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Zohran Mamdani

Chi è Zohran Mamdani, il candidato dem in testa alle primarie di NY

Trentatré anni, un passato da attivista e una campagna elettorale costruita sull’ascolto e sulle battaglie sociali: Zohran Mamdani è il nuovo nome della politica newyorkese. A novembre sfiderà Eric Adams per governare la Grande Mela

Fino a gennaio era considerato poco più che una comparsa. Ora vanta un distacco di oltre 7 punti nel testa a testa interno al Partito democratico con l’ex governatore Andrew Cuomo. Il quale ieri sera, di fronte al proprio comitato elettorale, ha riconosciuto la sconfitta.

Sarà quindi Zohran Mamdani a sfidare il sindaco uscente Eric Adams nelle elezioni di novembre che decideranno chi sarà il prossimo sindaco della Grande Mela.

CHI È ZOHRAN MAMDANI

Nato in Uganda nel 1991 da Mahmood Mamdani, celebre politologo, e Mira Nair, regista di Matrimonio indiano, si è trasferito negli Stati Uniti a sette anni. Dopo la laurea in African Studies al Bowdoin College, ha lavorato sul fronte della lotta ai pignoramenti, a tutela delle famiglie a basso reddito.

Mamdani ha vissuto anche una breve parentesi da rapper con lo pseudonimo di Young Cardamom, un’esperienza che ha contribuito ad affinare le sue capacità di mescolare impegno sociale e linguaggio popolare. Ottiene la cittadinanza nel 2018 e nel 2020 si candida alle elezioni per l’Assemblea dello Stato di New York.

Da gennaio 2021 è rappresentante del 36° distretto, che copre buona parte di Astoria e Long Island City, nel Queens. È in questa veste che si costruisce una reputazione sulle politiche sociali che saranno al centro della sua proposta per le primarie della città, dopo la candidatura ufficiale annunciata tramite un video su X a ottobre 2024.

LE PROPOSTE DI MAMDANI

Mamdani si definisce un democratico socialista. Sebbene si dichiari musulmano, filopalestinese e avverso al mondo della finanza di Wall Street, non trae la sua forza da principi ideologici, quanto piuttosto da una visione chiara, pragmatica e radicale delle politiche cittadine. Le sue proposte includono il congelamento degli affitti per quattro anni, un salario minimo a 30 dollari l’ora entro il 2030, trasporto pubblico gratuito, asili nido pubblici e supermercati municipali a prezzi calmierati. Per finanziare queste misure, propone nuove imposte su redditi alti e corporation, inclusa una tassa del 2% sui patrimoni sopra il milione di dollari annui.

LE RAGIONI DEL SUCCESSO

Ora si prospetta per lui un risultato che, se confermato, farebbe di Mamdani il primo sindaco musulmano e asiatico nella storia di New York, ma anche il volto di una nuova sinistra urbana, più giovane e soprattutto più connessa con le esigenze quotidiane della popolazione. Contro di lui si sono schierati i grandi poteri della città. Eppure, il suo messaggio ha convinto una fetta crescente di elettorato, soprattutto tra giovani, minoranze e ceti urbani istruiti. A differenza di altri esponenti della sinistra, Mamdani ha evitato lo scontro ideologico a tutto campo: ha parlato poco di Donald Trump – sebbene abbia promesso di liberare la città dal suo “fascismo” – incentrando piuttosto la sua campagna su sanità, affitti e disuguaglianza.

I suoi critici lo accusano di inesperienza e di eccessivo idealismo. Mamdani ha saputo rispondere con fermezza, correggendo anche alcune posizioni passate, come quella sul taglio ai fondi della polizia, e aggiustando il tiro sulle sue posizioni pro-Pal, aspetto da non sottovalutare in una città che conta più di 1 milione di ebrei.

LA COMUNICAZIONE SOCIAL

Abile sui social – da TikTok a Instagram – Mamdani ha saputo trasformare ogni apparizione in un’occasione per mobilitare elettori. Ha condiviso dirette con Alexandria Ocasio-Cortez (che lo ha sostenuto apertamente, insieme con l’altra figura di riferimento dei democratici progressisti, Bernie Sanders), collaborato con artisti e influencer, e costruito una narrazione di trasparenza e partecipazione.

Ma è stata soprattutto la mobilitazione volontaria a impressionare, attraverso messaggi diretti prima del voto, una rete capillare di attivisti e micro-donazioni che hanno tenuto in piedi la sua campagna pur senza l’appoggio di grandi sponsor.

LA SFIDA CON ERIC ADAMS

New York trae spesso i suoi verdetti dall’esito delle primarie dem. La città, saldamente in mano ai democratici, raramente vede fronteggiarsi con pari possibilità di vittoria candidati di fede politica opposta. Spesso a scontrarsi sono figure che esprimono anime diverse della sinistra americana, quando non della medesima, oppure candidati democratici da un lato e indipendenti dall’altro. Come in questo caso.

Per Mamdani infatti la sfida sarà con un ex membro del suo stesso partito, Eric Adams, che ha preferito candidarsi da indipendente in seguito a una lunga sequela di polemiche e accuse di corruzione, poi archiviate. Con loro correranno anche l’indipendente Jim Walden e il repubblicano Curtis Sliwa, ma si tratta di nomi privi di rilevanza.

Ma la sfida per la Grande Mela sarà con tutta probabilità una corsa a due. Adams mantiene ancora solide basi elettorali in alcuni settori, sebbene la sua popolarità sia da tempo in caduta libera.

Contro ogni pronostico, oggi Mamdani parte da una posizione di forza. Il suo volto giovane, la sua storia personale e il suo programma ambizioso ma concreto ne fanno il favorito, almeno per ora. E forse il simbolo di una città – e di un Paese – in cerca di una nuova voce.

Immagine da Wikipedia, user Gaiushe

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