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Allargamento Ue, serve uniformità altrimenti il rischio è la disgregazione. Intervista alla prof.ssa Lorenza Violini
Dall’allargamento Ue al rapporto con Washington: intervista alla prof.ssa Lorenza Violini, ordinaria presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano, sulle prossime sfide che attendono l’Unione europea.
Sono numerose le sfide che la nuova legislatura dell’Unione europea deve affrontare, a iniziare dalla composizione della nuova Commissione. L’organo esecutivo di Bruxelles dovrà gestire, di concerto con il Parlamento europeo, alcuni capitoli molto delicati della politica europea, dalle prossime fasi dell’allargamento Ue a est, alla politica di difesa comune, alla costruzione di relazioni con Washington che potrebbero subire cambiamenti con le elezioni di novembre.
Ne abbiamo parlato, nel corso del Meeting di Rimini, con la professoressa Lorenza Violini, ordinaria di Diritto Costituzionale e di Diritto Pubblico Comparato (Global Constitutional law) presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano.
L’Unione europea si trova davanti a grandi sfide, una di queste è quella dell’allargamento. Come farà a rimanere unita nonostante l’apertura a paesi molto diversi tra loro?
Noi viviamo in una tensione tra l’allargamento Ue quasi obbligatorio, perché le domande di ingresso in Europa di questi popoli non possono lasciarci indifferenti, dall’altro dobbiamo lavorare per mantenere una certa unità e uniformità. La Commissione sta facendo un grande lavoro per adeguare gli ordinamenti giuridici dei paesi che vogliono entrare in Europa ai parametri della legislazione europea, questo è un lavoro tecnico che garantisce una buona base per mantenere l’uniformità. Ma non basta.
Cos’altro serve?
Questi paesi devono essere disponibili ad accettare certi valori di libertà, di autodeterminazione, di uguaglianza sostanziale tra uomo e donna, insomma devono accettare la tavola di valori che sono ben espressi nell’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea. Occorre lavorare attentamente su questi due piani. Prima su quello della legislazione tecnica, non possono avere legislazioni e strutture amministrative troppo diverse dalle nostre e devono essere capaci di dare attuazione a queste leggi. In particolare, i temi della trasparenza e del contrasto alla corruzione devono essere controllati dai paesi che vogliono entrare e dall’Unione europea, e poi tutto il tema dei valori.
Quest’ultimo chiede un confronto anche tra i diversi elementi della società civile?
Certo, serve che ci sia la libertà e la capacità di trovare dei compromessi su quale siano i valori culturali dominanti e sulla possibilità di negoziarli, insomma non devono essere dei totem immutabili.
I paesi candidati sono nove, Serbia, Moldavia, Macedonia del Nord, Georgia, Bosnia Erzegovina, Ucraina, Albania, Montenegro e poi c’è la Turchia, la cui richiesta è ferma dal 1987 e che rischia di rimanere ancora in stallo.
In questo momento la Turchia è in una posizione molto delicata sia sul piano geopolitico che su quello economico. E non parliamo dei diritti delle minoranze che in Turchia non sono particolarmente valorizzati. Io credo che il percorso di allargamento dell’Ue alla Turchia sarà molto, molto lungo. Non ha senso cercare di inserire gruppi sociali così lontani dalla visione europea dei diritti e delle libertà.
L’Ue sta assistendo allo sviluppo di tensioni con paesi che già fanno parte del consesso europeo come l’Ungheria e la Polonia.
Sull’Ungheria e la Polonia la Commissione è stata molto attenta. Il regolamento sulla condizionalità ha stabilito che si potranno contestare alcune scelte dei paesi se queste influiscono negativamente sul bilancio della Ue. È chiaro che questa è una soluzione di compromesso. Perché non si possono contestare i valori di queste popolazioni e di questi governi ma se tutto questo resta confinato nell’ambito nazionale bisognerà accettare che ci siano delle diversità e delle divergenze. Il discorso cambia se alcune scelte nazionali vanno a incidere sul bilancio europeo e su tutti i popoli europei. In questo caso è necessario che le nazioni in questione si adeguino alle decisioni collegiali europee.
Le tensioni tra Ue, Ungheria e Polonia potrebbero essere il grimaldello usato da potenze straniere per minare la stabilità e l’unità europea?
Mi sembra sembra uno scenario irrealistico.
Come cambia, se cambia, la relazione tra Ue e Usa in relazione alle prossime elezioni Usa.
Cambierà soprattutto in relazione alla politica della difesa, come ha anche detto il commissario Gentiloni. L’Ue, dal canto suo, dovrà migliorare la cooperazione in termini di difesa e sicurezza, poi piano piano si cercherà di fare passi in avanti. Comunque vedremo cosa succederà dopo le elezioni americane, perché le promesse elettorali sono una cosa ma la realtà può essere un’altra.