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Agosto rovente per Meloni tra Landini, Rama, Tajani e Urso

Meloni

Un agosto caldissimo per la politica italiana e per la premier Giorgia Meloni. I Graffi di Damato

Caldo, caldissimo, rovente nelle intenzioni, promesse, minacce della sinistra politica e sindacale, con un Maurizio Landini in agitazione e avvolto nelle bandiere della sua Cgil contro la legge di bilancio prima ancora che venga scritta al Ministero dell’Economia, l’autunno che si aspetta Gorgia Meloni sarà soltanto “importante”. Così lo ha definito parlandone fra un caffè e una risata al premier albanese Edi Rama, che l’ha ospitata a Ferragosto come una “sorella”, per restare nella familiarità dei suoi “fratelli d’Italia” in Patria. E l’ha incoraggiata ad essere fiduciosa.

Del resto, neppure le opposizioni sotto sotto, o dietro la facciata di una mobilitazione applicata da Elly Schlein anche a quel che resta dell’estate, si fanno troppe illusioni sulla possibilità di profittare di qualcuno degli inconvenienti in corso per vedere il governo precipitarvi. Neppure con la premier raffigurata sul solito Fatto Quotidiano come una distributrice di carburanti che non irrora benzina a due euro e settanta centesimi a litro ma preleva con la sua pompa dalla tasca del malcapitato cliente bigliettoni di euro. O col ministro dello Sviluppo Adolfo Urss, anziché Urso, convinto che quella in vendita in Italia sia ancora la benzina meno cara d’Europa, con tutte le tasse che si trascina appresso.

Se la condizione degli avversari esterni continua ad essere a dir poco critica per l’incapacità perdurante di realizzare una realistica alternativa parlamentare a breve, ma neppure a medo termine, quella dei malpancisti interni alla coalizione di centrodestra non è migliore. Le riserve, e persino le proteste, del segretario forzista Antonio Taiani contro il decisionismo vantato dalla premier con la tassazione degli extraprofitti bancari realizzati con l’aumento a senso unico dei tassi d’interesse, applicati a chi chiede denaro e non a chi lo deposita, non sembrano proprio mobilitare il partito orfano ormai di Silvio Berlusconi, per quanto finanziato ancora dalla sua famiglia. Che, per quanto danneggiata anch’essa dall’intervento sulle banche per la sua partecipazione a Mediolanum, non sembra proprio tentata dall’idea di chissà quale ritorsione.

Vorrà pur dire qualcosa il fatto che oggi Il Giornale, cioè la principale testata di riferimento dell’area del centrodestra, apra difendendo così il governo: “Caccia al capro espiatorio – “Prezzi, clima, donne: colpa della Meloni”. Ormai la sinistra la accusa di tutto”. E contemporaneamente Il Riformista di Matteo Renzi – riadottando non so se consapevolmente o una vecchia formula ironica e polemica insieme opposta da Marcello Dell’Utri alla decisione presa da Berlusconi di farsi affiancare da Gianni Letta anche nella gestione della nascitura Forza Italia – titoli “Forse Italia”. E ne spieghi le ragioni con “le indecisioni del ministro Tajani”, decurtato anche delle sue cariche di segretario del partito e di vice presidente del Consiglio.

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