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Chi boicotta il Green Deal di Ursula von der Leyen

Vdl Dalla Commissione Ue Alla Nato?

Il Green  Deal europeo non gode di ottima salute: prima le proteste dei trattori poi le posizioni filo industriali del primo ministro belga Alexander De Croo fanno rischiare una “pausa normativa” delle politiche green 

Il Green Deal europeo era alla base degli orientamenti politici della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Nel dicembre del 2019, la Commissaria von der Leyen presentò il ‘Green new deal’, appena approvato all’unanimità dalla Commissione europea, come “l’uomo sulla luna per l’Ue” e “la nostra visione, 50 azioni per il 2050 per riconciliare l’economia, il modo di produrre e consumare con il nostro pianeta”. Ora, a distanza di quattro anni e dopo aver dovuto fronteggiare una pandemia, due anni di guerra alle porte dell’Europa, con le inevitabili ricadute economiche (settore energetico ed agricolo in primis), e la ripresa del conflitto arabo-israeliano, le cose sono un po’ cambiate.

LA SVOLTA INDUSTRIALE DEL GREEN DEAL

Nell’ultimo discorso sullo stato dell’Unione dello scorso settembre la presidente von der Leyen ha aggiustato il tiro. Sul Green Deal la presidente ha dichiarato di  voler “mantenere l’ambizione” ed “entrare in una nuova fase” attraverso la semplificazione dell’accesso ai programmi di finanziamenti europei, “una serie di dialoghi” con l’industria “per ciascun ecosistema industriale”, di un piano per lo sviluppo del settore eolico made in EU. Insomma, la presidente ha sancito una svolta industriale per il Green Deal europeo.

LE PROTESTE DEGLI AGRICOLTORI E LA PICCONATA AL GREEN DEAL

Ma la vera e propria “picconata” al piano che ha fissato il 2050 come l’anno per la neutralità climatica (l’anno in cui in Europa non siano più generate emissioni nette di gas a effetto serra) è arrivata all’inizio di quest’anno da due fattori. Da un lato c’è stata la protesta degli agricoltori. Tra le ragioni che hanno portato il “movimento dei Trattori” a bloccare le strade e le autostrade italiane ed europee c’è proprio il Green Deal, il piano europeo che vuole rendere più competitiva l’economia europea e accelerare la transizione verso la neutralità climatica. Questi obiettivi si traducono nello stop ai pesticidi, nell’aumento della rotazione delle colture, nell’introduzione di nuove tecnologie e nella riduzione delle emissioni. Tante novità, a volte costose, e la cui realizzazione viene considerata, dai coltivatori, troppo frettolosa.

LE CONCESSIONI ALL’AGRICOLTURA E LA PENALIZZAZIONE DEL GREEN DEAL

Le proteste degli agricoltori, arrivati con i loro trattori ad “assediare” la sede del Parlamento europeo a Strasburgo, hanno sortito gli effetti desiderati. Gli eurodeputati hanno bocciato la riduzione del 50 per cento dei pesticidi entro il 2030. Ma non solo. La concessione più grande è su una proposta presentata dalla Commissione Ue per tagliare, entro il 2040, le emissioni del 90% rispetto al 1990. Tra i settori che vengono risparmiati c’è proprio quello dell’agricoltura. Quindi nella proposta della Commissione non figura la riduzione delle emissioni di metano, azoto e altri gas legati all’agricoltura.  A pesare sono, senza dubbio, le prossime elezioni europee, in vista delle quali la presidente von de Leyen, che punta anche a una conferma alla guida della Commissione, vuole placare gli animi.

LE POSIZIONI FILOINDUSTRIALI DI ALEXANDER DE CROO E IL RISCHIO DI “PAUSE NORMATIVE”

Il secondo fattore è legato alla posizione marcatamente filo industriale del primo ministro del Belgio Alexander De Croo, attuale presidente di turno del Consiglio Ue per il semestre che ci porterà alle prossime elezioni. “Il 2024 – ha detto De Croo nel suo discorso di insediamento – sarà un anno cruciale. Se il 2024 ci porterà nuovamente lo slogan ‘America first’, per noi” lo slogan “sarà più che mai ‘l’Europa che conta su sé stessa’.” Il succo è che l’economia europea dovrà essere in grado di camminare sulle proprie gambe, allentando, se servirà, i lacci e i lacciuoli del Green Deal.

“Abbiamo bisogno – ha continuato De Croo – di un nuovo ‘Industrial Deal’ accanto al Green Deal. Questo non è solo vitale per la nostra prosperità, ma anche fondamentale per vincere la lotta al cambiamento climatico”. Del resto le politiche climatiche di Cina e Stati Uniti “danno molte carote alla loro industria, mentre noi, qui in Europa, troppo spesso usiamo il bastone, non limitandoci solo a fissare gli obiettivi climatici, ma definendo anche il modo in cui quegli obiettivi devono essere raggiunti”.

La firma su questo nuovo corso meno vincolante è stata la proposta di deregolamentazione delle politiche green, come parte di un intervento rivolto al settore chimico in difficoltà del Belgio. Un’anticipazione di una “pausa normativa” che Mats Engström, senior policy fellow presso lo European Council on Foreign Relations, reputa altamente dannosa per l’Ue perché “gli Stati membri riempirebbero il vuoto con le proprie leggi, e questo causerebbe la frammentazione del mercato interno”. Tutto il contrario di quello che serve per accreditare l’Ue come attore globale.

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