Medinsky è l’uomo scelto dal presidente russo per rappresentare il Cremlino nelle trattative di Istanbul, che nel frattempo sono state rinviate al pomeriggio. Putin non ci sarà, stesso discorso per Lavrov. Trump si dice ancora possibilista su una sua presenza a Istanbul domani – ma solo qualora ci fossero sviluppi significativi nei negoziati – mentre Zelensky è atteso ad Ankara per incontrare il presidente turco Erdogan.
Dopo la girandola di dichiarazioni di ieri regna ancora nebbia fitta sulla possibilità che i negoziati a Istanbul portino a un reale confronto tra le parti in causa. In mattinata la notizia che i colloqui sono stati rinviati al pomeriggio per richiesta turca. Poi il botta e risposta tra Kiev e Mosca: Zelensky definisce la delegazione russa – Putin e Lavrov non ci saranno – una “farsa”, Mosca risponde per bocca della portavoce del Cremlino Zakharova (il premier ucraino è “un clown, un fallito, una persona dall’istruzione sconosciuta”) e del ministro degli Esteri Lavrov (Zelensky “una persona penosa” per la sua richiesta di un incontro a Istanbul col presidente russo). La Cnn nel frattempo dà notizia di una possibile offensiva russa nell’Ucraina orientale, e del resto le ostilità non accennano a diminuire: ieri un attacco missilistico a Sumy da parte dell’esercito russo ha provocato la morte di 3 persone.
Insomma, i negoziati di Istanbul iniziano sotto i peggiori auspici. La situazione attualmente vede tutti i principali protagonisti lontani dal tavolo negoziale. Per parte russa, a guidare le trattative sarebbe l’ex ministro della cultura russo e consigliere presidenziale Vladimir Medinsky, accompagnato dal viceministro degli esteri Mikhail Galuzin e dal viceministro della difesa Aleksandr Fomin.
CHI È MEDINSKY, IL CAPO DELEGAZIONE DI PUTIN
Non è la prima volta che Medinsky riveste un ruolo di primo piano in un contesto negoziale: il suo nome era già emerso con forza nei colloqui del 2022, svolti sempre a Istanbul, durante le prime settimane dell’invasione russa dell’Ucraina.
La sua figura, peraltro, è nota anche in Italia per una controversa nomina a membro onorario del corpo accademico dell’Università Ca’ Foscari nel 2014, in piena offensiva russa in Donbass e Crimea, poi sospesa e infine revocata nel 2023 per le numerose polemiche generatesi a seguito del conferimento della carica.
Classe 1970, nato a Smela, nell’allora Ucraina sovietica, Vladimir Medinsky è un uomo di apparato cresciuto all’interno delle strutture dello Stato russo. Laureato all’MGIMO, l’università delle élite diplomatiche moscovite, ha legato la propria carriera a quella di Putin, seguendo un percorso che lo ha visto prima deputato della Duma e poi, dal 2012 al 2020, ministro della Cultura.
Durante i suoi anni al ministero, Medinsky ha plasmato una politica culturale all’insegna del patriottismo, della memoria storica filtrata da una narrazione pro-Stato e del rigetto delle letture critiche del passato sovietico. Una visione che ha portato avanti anche attraverso numerose pubblicazioni, in cui si impegna a contrastare quella che definisce “la denigrazione della storia russa”.
Accusato in più occasioni di revisionismo e persino di plagio nella sua carriera accademica, Medinsky è comunque riuscito a costruirsi un profilo da ideologo del potere putiniano. Dal 2020 è consigliere del presidente e continua a influenzare la linea culturale e simbolica del Cremlino.
LA SCELTA DI MEDINSKY
La decisione di affidare a Medinsky la guida della delegazione russa sembra indicare una volontà di Mosca di mantenere un profilo di controllo politico-ideologico sulle trattative, evitando l’esposizione diretta delle figure di vertice. La sua nomina potrebbe anche riflettere una certa cautela del Cremlino: la partecipazione di un consigliere, e non di un ministro, segnala un interesse a monitorare gli sviluppi senza impegnarsi pubblicamente in concessioni di rilievo. Un messaggero del Cremlino più che un interlocutore neutrale.
A Istanbul, Medinsky tornerà quindi a vestire i panni di mediatore, ma con alle spalle due anni di guerra e un contesto molto più polarizzato rispetto ai primi incontri del 2022. Resta da capire se la sua presenza sarà il preludio a un’apertura diplomatica o un semplice esercizio di facciata.