Sulla “dissenting opinion” della giudice Flores Liera, il governo ha impostato parte della sua difesa sul caso Almasri e l’attacco alla Cpi
L’indagine c’è o non c’è? È giallo. La Corte penale internazionale dell’Aja, secondo quanto riportato in esclusiva dall’edizione online di Avvenire, starebbe indagando sull’operato del governo italiano in relazione al caso del generale libico Almasri. L’inchiesta riguarderebbe il possibile “ostacolo all’amministrazione della giustizia” ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma.
Il tutto sarebbe partito dopo la denuncia presentata dai legali di un cittadino sudanese, che nel 2019 aveva testimoniato di aver subito torture insieme alla moglie durante la loro prigionia in Libia, sotto il comando di Almasri. Tra i nomi indicati nella denuncia figurano la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
È il sito del Corriere della sera però a riferire che “fonti della Corte precisano che non è stato avviato alcun fascicolo e non sarà aperta alcuna indagine nei confronti del governo italiano. Si tratta, spiegano le fonti, di una delle centinaia di denunce che arrivano alla Procura internazionale ma non è stata presa alcuna decisione”.
Notizie e indiscrezioni che arrivano il giorno dopo l’informativa in Parlamento della “strana coppia”, come li ha ribattezzati Mario Ajello sul Messaggero: Piantedosi e Nortdio. Proprio sulle parole del ministro della Giustizia si sono maggiormente concentrate le attenzioni dei media e delle opposizioni. E non sono passati inosservati le sue continue citazioni di María del Socorro Flores Liera.
Di chi si tratta? Lei è uno dei giudici della Cpi e, per l’esattezza, colei che si è dichiarata contraria al mandato d’arresto internazionale per Osama Njeem Almasri, divenendo di fatto la carta del governo per evidenziare il “pasticcio” del tribunale dell’Aja, come l’ha definito oggi al Parlamento il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. La “dissenting opinion” allegata al documento con cui si chiede l’arresto del criminale libico porta la firma proprio della giudice, l’unica delle tre componenti del collegio contraria.
CHI E’ SOCORRO FLORES LIERA
Sessant’anni il prossimo settembre, María del Socorro Flores Liera si è laureata in legge all’Università Iberoamericana, specializzandosi poi in diritto internazionale alla Facoltà di legge dell’Università Nazionale Autonoma del Messico. Vanta una lunga carriera diplomatica, iniziata nel 1992 e costellata di incarichi di altissimo profilo, da rappresentante per il Messico alle Nazioni Unite fino all’elezione alla Corte Penale Internazionale nel 2021.
Come membro della delegazione del suo Paese è stata personalmente coinvolta nel processo di creazione della stessa Corte Penale Internazionale, di cui è stata peraltro la prima responsabile dell’ufficio di collegamento alle Nazioni Unite tra il 2006 e il 2007. Prima del giuramento all’Aja, la giudice – come ricorda l’Ansa – è stata sottosegretario per l’America Latina e i Caraibi presso il ministero degli Esteri messicano, dove ha ricoperto anche l’incarico di direttore generale delle organizzazioni e dei meccanismi regionali americani e direttore generale degli affari globali. Nel corso della sua carriera si è occupata di numerosi casi di diritto internazionale e di diritti umani. Ha pubblicato numerosi lavori, in particolare nell’ambito della legge sui crimini internazionali e sul cambiamento climatico.
Da giudice della Corte Penale Internazionale ha lavorato su numerosissimi casi, dal Congo alla Palestina fino alle inchieste sul figlio di Muammar Gheddafi, Saif al-Islam, e su Germain Katanga, il comandante congolese condannato per complicità in omicidio e saccheggio e crimini contro l’umanità. Presentando la sua candidatura alla CPI, la giudice scriveva di essere “convinta che la giustizia internazionale sia la chiave per raggiungere una riconciliazione duratura e la pace tra le comunità colpite da crimini atroci”. “Vorrei contribuire – concludeva – a raggiungere gli obiettivi dello Statuto di Roma”.
PERCHE’ LA GIUDICE CPI SI E’ DETTA CONTRARIA
Nel documento articolato in 17 capitoli, la giudice Flores ha sostenuto che la Cpi non aveva giurisdizione sui crimini attribuiti al comandante libico Almasri.
La giudice ha infatti evidenziato che, sebbene in Libia i combattimenti e i disordini civili siano proseguiti anche dopo la morte di Mu’ammar Gheddafi il 20 ottobre 2011, questi eventi non sono direttamente collegati a quelli che hanno portato al deferimento del Paese alla CPI da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.