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Bielorussia – Polonia, cosa succede ai confini dell’Ue?

Bielorussia Polonia

Bruxelles e i migranti stretti nel braccio di ferro tra Bielorussia e Polonia. L’Ue in imbarazzo: non solo ha negato i fondi comunitari per la costruzione del muro ma ha pure ignorato tutti gli appelli simili lanciati negli anni sul tema dell’immigrazione da Roma. Come può intervenire adesso?

Bruxelles guarda con attenzione a quanto accade all’estrema periferia Est dell’Unione europea, ai confini tra la Polonia, bastione comunitario e la Bielorussia, Stato satellite della Russia di Vladimir Putin. In altri tempi, la linea di demarcazione tra Est e Ovest si sarebbe chiamata cortina di ferro. Oggi c’è solo una rete con un po’ di filo spinato, anche perché la Commissione ha recentemente bocciato la richiesta degli Stati di confine di costruire un muro vero e proprio con i soldi di tutti.

 

Accade così che da ieri 4 mila i migranti si siano ammassati al confine tra Polonia e Bielorussia, scortati sino alla frontiera dalle forze armate di Minsk. Numero importante ma, al contempo, esiguo, secondo l’esperienza italiana. Tuttavia, chissà perché, le ondate migratorie balcaniche hanno sempre destato più preoccupazione, in quel di Bruxelles, rispetto a quelle mediterranee, via mare, che conosciamo da vicino.

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Resta il fatto che la tensione tra i due Paesi sta crescendo e l’incidente potrebbe essere dietro l’angolo, dato che la Polonia ha dislocato altri 12mila militari. Sul fronte opposto si trovano invece i soldati bielorussi, che di fatto premono perché i migranti, provenienti dal Medio Oriente e dall’Asia, passino il confine polacco. Secondo quanto riferiscono le autorità di Varsavia, le forze armate russe starebbero usando perfino i cani per convincere i migranti a premere sulla frontiera, nonostante i fucili spianati al di là del confine. Sul fronte opposto usano invece i lacrimogeni. Tra i disperati stretti tra i due eserciti, già provati dalla fame, dal viaggio e dal freddo, numerosi bambini e, pare, diversi cadaveri.

 

 

Ma nel mezzo, paradossalmente, si trova pure la Commissione europea, con Ursula von der Leyen che, dopo aver osteggiato Varsavia per le sue prese di posizione contro il primato del diritto dell’Ue, le ha dovuto esprimere solidarietà riconoscendo che l’agire del regime di Aleksandr Lukashenko sta “mettendo a rischio la vita delle persone”. Von der Leyen, inoltre, ha definito “inaccettabile” la “strumentalizzazione dei migranti a fini politici” messa in atto dalla Bielorussia.

“La crisi dei migranti al confine minaccia la stabilità e la sicurezza dell’intera Unione – ha scritto su Twitter il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki – Sigillare il confine polacco è nel nostro interesse nazionale. Questo attacco ibrido del regime di Lukashenko è rivolto a tutti noi. Non ci facciamo intimidire e difenderemo la pace in Europa con i nostri partner della Nato e dell’Ue”.

Ma le precedenti frizioni con la Polonia, sempre più autoritaria, non sono il solo motivo di imbarazzo per Bruxelles che sa benissimo di aver lasciato cadere numerosissimi appelli analoghi giunti negli anni dall’Italia per ciò che concerne l’immigrazione via mare. Soccorrere Varsavia dopo aver ignorato Roma costituirebbe un pericoloso caso di doppiopesismo. D’altro canto, però Ursula von der Leyen, tedesca, è consapevole che il vero obiettivo dei migranti, laddove arrivassero in Polonia, sarebbe la Germania.

“La Polonia o la Germania non possono farcela da sole”, ha detto al quotidiano ‘Bild’ il ministro degli Interni ad interim Horst Seehofer. “Dobbiamo aiutare il governo polacco a proteggere il loro confine esterno. Questo sarebbe effettivamente il compito della Commissione europea. Ora li invito ad agire”. Parole analoghe a quelle pronunciate dall’omologa italiana, Luciana Lamorgese non più tardi di 96 ore fa. Ed erano rimaste inascoltate. L’Unione europea potrebbe intervenire ora sul fronte orientale dopo aver sempre ignorato gli appelli di quello meridionale?

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