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Accordi di Abramo

Vertice d’emergenza a Doha: gli Accordi di Abramo nel mirino. Ecco cosa sono

Gli Accordi di Abramo reggeranno al raid israeliano nella capitale qatariota? I leader del mondo arabo-islamico riuniti a Doha paventano l’interruzione: ecco di cosa si tratta e cosa ci perderebbe Israele

Il recente attacco israeliano a Doha, volto a colpire i negoziatori di Hamas, ha spinto il Qatar a convocare un vertice d’emergenza di Paesi arabi e islamici per decidere le misure di risposta.

Il summit, in programma oggi nella capitale qatariota, vede la partecipazione di svariati leader del mondo arabo e musulmano, tra cui i capi politici di Arabia Saudita, Turchia, Iran, Siria, Libano, Sudan, Iraq ed Egitto.

Nella prima bozza di documento finale diffusa in queste ore, gli Stati partecipanti avvertono sul rischio di erosione di “tutto ciò che è stato realizzato sulla via della normalizzazione dei rapporti con Israele, compresi gli accordi esistenti e futuri”: il passaggio è un chiaro riferimento agli Accordi di Abramo.

COSA SONO GLI ACCORDI DI ABRAMO

Gli Accordi di Abramo sono un insieme di intese di normalizzazione firmate nel 2020 durante il primo mandato di Donald Trump, che hanno aperto relazioni diplomatiche e cooperazioni ufficiali tra Israele e alcuni Paesi arabi — in particolare Emirati Arabi Uniti e Bahrein (con successivi avvicinamenti di Marocco e Sudan).

L’obiettivo dichiarato era promuovere pace, scambi economici e collaborazione regionale  (la scelta del nome si deve al comune riconoscimento tra Ebraismo e Islam del patriarca e profeta Abramo) comune  ma gli accordi sono sempre stati accompagnati da forti interessi strategici e commerciali forti.

Firmatari dell’intesa originale furono il ministro degli esteri degli Emirati Arabi Uniti Abdullah bin Zayed Al Nahyan, il ministro degli Esteri del Bahrein Abdullatif bin Rashid Al Zayani, Donald Trump e  Benjamin Netanyahu .

COSA DICONO I DOCUMENTI DEL VERTICE

Secondo i testi circolati, i leader arabo-islamici esprimono “pieno sostegno” al Qatar e chiedono di rafforzare l’unità nelle sedi internazionali; la bozza minaccia inoltre ciò che è stato realizzato sulla via della normalizzazione, inclusi accordi esistenti e futuri — una formulazione che indica chiaramente il rischio politico per gli Accordi di Abramo se le aggressioni continuano. Parallelamente, si è chiesto a organismi come il Consiglio ONU per i Diritti Umani di aprire dibattiti urgenti sulla vicenda.

Il ruolo del Qatar come mediatore — ospitando negoziati e canali tra israeliani, americani e rappresentanti palestinesi — faceva parte di un fragile ecosistema che consentiva alla normalizzazione di resistere alle tensioni.

UN COLPO ALLA MEDIAZIONE, UN COLPO AGLI ACCORDI

Gli Accordi hanno generato benefici diplomatici ed economici per chi voleva integrare relazioni con l’Occidente e Israele, sebbene siano stati spesso criticati come poco rappresentativi delle opinioni popolari nella regione. L’attacco su Doha mette in luce due effetti concreti: da un lato indebolisce la fiducia dei Paesi arabi mediatori, riducendo il loro margine di manovra, dall’altro rafforza il messaggio interno verso pubblici sensibili alla questione palestinese, accrescendo la pressione politica sui governi che hanno normalizzato.

A cinque anni dalla firma, dunque, la capacità trasformativa degli Accordi appare erosa, soprattutto alla luce della guerra in corso e delle scelte politiche che hanno alimentato la crisi. Infatti, colpire un luogo di mediazione come Doha non implica soltanto la messa in discussione della  sicurezza territoriale di uno Stato del Golfo, ma anche la sostenibilità politica degli Accordi agli occhi di popolazioni e governi arabi contrari a passi che sembrino ignorare la questione palestinese.

 

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