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Allargamento Ue, cosa potrebbe cambiare per l’economia dell’Italia

Ucraina Ue

L’allargamento dell’Ue a Est, ai Balcani occidentali e all’Ucraina è uno sviluppo inevitabile per il nostro continente. Una sfida che ha dentro di sé rischi e vantaggi per tutte le parti in causa 

Dopo circa un decennio di stasi l’Unione europea ha ripreso a gestire il tema dell’allargamento dei suoi confini. A far rimettere in moto la macchina comunitaria, un po’ farraginosa, è stata la guerra scatenata dalla Russia ai danni dell’Ucraina. Nel corso del Consiglio europeo del 14-15 dicembre scorso i leader dell’Ue hanno deciso di avviare negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldova e di concedere lo status di paese candidato alla Georgia.

I BALCANI OCCIDENTALI (E UCRAINA) NELLA UE: UN PROCESSO DI AVVICINAMENTO LUNGO 20 ANNI

Le prossime procedure di allargamento guardano con rinnovato interesse la regione dei Balcani occidentali che comprende sei paesi: Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Kosovo. Il processo di avvicinamento arriva da lontano. In occasione del vertice UE-Balcani occidentali di Salonicco nel 2003, l’Ue ha aperto la sua porta ai Balcani occidentali, a patto che conseguano risultati duraturi e irreversibili in materia di riforme e che abbraccino i valori e i principi dell’Ue. Il vertice di Tirana del 2022 è stato l’occasione per riaffermare la prospettiva di adesione all’UE dei Balcani occidentali.

“L’UE mira ad avvicinare i Balcani occidentali all’UE, preparando il terreno per l’adesione e apportando benefici concreti ai loro cittadini già durante il processo di allargamento – si legge nella Dichiarazione di Bruxelles -. A tal fine, intende esplorare misure aggiuntive volte a portare ulteriormente avanti la graduale integrazione. L’UE sottolinea inoltre l’importanza di sfruttare appieno il potenziale degli strumenti giuridici esistenti”.

L’UCRAINA NELLA UE: LA POLITICA DELLA SEDIA VUOTA DI ORBAN

L’allargamento è un processo auspicabile ed inevitabile se l’Europa vuole continuare a crescere, prosperare e confrontarsi con gli altri player mondiali come Cina, Usa, Russia e India. Non tutti, però, hanno accolto la sfida dell’integrazione del Balcani occidentali con lo stesso favore. L’Ungheria di Viktor Orban ha provato a frenare l’avvicinamento di Kiev a Bruxelles al punto che il voto con il quale il Consiglio europeo ha deciso di aprire i negoziati d’adesione con l’Ucraina passato solo grazie all’assenza, concordata, di Orban.

Le decisioni del Consiglio europeo, infatti, sono prese all’unanimità. A suggerire a Orban la “politica della sedia vuota” in salsa comunitaria sarebbe stato il tedesco Olaf Scholz, il leader ungherese è uscito dalla sala, mentre gli altri 26 capi di Stato e di governo decidevano positivamente circa il futuro dell’Ucraina nella Ue.

UCRAINA NELLA UE: LA PREOCCUPAZIONE DI ORBAN PER I FONDI EUROPEI

La vicinanza di Orban a Putin è solo uno dei motivi per i quali il leader ungherese si è opposto all’apertura di Bruxelles nei confronti dell’Ucraina. A preoccupare Orban è anche la ripartizione dei fondi europei che vedrebbe l’Ucraina beneficiare di risorse ora destinate all’Ungheria. “L’allargamento non è una questione teorica – ha detto Orban -, è un processo basato sui meriti, giuridicamente dettagliato, che ha dei prerequisiti. Se non si soddisfano i prerequisiti, non c’è alcuna possibilità di avviare i negoziati”.

LE PREOCCUPAZIONI DI CONFINDUSTRIA

Le preoccupazioni di Orban non sono infondate. E anche il comparto economico italiano ha iniziato a valutare i rischi e le opportunità dell’allargamento dell’Ue all’Ucraina e ai Balcani occidentali. La Confindustria ha espresso cautela sulle prospettive dell’allargamento Ue e riconosce la necessità di una profonda riflessione sulle ripercussioni, anche economiche, di tale processo.

A fare chiarezza sul punto di vista degli industriali Stefan Pan, delegato di Confindustria per l’Europa. “Il nostro auspicio è che Paesi come l’Ucraina e quelli dei Balcani Occidentali, una volta raggiunti i prerequisiti e completati i passi necessari per l’adesione, possano presto entrare nell’Unione Europea” dice a Eunews. Tuttavia, l’allargamento Ue potrebbe incidere sul piano istituzionale, sulle politiche europee e a livello di bilancio rendendo necessario un cambiamento nella governance europea.

IL REPORT DELLA COMMISSIONE EUROPEA: QUANTO POTREBBE COSTARE L’ALLARGAMENTO UE ALL’UCRAINA

Secondo quanto riportato dall’ISPI la scorsa estate la Commissione europea ha calcolato che l’eventuale ingresso di 9 nuovi Stati membri “costerebbe” circa 257 miliardi di euro in sette anni. Di questi, 186 miliardi costituirebbero il “costo d’ingresso” per la sola Ucraina. Gran parte dei fondi per Kiev riguarda la Politica agricola comune (PAC): ben 97 miliardi, persino più dei 72 miliardi che riceva la Francia.

PAC: UN OSTACOLO PIÙ GRANDE DI ORBAN ALL’ALLARGAMENTO UE ALL’UCRAINA

L’ingresso dell’Ucraina preoccupa soprattutto in relazione alle sue dimensioni (44 milioni di abitanti) e all’attribuzione di fondi europei della PAC. La Politica Agricola Comune è il maggior capitolo di spesa del bilancio Ue, da sola rappresenta il 33,1% del bilancio dell’UE a 27 con 55,71 miliardi di euro. Il nostro paese è un contributore netto (versa nel bilancio Ue più di quello che riceve) e dovrà aumentare la sua contribuzione. Per fare spazio a Kiev, gli altri Paesi membri dovrebbero inoltre rinunciare a circa il 20% delle loro quote, una rinuncia che all’Italia potrebbe arrivare a costare fino a 9 miliardi dei 38,7 previsti dal bilancio in corso.

PAC: ALL’UCRAINA POTREBBERO ANDARE 96,5 MILIARDI DI EURO

L’Ucraina, che ha 41 milioni di ettari di campi, incasserebbe 96,5 miliardi di euro per sette anni. Inoltre, a preoccupare sono le peculiarità del territorio agricolo ucraino. “A fronte di dimensioni medie di 12/13 ettari della superficie occupata dalle aziende agricole europee, in Ucraina sale fino a 400 ettari – ha detto il responsabile dell’ufficio di rappresentanza di Coldiretti a Bruxelles, Paolo Di Stefano -. Kiev dovrà adattarsi agli standard produttivi europei, come sulla sicurezza alimentare, ambientale e dei consumatori”.

– Leggi anche: Cosa vuole fare l’Ue con i 200 miliardi di asset russi sequestrati

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