Francesca Albanese, ospite su La7 di In Onda, abbandona lo studio durante l’intervento di Francesco Giubilei che citava Liliana Segre. Ecco il video, cos’è successo, perché
Nuovo episodio del travagliato dibattito sull’uso della parola “genocidio” in relazione a quanto commesso da Israele a Gaza dall’8 ottobre in poi.
Protagonista la relatrice Onu sui territori palestinesi occupati Francesca Albanese, che ha abbandonato lo studio del programma televisivo In Onda condotto da Luca Telese e Marianna Aprile mentre un altro ospite, Francesco Giubilei, presidente della Fondazione Tatarella e di Fondazione Futura, si accingeva a richiamare le parole di Liliana Segre sulla questione.
CHE COSA È SUCCESSO A IN ONDA TRA ALBANESE E GIUBILEI
Dopo un acceso confronto sul termine “genocidio”, a cui ha preso parte anche il giornalista del Corriere della Sera Federico Fubini, Francesco Giubilei prende la parola riferendosi ai concetti espressi da Liliana Segre in un’intervista apparsa su la Repubblica a inizio agosto, stimolata dall’intervento di David Grossmann di qualche giorno prima sempre sulle pagine del quotidiano diretto da Mario Orfeo.
A quel punto, mentre Giubilei iniziava ad argomentare, Albanese s’è alzata dalla sedia e ha abbandonato lo studio dicendo di avere un altro appuntamento e di dovere andare.
L’opinionista, vicino alle posizioni di Fratelli d’Italia e invitato come controparte, ha subito lamentato l’atteggiamento a suo dire antidemocratico della relatrice Onu, malgrado il conduttore Luca Telese si affrettasse a precisare che Albanese avrebbe comunque dovuto lasciare la trasmissione alle 21, come concordato in precedenza.
L’INTERVISTA A LILIANA SEGRE CITATA DA GIUBILEI
Giubilei citava l’intervista di Liliana Segre a la Repubblica in cui la senatrice a vita chiariva la sua contrarietà all’impiego del termine genocidio in riferimento alle operazioni condotte dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza.
Segre appoggiava il monito di Grossmann sulla deriva presa da Israele, “sprofondato in un abominio”, e sulla necessità di “arrestarsi sull’orlo dell’abisso”. Ma all’avvertimento dello scrittore israeliano ne affiancava un altro, diretto all’Europa, ossia quello di ” non far dilagare qui la barbarie culturale che un acritico arruolamento su uno o sull’altro dei due fronti più estremi sta producendo”.
L’USO “VENDICATIVO” DEL TERMINE GENOCIDIO
Il punto per Segre è l’impiego “vendicativo” del termine “genocidio”, che si traduce in uno “crollarsi di dosso la responsabilità storica dell’Europa, inventando una sorta di contrappasso senza senso, un ribaltare sulle vittime del nazismo le colpe dell’Israele di oggi dipinto come nuovo nazismo”.
Sulle responsabilità del governo di Tel Aviv, la posizione della senatrice del resto è netta: “Israele non è né l’erede né il rappresentante degli ebrei europei vittime della Shoah”. Ma proprio forza di ciò, la parola “genocidio” non deve essere strumentalizzata “per tornare ad odiare il popolo ebraico e perfino le vittime di 80 anni fa”. Esiste infatti, a suo modo di vedere, un abuso del termine che “scaturisce da “sentimenti antisemiti”, magari inconsci”.