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Bartolozzi

Bartolozzi indagata: la maggioranza prepara il “muro” difensivo

Nella giunta per le autorizzazioni a procedere il centrodestra prepara una difesa politica e procedurale per sottrarre Giusi Bartolozzi alla magistratura ordinaria; il nodo è se la capo di gabinetto possa essere considerata “connessa” ai ministri indagati nella vicenda Almasri.

La notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati di Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del ministero della Giustizia, in relazione alla scarcerazione del torturatore libico Almasri  ha acceso ieri i riflettori su una partita che è al contempo giudiziaria e politica.

Mentre la procura di Roma approfondisce le presunte “false informazioni al pubblico ministero”, a Palazzo Chigi si prepara un “muro2 difensivo: l’obiettivo della maggioranza è collegare la posizione di Bartolozzi a quella dei ministri coinvolti nel caso Almasri e farla passare davanti alla giunta parlamentare.

IL MURO DELL’ESECUTIVO A DIFESA DI BARTOLOZZI

All’interno dell’esecutivo, la direzione è tracciata: Bartolozzi va salvata. Fratelli d’Italia, tramite il deputato Dario Iaia, ha per tempo ipotizzato che la posizione di Bartolozzi possa essere trattata come “connessa” a quella dei ministri coinvolti, sostenendo un ricorso all’articolo 4 della legge del 1989 sui reati ministeriali quando si tratti di reati in concorso, che impone la richiesta di autorizzazione anche per chi non siede in Parlamento.

LA STRATEGIA

La strategia punta a sottoporre la vicenda alla giunta per le autorizzazioni a procedere — lo stesso percorso previsto per Nordio, Piantedosi e il sottosegretario Mantovano — e, se necessario, a spostare la controversia su un terreno istituzionale, fino all’ipotesi di conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale.

IL NODO SUL REATO MINISTERIALE

Il ragionamento legislativo evocato dalla maggioranza non è però privo di nodi: il testo dell’articolo citato riguarda i reati commessi in concorso con parlamentari o con i ministri.

Nel caso di Bartolozzi l’iscrizione riguarda, secondo le contestazioni, «false informazioni» e non necessariamente lo stesso tipo di reato che interessa i ministri nel fascicolo principale. La giunta potrebbe chiedere alla procura di Roma un parere sulla «connessione» delle posizioni, ma altri ipotizzano, se il parere fosse negativo, una escalation istituzionale che richiederebbe l’intervento del presidente della Camera o persino della Consulta.

TEMPI STRETTI

I tempi sono però stretti e determinanti. Il calendario della giunta prevede la relazione del relatore, Federico Gianassi (Pd), poi la discussione il 23 settembre; le audizioni dei ministri sono fissate il 17 e 18 (che però dovrebbero limitarsi a depositare memorie). La relazione è chiamata al voto il 30 settembre; in caso di parere negativo per i ministri, la maggioranza presenterà quindi una controrelazione — e l’aula deciderà.

Importa la tempistica perché, come previsto dalle regole, se la giunta non conclude entro metà ottobre l’autorizzazione si ritiene concessa e scatterebbe il processo. Per la maggioranza l’obiettivo è allungare i tempi o ottenere soluzioni che impediscano comunque il processo anche per Bartolozzi.

 

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