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Papa Leone XIV

“Tacciano le armi”: ecco cos’ha detto Papa Leone XIV nel discorso alle Chiese orientali

Rivolgendosi alle Chiese d’Oriente, Papa Leone XIV esorta il mondo a una pace che si estenda “dalla Terra Santa all’Ucraina, dal Libano alla Siria, dal Medio Oriente al Tigray e al Caucaso”. Ecco le sue parole

“La Chiesa non si stancherà di ripetere: tacciano le armi”: è l’esortazione del neoeletto Papa Leone XIV, pronunciata durante l’udienza alle Chiese orientali che celebrano il Giubileo. Parole di pace anticipate già nel discorso inaugurale del suo papato dalla Loggia delle Benedizioni, che adesso il pontefice riprende rivolgendosi direttamente ai leader mondiali (“Incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo!”), con un occhio agli annunciati colloqui di Istanbul tra Russia e Ucraina e alla situazione di Gaza, che minaccia di peggiorare.

Un discorso accorato che rilancia il ruolo diplomatico della Chiesa Cattolica (“La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi”) nella risoluzione dei conflitti mondiali, nel quale Leone XIV si richiama ancora una volta all’insegnamento di Papa Pecci nel tracciare le linee guida per aiutare i fedeli orientali della diaspora.

IL DISCORSO DI PAPA LEONE XIV ALLE CHIESE ORIENTALI

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, la pace sia con voi! Beatitudini, Eminenza, Eccellenze, cari sacerdoti, consacrate e consacrati, fratelli e sorelle, Cristo è risorto. È veramente risorto! Vi saluto con le parole che, in molte regioni, l’Oriente cristiano in questo tempo pasquale non si stanca di ripetere, professando il nucleo centrale della fede e della speranza. Ed è bello vedervi qui proprio in occasione del Giubileo della speranza, della quale la risurrezione di Gesù è il fondamento indistruttibile. Benvenuti a Roma! Sono felice di incontrarvi e di dedicare ai fedeli orientali uno dei primi incontri del mio pontificato.

Siete preziosi. Guardando a voi, penso alla varietà delle vostre provenienze, alla storia gloriosa e alle aspre sofferenze che molte vostre comunità hanno patito o patiscono. E vorrei ribadire quanto delle Chiese Orientali disse Papa Francesco: «Sono Chiese che vanno amate: custodiscono tradizioni spirituali e sapienziali uniche, e hanno tanto da dirci sulla vita cristiana, sulla sinodalità e sulla liturgia; pensiamo ai padri antichi, ai Concili, al monachesimo: tesori inestimabili per la Chiesa».

IL RICHIAMO A PAPA LEONE XII

Desidero citare anche Papa Leone XIII, che per primo dedicò uno specifico documento alla dignità delle vostre Chiese, data anzitutto dal fatto che “l’opera della redenzione umana iniziò nell’Oriente”. Sì, avete «un ruolo unico e privilegiato, in quanto contesto originario della Chiesa nascente». È significativo che alcune delle vostre Liturgie – in questi giorni le state celebrando solennemente a Roma secondo le varie tradizioni – utilizzano ancora la lingua del Signore Gesù. Ma Papa Leone XIII espresse un accorato appello affinché la «legittima varietà di liturgia e di disciplina orientale ridondi a grande decoro e utilità della Chiesa». La sua preoccupazione di allora è molto attuale, perché ai nostri giorni tanti fratelli e sorelle orientali, tra cui diversi di voi, costretti a fuggire dai loro territori di origine a causa di guerra e persecuzioni, di instabilità e povertà, rischiano, arrivando in Occidente, di perdere, oltre alla patria, anche la propria identità religiosa. E così, con il passare delle generazioni, si smarrisce il patrimonio inestimabile delle Chiese Orientali.

Oltre un secolo fa, Leone XIII notò che «la conservazione dei riti orientali è più importante di quanto si creda» e a questo fine prescrisse persino che «qualsiasi missionario latino, del clero secolare o regolare, che con consigli o aiuti attiri qualche orientale al rito latino» fosse «destituito ed escluso dal suo ufficio». Accogliamo l’appello a custodire e promuovere l’Oriente cristiano, soprattutto nella diaspora; qui, oltre ad erigere, dove possibile e opportuno, delle circoscrizioni orientali, occorre sensibilizzare i latini. In questo senso chiedo al Dicastero per le Chiese Orientali, che ringrazio per il suo lavoro, di aiutarmi a definire principi, norme, linee-guida attraverso cui i Pastori latini possano concretamente sostenere i cattolici orientali della diaspora e a preservare le loro tradizioni viventi e ad arricchire con la loro specificità il contesto in cui vivono.

L’APPELLO A PRESERVARE IL “MISTERO” DELLE LITURGIE ORIENTALI

La Chiesa ha bisogno di voi. Quanto è grande l’apporto che può darci oggi l’Oriente cristiano! Quanto bisogno abbiamo di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle vostre liturgie, che coinvolgono la persona umana nella sua totalità, cantano la bellezza della salvezza e suscitano lo stupore per la grandezza divina che abbraccia la piccolezza umana! E quanto è importante riscoprire, anche nell’Occidente cristiano, il senso del primato di Dio, il valore della mistagogia, dell’intercessione incessante, della penitenza, del digiuno, del pianto per i peccati propri e dell’intera umanità (penthos), così tipici delle spiritualità orientali! Perciò è fondamentale custodire le vostre tradizioni senza annacquarle, magari per praticità e comodità, così che non vengano corrotte da uno spirito consumistico e utilitarista.

Le vostre spiritualità, antiche e sempre nuove, sono medicinali. In esse il senso drammatico della miseria umana si fonde con lo stupore per la misericordia divina, così che le nostre bassezze non provochino disperazione, ma invitino ad accogliere la grazia di essere creature risanate, divinizzate ed elevate alle altezze celesti. Abbiamo bisogno di lodare e ringraziare senza fine il Signore per questo. Con voi possiamo pregare le parole di Sant’Efrem il Siro e dire a Gesù: «Gloria a te che della tua croce hai fatto un ponte sulla morte. Gloria a te che ti sei rivestito del corpo dell’uomo mortale e lo hai trasformato in sorgente di vita per tutti i mortali» . È un dono da chiedere quello di saper vedere la certezza della Pasqua in ogni travaglio della vita e di non perderci d’animo ricordando, come scriveva un altro grande padre orientale, che «il più grande peccato è non credere nelle energie della Risurrezione».

PACE “DALLA TERRA SANTA ALL’UCRAINA, DAL LIBANO ALLA SIRIA, DAL MEDIO ORIENTE AL TIGRAY E AL CAUCASO

Chi dunque, più di voi, può cantare parole di speranza nell’abisso della violenza? Chi più di voi, che conoscete da vicino gli orrori della guerra, tanto che Papa Francesco chiamò le vostre Chiese «martiriali»? È vero: dalla Terra Santa all’Ucraina, dal Libano alla Siria, dal Medio Oriente al Tigray e al Caucaso, quanta violenza! E su tutto questo orrore, sui massacri di tante giovani vite, che dovrebbero provocare sdegno, perché, in nome della conquista militare, a morire sono le persone, si staglia un appello: non tanto quello del Papa, ma di Cristo, che ripete: «Pace a voi!» . E specifica: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi». La pace di Cristo non è il silenzio tombale dopo il conflitto, non è il risultato della sopraffazione, ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita. Preghiamo per questa pace, che è riconciliazione, perdono, coraggio di voltare pagina e ricominciare.

“INCONTRIAMOCI, DIALOGHIAMO, NEGOZIAMO!”

Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare. Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi.

PAPA LEONE XIV: “TACCIANO LE ARMI”

La Chiesa non si stancherà di ripetere: tacciano le armi. E vorrei ringraziare Dio per quanti nel silenzio, nella preghiera, nell’offerta cuciono trame di pace; e i cristiani – orientali e latini – che, specialmente in Medio Oriente, perseverano e resistono nelle loro terre, più forti della tentazione di abbandonarle. Ai cristiani va data la possibilità, non solo a parole, di rimanere nelle loro terre con tutti i diritti necessari per un’esistenza sicura. Vi prego, ci si impegni per questo!

E grazie, grazie a voi, cari fratelli e sorelle dell’Oriente, da cui è sorto Gesù, il Sole di giustizia, per essere “luci del mondo”. Continuate a brillare per fede, speranza e carità, e per null’altro. Le vostre Chiese siano di esempio, e i Pastori promuovano con rettitudine la comunione, soprattutto nei Sinodi dei Vescovi, perché siano luoghi di collegialità e di corresponsabilità autentica. Si curi la trasparenza nella gestione dei beni, si dia testimonianza di dedizione umile e totale al santo popolo di Dio, senza attaccamenti agli onori, ai poteri del mondo e alla propria immagine. San Simeone il Nuovo Teologo additava un bell’esempio: «Come uno, gettando polvere sulla fiamma di una fornace accesa la spegne, allo stesso modo le preoccupazioni di questa vita e ogni tipo di attaccamento a cose meschine e di nessun valore distruggono il calore del cuore acceso agli inizi». Lo splendore dell’Oriente cristiano domanda, oggi più che mai, libertà da ogni dipendenza mondana e da ogni tendenza contraria alla comunione, per essere fedeli nell’obbedienza e nella testimonianza evangeliche.

Io vi ringrazio per questo e di cuore vi benedico, chiedendovi di pregare per la Chiesa e di elevare le vostri potenti preghiere di intercessione per il mio ministero. Grazie!

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