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A proposito di Joe. Intervista all’ambasciatore Giovanni Castellaneta

Giovanni Castellaneta Biden Afghanistan

PolicyMaker ha incontrato Giovanni Castellaneta, diplomatico di lungo corso, per tentare di capire al meglio le trasformazioni in atto negli USA

Forse è destino che un europeo non riesca a comprendere la politica americana. A partire da quel suo sistema elettorale bizzarro, arabescato, astruso, per poi arrivare ai protagonisti, istrionici (e dire che di istrionismo noi italiani dovremmo intendercene, visti i politici che si sono alternati a Palazzo Chigi e alle Camere per tutta la Seconda Repubblica), a tratti grotteschi, con Donald Trump persino parodistici.

Campidoglio USA

Forse non la capiamo perché ci siamo fatti un’idea sbagliata del luogo. Quando noi europei pensiamo all’America, pensiamo difatti alle grandi megalopoli moderne: New York, Washington, Chicago… Ma come lo sciamano-bisonte dell’assalto al Congresso del 6 gennaio scorso (ne parleremo presto col giornalista Sky Federico Leoni, che ha scritto Fascisti d’America) dovrebbe averci fatto capire, all’ombra dei grattacieli si nasconde un Paese ben diverso, che va dalle immense fattorie texane alle fatiscenti ville neocoloniali che sprofondano nel bayou del Mississipi. Cosa lega un pensatore newyorkese, tutto vernissage, terapie dallo psicologo e spettacoli teatrali d’avanguardia al fattore che vive tra rodei e manzi timbrati a caldo, come se l’epopea del vecchio e selvaggio West non fosse mai finita, come se la Frontiera non fosse mai stata civilizzata?

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Se c’è qualcuno che può darci un aiuto, quel qualcuno può essere senz’altro un ambasciatore, come Giovanni Castellaneta, diplomatico di lungo corso che ha avuto modo di osservare gli USA nelle più drastiche trasformazioni che hanno interessato il Paese, dalla guerra al terrorismo che caratterizzò i mandati di George W. Bush fino all’insediamento di Barack Obama, momento di speranza, che idealmente si collegava al percorso drammaticamente interrotto compiuto da Martin Luther King. Con l’aiuto dell’ex ambasciatore italiano negli USA proveremo a capire come sarà l’America post pandemica, guidata dal nuovo inquilino della Casa Bianca.”Biden è noto per non avere filtri e dire quello che gli passa per la testa”, avverte a inizio intervista Castellaneta: chi sperava che ci fossimo lasciati alle spalle certe ‘trumpate’ potrebbe insomma aver peccato di ottimismo.

Giovanni Castellaneta
A proposito di Joe – Presente e futuro degli Stati Uniti d’America (Paesi Edizioni)

A PROPOSITO DI JOE…

Oggi numero uno di DoValue spa, Castellaneta, ex presidente del consiglio di amministrazione di SACE dal 2010 al 2016, ma anche consigliere d’amministrazione di Finmeccanica, da diplomatico italiano ha avuto modo di conoscere bene gli USA proprio grazie alla sua permanenza lavorativa. Ha appena scritto un istant book, A proposito di Joe – Presente e futuro degli Stati Uniti d’America (Paesi Edizioni) che si legge davvero piacevolmente tanto scorre velocemente, in cui spiega le ragioni della trasformazione sociale – economica in atto negli USA ben fotografata dall’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca. E lo fa partendo ovviamente dalle basi: l’assetto istituzionale, per poi arrivare all’analisi del politico che guiderà gli States nei difficili anni della pandemia e della ricostruzione. Policy Maker l’ha incontrato ed è stata l’occasione per aggiungere idealmente qualche capitolo inedito al volume, dato che abbiamo parlato di tutto ciò che è successo dopo l’arrivo del libro sugli scaffali.

Giovanni Castellaneta
L’ambasciatore Giovanni Castellaneta

INTERVISTA A GIOVANNI CASTELLANETA

Policy Maker: Ambasciatore, partiamo anzitutto dalla politica estera. Come definisce il fatto che Biden abbia detto che Putin è un assassino? Una gaffe? Un inciampo? O c’è qualcosa di ragionato dietro?

Giovanni Castellaneta: Per essere precisi, il Presidente ha risposto “sì” a una domanda esplicita fatta dal giornalista. In ogni caso, è vero che Biden è noto per non avere filtri e dire quello che gli passa per la testa. In questo non è certo Obama. Però, va anche notato come l’approccio degli Stati Uniti verso la Russia si sia fatto più netto e deciso, lo stiamo vedendo in questi giorni.

Policy Maker: Veniamo infatti all’oggi. Quali possibili scenari potrebbero aprirsi nel caso in cui si acuisse lo scontro tra Russia e Occidente nel Donbass?

Giovanni Castellaneta: Dipende da quanto si potrebbe acuire lo scontro. Un eventuale intervento diretto di forze russe nella regione rischierebbe davvero di far precipitare la situazione: è difficile, anche se non impossibile, che i Paesi occidentali tollerino un’altra invasione sul modello Crimea. In ogni caso, le mosse russe sono connesse al ritorno a una postura più dura da parte degli USA e dei loro alleati e il terreno più prossimo dove mostrare i muscoli è certamente quello dell’Ucraina.

Policy Maker: Segnali di discontinuità si attendevano nel rapporto con la Cina, eppure la Casa Bianca ha recentemente detto che il report sull’origine del virus dell’OMS è stato “scritto sotto la dettatura di Pechino”. Non sembra un modo di rapportarsi troppo diverso rispetto a quando Trump chiamava il covid ‘virus cinese’.

Giovanni Castellaneta: La Casa Bianca ha criticato il rapporto dell’OMS in quanto affetto da dati mancanti a causa di restrizioni all’accesso a luoghi e documenti da parte delle autorità cinesi. Chiamare il Sars CoV 2 “virus cinese” è dare una connotazione nazionale alla pandemia, con il rischio di incentivare atti di violenza e discriminazione contro i cittadini e le persone di origini cinesi, ma anche asiatiche. Criticare il rapporto e dire “virus cinese” sono due cose molto diverse. Per quanto riguarda l’approccio alla Cina in generale, rimane sul piano della rivalità economica, militare e tecnologica ma si cercano collaborazioni per quanto riguarda i cambiamenti climatici. Inoltre, l’Amministrazione Biden sta mettendo molto più in primo piano le violazioni dei diritti umani nella Cina, si pensi a Hong Kong e allo Xinjiang.

Policy Maker: Con il ritiro delle truppe dall’Afghanistan l’America di Biden proseguirà l’opera di Trump, che ha di fatto concluso l’epoca dell’imperialismo USA?

Giovanni Castellaneta: Il ritiro dall’Afghanistan è stato spostato di alcuni mesi, ma ci sarà. Sono anni ormai che gli Stati Uniti si sono resi conto che per impedire ai talebani di riprendere gran parte del potere, se non tutto, la loro presenza militare nel Paese sarebbe necessaria in perpetuo. Sta di fatto che ormai le forze USA presenti ammontano a poche migliaia di uomini e donne, una presenza esigua e di solo supporto agli afgani. Questo non vuol dire la fine dell’interventismo statunitense all’estero, ma un suo ridimensionamento e la concentrazione delle risorse economiche e militari su altri confronti, prima di tutto quello con la Cina.

Joe Biden e la sua vice Kamala Harris

Policy Maker: Veniamo ora al fronte interno. Dall’inizio dell’anno a oggi la polizia ha già ucciso oltre 30 afroamericani: dobbiamo attenderci dalla nuova Amministrazione Biden un intervento molto forte anche solo per segnare il solco rispetto a quanto fatto da Trump?

Giovanni Castellaneta: Per quanto riguarda la polizia, la Casa Bianca può intervenire guidando il dibattito politico e, al massimo, con ordini esecutivi di carattere generale. La questione è soprattutto in mano agli Stati, alle contee e alle città, perché, come si sa, le forze di polizia negli Stati Uniti sono gestite a livello locale. Sugli episodi di razzismo nel Paese c’è molto lavoro da fare e forse è uno degli obiettivi di politica interna che dovrebbero essere tra i più importanti per il Presidente Biden. La questione ha radici lontane nel tempo e non è uguale in tutti gli Stati. Certamente, l’Amministrazione Trump non ha aiutato a raffreddare gli animi nella società statunitense.

Policy Maker: Quali sono le sfide che attendono Biden nell’America ancora acciaccata dal virus?

Giovanni Castellaneta: Le sfide principali sono sociali ed economiche. Le prime sono più difficili, perché il Paese è spaccato e la popolazione sempre più polarizzata. Il Presidente ha promesso di “curare” queste ferite e se ci riuscisse sarebbe forse il suo più grande risultato. Per quanto riguarda l’economia, gli stimoli iniziati da Trump e proseguiti da Biden stanno avendo i loro effetti, ma parte del merito va anche alla società statunitense, che è sempre pronta a ripartire e a rimboccarsi le maniche. Dopo una fase di gestione non certo buona della pandemia, ora che la fase si sta spostando dalla prevenzione (distanziamento, mascherine e chiusure) all’azione (vaccini), la macchina logistica statunitense sta facendo vedere che è ancora una delle migliori, se non la migliore al mondo.

Policy Maker: Come riuscirà a porre in essere politiche meno aggressive nel contrasto all’immigrazione senza perdere il favore dell’elettorato?

Giovanni Castellaneta: L’immigrazione al confine meridionale è una sfida difficilissima perché vanno conciliate le esigenze legali, economiche e di sicurezze con quelle di umanità nel trattamento delle persone. Se è vero che non ci sono più le politiche di separazione dei genitori dai figli, è anche vero che i centri che ospitano temporaneamente i migranti non sono certo in condizioni ottimali e non sono in grado di reggere flussi ingenti.

Policy Maker: Si è parlato molto di social, in campagna elettorale. Ma qual è il vero peso che Twitter & co. hanno soprattutto nell’America profonda, bacino elettorale di Trump?

Giovanni Castellaneta: Spesso, a mio avviso, si sopravvaluta l’importanza che hanno avuto i social media nell’America rurale, quella che più viene identificata con l’elettorato di Trump (anche se non è tutto lì). Certo, queste piattaforme hanno permesso all’ex Presidente di esprimersi in prima persona e senza filtri per raggiungere direttamente i suoi elettori e guidare il discorso politico. Tuttavia, non va sottovalutata l’importanza delle radio locali nella formazione del pensiero degli elettori delle aree rurali, le quali spesso hanno ancora una connessione internet piuttosto scadente per un Paese occidentale.

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