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RIUNIONE BRICS 2025 IN BRASILE

Chi c’è (e chi no) al vertice BRICS 2025 in Brasile

A Rio Lula accoglie gli “altri grandi” della Terra per immaginare un nuovo ordine mondiale. Ma il vecchio è duro a morire e il fronte dei BRICS riunito a Rio è più disunito di quanto sembri. Ecco chi c’è, chi sta in disparte e chi non verrà

Si è aperto ieri a Rio de Janeiro il 17esimo vertice dell’alleanza dei Paesi emergenti nato nel 2009 per offrire un’alternativa all’egemonia economica e geopolitica a guida occidentale.

Se da un lato il disimpegno degli USA lascia ampi spazi di manovra per le (ex) economie in via di sviluppo (e per le ambizioni russe e cinesi di riorientare l’ordine mondiale), l’unità del blocco è minata da una profonda diversità di vedute, oggi acuita dalle minacce protezionistiche di Trump e dalle crisi internazionali – dall’Ucraina al medio Oriente – che vedono molti dei membri in una posizione ben più attendista.

QUALI SONO I TEMI CHE VERRANNO DISCUSSI

I temi di discussione individuati dalla presidenza brasiliana si concentreranno su sei aree chiave: la collaborazione internazionale nel settore sanitario; le dinamiche di commercio, investimenti e finanza; la lotta al cambiamento climatico; la regolazione e la governance dell’intelligenza artificiale; il mantenimento della pace e della sicurezza globale; e il rafforzamento delle istituzioni multilaterali.

Congelata, per il momento, la proposta di dotarsi di una moneta comune, fortemente cavalcata dal Brasile stesso in passato e oggi accantonata da Lula, preoccupato più che altro di chiudere un accordo commerciale con l’Europa e consacrarsi definitivamente come Paese dedito all’export agricolo. Del resto, anche l’India non vede di buon occhio la proposta, dal momento che sancirebbe la supremazia della moneta cinese all’interno del gruppo e aggraverebbe le ritorsioni commerciali della Casa Bianca. Eventualità molto temuta anche dall’Egitto, che infatti ha tenuto a smarcarsi. Anche sull’approccio alle crisi manca una base condivisa: non c’è accordo sulla condanna esplicita a Israele e Usa per l’attacco all’Iran e sull’Ucraina le posizioni sono diversissime.

UN VERTICE INDEBOLITO?

La sensazione è il vertice si sia indebolito, almeno nella sua componente “antioccidentale” e che la dichiarazione congiunta dribblerà i nodi irrisolti, cercando quanto più possibile di concentrarsi sul consolidamento della rete commerciale per far fronte ai dazi.

CHI PARTECIPA AL VERTICE BRICS DI RIO

Per intuire le divergenze interne al blocco, basti dare un’occhiata all’elenco dei presenti, ma soprattutto a chi, tra i capi di Stato e di governo, non parteciperà in prima persona.

Al tavolo partecipano undici potenze – Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran e Indonesia – cui si aggiungono  i dodici Paesi “partner” invitati – Turchia, Algeria, Bielorussia, Cuba, Malesia, Bolivia, Uzbekistan, Kazakistan, Thailandia, Nigeria, Uganda e Vietnam: insieme comprendono metà della popolazione sul pianeta e il 40% del PIL globale.

In chiave anti-Trump è stato invitato anche il presidente colombiano Gustavo Petro, che si è duramente opposto alla politica sui rimpatri forzati del tycoon e vuole suggellare l’avvicinamento al New Development Bank dei Brics. Mentre sul veto al Venezuela che esclude Maduro dagli invitati pesa probabilmente la concorrenza nel settore energetico tra Caracas e Brasilia, malgrado in passato il Paese di Lula sia stato tra i più assertivi a sostenerne l’adesione.

XI JINPING E PUTIN NON CI SARANNO

Due assenze eccellenti pesano sul summit, limitandone inevitabilmente la portata: Vladimir Putin partecipa solo in collegamento e manda Lavrov, dal momento che Brasilia aderisce alla Corte penale internazionale e dovrebbe arrestarlo qualora fosse presente.

Assente per la prima volta anche Xi Jinping, che ha delegato il premier Li Qiang, forse ancora irritato dalle intemerate della moglie di Lula contro TikTok, forse per un’agenda di temi considerati “occidentali”, forse per la preminenza data alla rivale India, che rimane un forte alleato USA e punta a esercitare una guida moderata del blocco, potendo anche ospitare il prossimo summit 2026, come annunciato ieri da Rio.

AL-SISI ED ERDOGAN IN DISPARTE

Mancano anche Al-Sisi ed Erdogan: il primo probabilmente non vuole essere coinvolto in eventuali condanne a Israele – Lula, che parla apertamente di genocidio, ci terrebbe molto -, l’altro si guarda bene dall’intaccare il suo status di equilibrista nelle relazioni tra Occidente e Oriente.

L’IRAN C’È (E SI NOTA)

C’è l’Iran, l’ultimo Paese a raggiungere l’alleanza e disperatamente alla ricerca di uno scudo internazionale, ma non il presidente Masoud Pezeshkian, anche perché Teheran non si trova affatto con Lula, che spinge né sul modello “due popoli due Stati” per la soluzione della questione israelo-palestinese, né tantomeno sui diritti civili.

 

 

 

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