Oltreconfine, la rassegna stampa internazionale di Policy Maker
OLTRECONFINE: LA VISITA DI AL-SHARAA A MOSCA
Il presidente siriano Ahmed al-Sharaa ha compiuto mercoledì la sua prima visita ufficiale a Mosca, incontrando il presidente russo Putin. L’incontro, carico di significati politici e strategici, segna un momento cruciale per ridefinire le relazioni tra Damasco e Mosca, dopo la caduta di Bashar al-Assad, storico alleato della Russia. Come riporta Reuters, al-Sharaa ha dichiarato di voler rispettare tutti gli accordi bilaterali passati con la Russia, garantendo la sicurezza delle due principali basi militari russe in Siria: la base aerea di Hmeimim e l’installazione navale di Tartous. “Ci sono interessi condivisi che ci legano alla Russia, e stiamo lavorando per ridefinire la natura di queste relazioni,” ha detto al-Sharaa, parlando in arabo al Cremlino. La visita, tuttavia, si è svolta in un contesto delicato. Come scrive il New York Times, l’influenza russa in Siria è notevolmente diminuita dopo la caduta di Assad, con le basi militari russe in gran parte abbandonate e il personale soggetto a restrizioni di movimento. La Russia, che per anni ha sostenuto il regime di Assad con interventi militari, si trova ora a negoziare con un leader, al-Sharaa, che in passato guidava le forze ribelli islamiste opposte a Mosca. Nonostante ciò, il pragmatismo sembra guidare le scelte del presidente siriano. “Con al-Sharaa vediamo pragmatismo anziché ideologia,” ha commentato al Nyt Asli Aydintasbas, analista della Brookings Institution. La Siria, alle prese con sfide economiche e di sicurezza, ha bisogno del sostegno russo, soprattutto per ottenere forniture di grano e petrolio a prezzi vantaggiosi e per affrontare le sanzioni internazionali. Durante i colloqui, Putin ha espresso la volontà di Mosca di collaborare a “iniziative utili” per rinnovare i rapporti bilaterali. Il vicepremier russo Alexander Novak ha sottolineato l’interesse per progetti petroliferi e la ricostruzione delle infrastrutture siriane devastate dalla guerra civile. Tuttavia, questioni spinose restano aperte. Damasco, secondo Reuters, ha richiesto formalmente l’estradizione di Assad, rifugiato a Mosca, per processarlo per presunti crimini di guerra, ma la Russia, che si vanta di proteggere i suoi alleati, è improbabile che accetti. Inoltre, al-Sharaa cerca il sostegno russo per contrastare le richieste israeliane di una zona demilitarizzata più ampia nel sud della Siria e per impedire ulteriori incursioni israeliane, come quelle che hanno colpito Damasco a luglio. Le basi russe, fondamentali per la proiezione di Mosca nel Mediterraneo orientale, rimangono un punto focale. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha suggerito di usarle come hub logistici per aiuti all’Africa, mentre la Siria mantiene un controllo più stretto su Tartous, dove il porto è ora gestito da Dubai Ports World dopo la cancellazione del contratto russo. La Siria, inoltre, cerca il supporto di Mosca al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per questioni come la rimozione delle sanzioni contro al-Sharaa e il suo ministro dell’Interno, ancora nella lista Onu per legami con Al Qaeda.
LA PURGA DEI LEADER MILITARI IN CINA
Il Ministero della Difesa cinese ha annunciato l’espulsione di nove alti ufficiali militari, tra cui il generale He Weidong, vice-presidente della potente Commissione Militare Centrale (CMC), e l’ammiraglio Miao Hua, ex responsabile politico dell’Esercito Popolare di Liberazione. Come riporta l’Associated Press, i nove sono accusati di “gravi violazioni della disciplina del Partito” e di crimini legati alla corruzione, coinvolgendo somme di denaro “estremamente ingenti”. I loro casi sono stati deferiti ai procuratori militari per ulteriori indagini e procedimenti giudiziari. He Weidong, il secondo generale più alto in grado in Cina, è il più senior tra i funzionari colpiti dalla campagna anticorruzione avviata nel 2023, la più incisiva dai tempi della Rivoluzione Culturale, osserva Reuters. La sua rimozione, insieme a quella di Miao Hua e altri sette ufficiali, segna un momento cruciale nella strategia del presidente Xi Jinping per consolidare il potere. He, membro del Politburo e figura di spicco con stretti legami con Xi, non appariva in pubblico da marzo, un segnale che, secondo l’Associated Press, spesso prelude a indagini per corruzione. L’annuncio arriva a pochi giorni dal quarto Plenum del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, previsto a Pechino, dove si decideranno obiettivi strategici per i prossimi cinque anni. Come sottolinea Reuters, la rimozione di otto membri del Comitato Centrale tra i nove espulsi apre la strada alla nomina di sostituti fedeli a Xi. “Questo è un atto di forza politica e un passo pratico per promuovere membri alternativi nel Comitato Centrale,” ha dichiarato all’Associated Press Neil Thomas, esperto di politica cinese presso l’Asia Society Policy Institute. La campagna anticorruzione, popolare tra il pubblico, è stata usata da Xi per rafforzare la lealtà al Partito e al governo, eliminando rivali politici. He Weidong, che ha comandato il Teatro Orientale responsabile delle operazioni contro Taiwan, era considerato un alleato chiave di Xi, con legami risalenti agli anni ’90 in Fujian e Zhejiang. La sua espulsione, insieme a quella di figure come Miao Hua, indagato da novembre 2024, e altri ufficiali di alto rango, suggerisce una “pulizia” interna per garantire un controllo assoluto sulla CMC, attualmente operativa con una composizione ridotta, come nota Wen-Ti Sung del Global China Hub. Le accuse, definite “di natura grave con conseguenze estremamente dannose” dal portavoce del Ministero della Difesa Zhang Xiaogang, non sono state dettagliate. Tuttavia, l’Associated Press evidenzia come tali campagne siano spesso un’arma politica per Xi, che presiede la CMC. Tra gli altri espulsi figurano ufficiali di spicco come He Hongjun, Wang Xiubin e Lin Xiangyang, molti dei quali scomparsi dalla scena pubblica da mesi.
UE IMPONE STOP AL GAS RUSSO PER UNGHERIA E SLOVACCHIA
Come riferisce Politico, l’Unione Europea, dopo tre anni di negoziati, ha deciso di interrompere definitivamente le forniture di gas russo a Ungheria e Slovacchia, nonostante la loro opposizione. Dal 2022, con l’invasione russa dell’Ucraina, l’Ue ha ridotto drasticamente la dipendenza energetica da Mosca, eliminando quasi del tutto le importazioni di petrolio, carbone e gas russi. Tuttavia, Budapest e Bratislava, guidate da governi filorussi, hanno resistito, sostenendo che abbandonare il gas russo causerebbe un aumento dei prezzi per i consumatori. Gli esperti smentiscono queste affermazioni, e l’Ue è pronta a imporre un divieto, con una proposta legislativa che vieterà il gas russo a partire dal 2026 per i contratti a breve termine e dal 2027 per quelli a lungo termine. A differenza delle sanzioni, che richiedono l’unanimità, questa misura necessita solo di una maggioranza qualificata, eliminando il potere di veto dei due paesi. Nonostante le proteste di Ungheria e Slovacchia, che temono per la loro sicurezza energetica e per l’impatto economico, l’Ue appare determinata. I due paesi hanno pagato alla Russia 5,58 miliardi di euro per combustibili fossili nel 2025, superando i 5,56 miliardi del 2024. La proposta, nota come REPowerEU, sarà approvata dai ministri dell’energia dell’Ue, ignorando le resistenze di Budapest e Bratislava. Sebbene si preveda un aumento dei prezzi del 5-10% nella regione, esperti e Commissione Europea ritengono che alternative come il gas liquefatto da Europa occidentale, Grecia o nuovi progetti in Romania siano praticabili. L’Ue considera la dipendenza dal gas russo insostenibile, accusando i due paesi di aver ostacolato le sanzioni e di non aver diversificato le loro fonti energetiche, nonostante il tempo a disposizione.