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Come cambia la politica estera di Israele con il ritorno di Netanyahu (i rapporti con l’Italia)

Israele Netanyahu

Israele ha scelto di virare a destra. Nella coalizione conservatrice di Netanyahu c’è spazio anche per l’ultraortodosso Ben-Gvir. Quali saranno le ripercussioni sulla politica estera?

Benjamin Netanyahu torna al governo di Israele. Sembra così finito lo stallo politico che ha portato il paese alle urne cinque volte negli ultimi quattro anni. La coalizione conservatrice dovrebbe contare su 65 dei 120 seggi della Knesset di cui 32 assegnati al partito del Premier, Likud, 14 a Sionismo religioso, 11 e 8 rispettivamente ai partiti ultraortodossi Shas e United Torah Judaism. Il quadro che emerge dalle urne è quindi quello di una poderosa virata a destra dell’elettorato israeliano. Che tipo di effetti potrà avere sulla politica estera israeliana?

Perché Israele è tornato alle urne

Netanyahu era stato estromesso dal governo nel giugno dell’anno scorso, dopo un accordo tra Naftali Bennett e Yair Lapid, che portò alla formazione di un governo di larghe intese poco stabile: è infatti arrivato al capolinea pochi mesi fa.

Chi è Ben Gvir, l’uomo dell’ultradestra che spaventa i leader stranieri

All’interno della coalizione vincitrice incuriosisce l’affermazione di Sionismo religioso, una coalizione conservatrice capeggiata dal partito Otzma Yehudit, il cui leader è Ben Gvir. Il suo profilo è quello di un conservatore ortodosso, avvocato 46enne con un passato turbolento, vive in uno degli insediamenti più integralisti di Hebron, Kiryat Arba. Ha alle spalle oltre 50 incriminazioni per incitamento alla violenza e discorsi d’odio, per 46 dei quali è stato assolto. Lui stesso ha raccontato di aver cominciato a studiare legge su suggerimento dei giudici per potersi difendere. Poco prima che l’allora premier Yitzhak Rabin venisse ucciso da un ultranazionalista, il giovane Ben Gvir apparve in video sventolando il simbolo della cadillac di Rabin. “Come siamo riusciti a raggiungere questo simbolo, possiamo raggiungere anche lui”.

I riferimenti ideologici di Ben-Gvir: da Kahane a Kiryat Arba

Ben-Gvir è stato discepolo del rabbino Meir Kahane, ortodosso americano-israeliano il cui partito, Kaj, è stato messo fuori legge e accusato di essere un’organizzazione terroristica in Israele. I sostenitori del rabbino Kahane sognavano di trasformare Israele in una teocrazia ebraica, sostenevano l’espulsione degli arabi e l’annessione forzata di tutti i Territori occupati. Nel pantheon di Ben Gvir c’è posto anche per Kiryat Arba che nel 1994 entrò nella moschea di Hebron ed aprì il fuoco contro una folla di palestinesi facendo una strage (20 vittime). Nel corso di una recente intervista ha detto che lo stragista è stato “un uomo giusto, un eroe”.

Le preoccupazioni degli USA

Il Premier, prima delle elezioni, ha promesso che darà a Ben-Gvir una posizione al governo. Preoccupazioni, come riporta l’AGI, sono state espresse dal ministro degli Esteri emiratino, Sheikh Abdullah bin Zayed (AbZ), e da parlamentari americani, come il deputato Dem Brad Sherman e il senatore Dem Robert Menendez. Peraltro la vittoria di una coalizione conservatrice capeggiata daNetanyahu non è una buona notizia la salute della relazione tra Gerusalemme e la Casa Bianca. Joe Biden e Netanyahu si mal sopportano, sin dai tempi dell’amministrazione di Barack Obama, per via, soprattutto, di opposte posizioni sull’accordo sul nucleare iraniano. Tema controverso anche nelle relazioni con l’ex premier di sinistra Lapid, teoricamente più ben disposto nei confronti dei democratici americani.

L’elezione di Netanyahu mette a rischio il dialogo tra Turchia e Israele

Turchia e Israele, lo scorso agosto, hanno nominato i rispettivi ambasciatori e scritto la parola fine su decenni di screzi diplomatici. Il riavvicinamento si deve soprattutto alla decisione di Ankara di fare retromarcia rispetto alla politica regionale votata all’estensione della sua sfera di influenza. Come scrive “Domani” la Turchia ha bisogno di Israele per almeno due motivi: per “rientrare nella partita energetica del Mediterraneo orientale con l’obiettivo di indebolire l’asse antiturco” e per “riallacciare, dopo più di dieci anni, una cooperazione militare per l’ammodernamento delle forze armate”. La vittoria della coalizione conservatrice ha rischia di compromettere le relazioni con la Turchia perché Netanyahu “ha già espresso il suo disprezzo per il processo di riavvicinamento ad Ankara” e la cooperazione energetica è meno appetibile per lo stato ebraico perché Gerusalemme già esporta il proprio gas verso l’Egitto, dove viene liquefatto per poi essere trasportato in Europa come gnl.

Le relazioni tra Israele e Italia

All’indomani della vittoria della coalizione conservatrice in Italia Yair Netanyahu, figlio dell’ex e futuro premier israeliano, salutò con entusiasmo il successo elettorale di Giorgia Meloni, anche prima dell’allora premier Lapid. “Congratulazioni a Giorgia Meloni e al suo campo conservatore”, scrisse Yair Netanyahu.

Dal canto suo la premier italiana, intervistata dal quotidiano Israel Hayom, ha sottolineato il sostegno a Israele, ha ricordato di intrattenere da tempo relazioni con il partito Likud di Netanyahu e ha annunciato il suo ritorno in Israele per avviare strategie congiunte, a cominciare da quelle per la fornitura di gas dal Mar Mediterraneo orientale.

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