Dalla maggioranza arriva la proposta di alzare il tetto delle firme richieste per portare i cittadini a votare ai referendum. Tra le ragioni addotte i costi troppo alti dell’istituto democratico. Dall’altra parte la campagna “Basta quorum”, vicina alla galassia radicale, vorrebbe abolire il quorum intervenendo sull’articolo 75 della costituzione
“Lascia o raddoppia” era il titolo di un vecchio, vecchissimo quiz condotto da Mike Buongiorno su quella che negli anni ’50 era l’unica rete nazionale. Oggi, questo titolo va bene per le traversie che sta vivendo l’istituto referendario.
Nel corso del referendum dell’8 e 9 giugno si è recato alle urne il 30,6% degli aventi diritto residenti in Italia (29,9 se si considera anche il voto estero), una percentuale molto lontana dal quorum del 50% più uno.
REFERENDUM, LO SPARTIACQUE DEL 2000 NELL’ANALISI DELL’ISTITUTO CATTANEO
Gli anni 2000 segnano uno spartiacque importante per gli esiti dei referendum nel nostro paese. “Prima del 1999, il quorum è stato mancato solo 2 volte su 10 – come ricorda l’Istituto Cattaneo nella sua analisi del voto-. Dopo il 1999, è stato mancato 7 volte su 8, con l’unica eccezione dei referendum su nucleare e “acqua pubblica” del 2011, che mobilitarono trasversalmente larghe componenti dell’opinione pubblica. […]. Nel 2025 l’affluenza è stata più alta rispetto al 2005 (26,0%) e al 2009 (23,7%), ma più bassa rispetto al referendum sulle “trivelle” (sull’estrazione di carburanti entro 12 miglia dalla costa) del 2016 (31,2%)”.
Dunque, si può dire conclamata la crisi attraversata dall’istituto referendario. Se tale è la diagnosi, le cure proposte sono due, antitetiche tra di loro.
CHI VUOLE ALZARE IL TETTO DELLA RACCOLTA FIRMA A 1 MILIONE E NON TOCCARE IL QUORUM
L’attuale maggioranza, contraria all’ultimo referendum e che ha invitato i propri elettori e sostenitori all’astensione, vorrebbe seguire la strada di rendere più impervio il percorso per accedere alle consultazioni referendarie. Come ricorda Il Foglio, “Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, ha proposto di portare a un milione le firme necessarie per chiedere un referendum”. Oggi sono necessarie 500mila firme.
REFERENDUM: LE FIRME QUALIFICATE DIVISE SU BASE REGIONALE
Ma non è l’unica proposta sul campo per rendere meno agevole l’accesso alla consultazione popolare. Un’altra ipotesi riguarda l’introduzione di “firme qualificate ed equamente divise in tutte le regioni” oppure il ruolo che dovrebbe svolgere la Corte costituzionale “affinché agisca prima sul quesito in sé, per stabilirne l’ammissibilità, e non dopo, una volta che sono state raccolte le firme”.
I COSTI DEL REFERENDUM: 88 MILIONI DI EURO E NON È UNA SOPRESA
Una delle ragioni addotte per limitare l’accesso al referendum riguarda i costi. Il ministro degli esteri Tajani ha sostenuto la necessità di cambiare la legge sui referendum utilizzando proprio la leva economica. “Servono probabilmente più firme, anche perché abbiamo speso tantissimi soldi – ha detto il titolare degli esteri -, per esempio per portare centinaia di migliaia, milioni di schede per gli italiani all’estero che sono tornate bianche”. Secondo le stime presenti nella relazione tecnica allegata e trasmessa al Senato per la conversione in legge del decreto-legge 19 marzo 2025, n. 27, recante disposizioni urgenti per le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2025, il costo del referendum dell’8 e del 9 giugno è stato di 87,6 milioni di euro e, se sommiamo anche i costi per le elezioni amministrative, si arriva a 88,3 milioni di euro. Tra questi 63,4 milioni di euro sono serviti per i compensi delle 61.557 sezioni elettorali ordinarie; 276.020 euro per i compensi dei 1.492 seggi speciali (ospedali e nelle carceri), 23,9 milioni per l’invio di cartoline avviso agli oltre 5 milioni di italiani residenti all’estero.
CANCELLARE IL QUORUM PER NON FAR FALLIRE I REFERENDUM
C’è sul tavolo anche un’altra proposta che arriva da ambienti progressisti: è quella che prevede la cancellazione del quorum, come già previsto per i referendum costituzionali. Primo firmatario della proposta di legge di iniziativa popolare è Mario Staderini, protagonista della campagna che nel 2021 ha portato all’introduzione della firma digitale per sottoscrivere i referendum. L’iniziativa è sostenuta anche da Stephan Lausch e Alex Marini, attivisti storici delle associazioni di promozione dei diritti politici “Iniziativa per più democrazia” di Bolzano e “Più democrazia in Trentino”, e da Lorenzo Mineo, tesoriere del movimento panaeuropeo “Eumans”.
La proposta, come si può leggere sul sito bastaquorum.it, vuole cambiare l’art. 75 della Costituzione che prevede che un referendum abrogativo sia valido solo se la partecipazione alle urne supera il quorum del 50% degli aventi diritto al voto. “Il quorum si è dimostrato dannoso per la democrazia – scrivono i proponenti (vicini alla galassia dei Radicali) -: disincentiva la partecipazione dei cittadini, trasforma l’astensione in un’arma strategica per le minoranze, elimina il dibattito, distorce la volontà popolare. Il quorum è stato previsto 80 anni fa, quando l’affluenza era al 90% e chi non votava veniva sanzionato. Considerato che alle ultime elezioni europee, regionali e comunali hanno votato meno del 50% degli elettori, mantenere il quorum vuol dire abolire i referendum. In una democrazia autentica decide chi vota, non chi boicotta il voto”.