la svolta democratica e i ruoli di governo nella neonata democrazia, fino all’elezione a presidente della Repubblica che aprì una stagione di riforme storiche per l’Uruguay, improntate all’inclusione e alla giustizia sociale.
Ma la ragione per cui Mujica è diventato un’icona mondiale di lotta e fedeltà ai propri ideali non risiede soltanto nella sua parabola politica, quanto nell’austerità di una vita semplice, nel rifiuto del lusso e del consumo fine a se stesso, che ne fecero un simbolo di coerenza e profonda umanità, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “presidente più povero del mondo”. Fu il primo presidente latinoamericano a essere ricevuto da Papa Bergoglio. Celebre il suo intervento al vertice Rio+20 delle Nazioni Unite nel 2012, in cui mise in discussione l’intero modello di sviluppo economico basato sulla crescita illimitata.
CHI ERA “PEPE”MUJICA
Mujica nacque il 20 maggio 1935 a Montevideo. Orfano a sette anni del padre, cresce in una famiglia modesta e sin da giovane è attivo politicamente. Negli anni ’60 aderisce al Movimiento de Liberación Nacional-Tupamaros, un gruppo di guerriglieri di ispirazione marxista che si rifaceva agli ideali della Rivoluzione Cubana allo scopo di risvegliare la coscienza del Paese e condurlo a una rivoluzione.
Il clima di instabilità nel Paese porta a un’escalation di violenza da ambo le parti, che nel 1973 sfocia nel colpo di Stato militare. Intanto Mujica conosce la sua futura moglie e senatrice Lucía Topolansky, che trascorrerà, come lui, quasi 15 anni in carcere, gran parte dei quali in isolamento, in condizioni disumane, durante la dittatura, che si protrarrà fino al 1985.
Questo periodo segna profondamente la sua visione del mondo, ma non lo spezza. Al contrario, ne esce con un approccio più riflessivo e meno dogmatico, mantenendo però una ferma fede nei valori della giustizia sociale.
LA CARRIERA POLITICA
Con il ritorno della democrazia in Uruguay e l’amnistia, Mujica abbandona la lotta armata e si dedica alla politica istituzionale. È tra i fondatori del partito Movimiento de Participación Popular (MPP), una delle componenti del Frente Amplio, la coalizione di sinistra che segnerà una nuova era nella politica uruguaiana.
Nel 2005 diventa ministro dell’Agricoltura sotto la presidenza di Tabaré Vázquez e nel 2010 viene eletto presidente dell’Uruguay. Il suo mandato (2010–2015) è ricordato per importanti riforme progressiste: la legalizzazione del matrimonio egualitario, della cannabis e dell’aborto, misure che hanno fatto dell’Uruguay un paese all’avanguardia in America Latina.
Rifiutò di vivere nel palazzo presidenziale, preferendo la sua piccola casa di campagna a Rincón del Cerro, vicino a Montevideo, dove abitava con la moglie, e il loro cane a tre zampe, Manuela. Donava circa il 90% del suo stipendio da presidente a opere sociali e guidava una vecchia Volkswagen Beetle del 1987.
Dopo il suo mandato, Mujica è tornato a vivere come prima: coltivando la terra, leggendo e parlando con chiunque volesse ascoltare. Nonostante le critiche, anche da sinistra, per alcune decisioni prese durante la sua presidenza, resta un punto di riferimento per chi sogna una politica più onesta, più umana, più vicina alla gente.