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Come potrebbe essere il rapporto tra Meloni e UE. Parla il prof. Castellani

Castellani

Il rapporto tra il possibile Governo Meloni e l’UE, gli endorsement dei leader europei e gli “scandali” di fine campagna elettorale. L’opinione del prof. Lorenzo Castellani. 

Tra meno di una settimana gli elettori saranno chiamati a dare il loro voto per un nuovo Parlamento dal quale dipenderà la scelta di un nuovo Governo. Con la campagna elettorale agli sgoccioli i partiti si stanno giocando le ultime carte per assicurarsi le preferenze dei cittadini, chiedendo anche un supporto alle famiglie politiche europee. Come potrà essere il rapporto di un possibile governo Meloni con l’Europa e cosa succederà alle leadership dei partiti che non vinceranno le elezioni?

L’abbiamo chiesto al professor Lorenzo Castellani, docente di Storia e Istituzioni Politiche all’Università Luiss.

Negli ultimi giorni alcuni avvenimenti hanno acceso scosso la campagna elettorale, il caso Richetti e il caso Pisano (FdI) quale dei due secondo lei avrà un effetto maggiore sul risultato elettorale?

Io penso che non avranno grandi effetti, non li vedo come casi che possano spostare i voti. Il caso Richetti, sul quale commentare è insensato perché ci penserà la magistratura nelle sedi opportune, non mi sembra una vicenda capace di spostare molti voti. Mi pare che anche gli altri partiti abbiano maneggiato con cautela la cosa, al massimo attaccando un po’ Calenda per la retorica un po’ difensiva e maschilista. Lo stesso vale per il caso Pisano. Che in Fratelli d’Italia ci siano candidati che hanno delle simpatie nostalgiche o russofile è cosa nota a tutti. Certo queste notizie non agevolano l’operazione di moderazione della Meloni. Però non mi pare che la notizia abbia avuto un risalto tale da mettere a rischio il risultato elettorale.

Nell’ultima domenica di campagna elettorale Giorgia Meloni ha “difeso Orban” sulla condanna dell’UE e ha detto che bisognerebbe “organizzare meglio la difesa dell’interesse nazionale di fronte all’Europa”. Ecco che rapporto possiamo immaginare tra un ipotetico Governo a guida Meloni e la UE?

Su questo Meloni fa un po’ il passo del gambero, nel senso che fa una dichiarazione che sembra andare verso un ammorbidimento verso l’UE a cui segue un’altra allineata a Orban e alla difesa della sovranità. Secondo me quello che ci possiamo aspettare è un inizio difficile perché Meloni può essere guardata con un certo sospetto da leader europei che sono tutti di sinistra o di centro, Macron, Sanchez, Scholz, tutti leader che non hanno in simpatia la destra della Meloni, quella dei conservatori. Quindi Meloni dovrà faticare un po’ per farsi considerare come interlocutore credibile, nel quale dovrà ammorbidirsi. Se Giorgia Meloni avrà una maggioranza solida sarà più semplice perché non avrà bisogno di capitalizzare subito, mostrando un rapporto muscolare con l’UE. Però ricordiamo anche che FdI sarà votato anche per quello che rappresenta in termini ideologici, questa parte non potrà del tutto sparire, si potrà ammorbidire lasciando immaginare un rapporto altalenante, un rapporto più morbido rispetto alle questioni economiche e rispetto all’Ucraina, e altre politiche per le quali ci sarà maggiore frizione.

Sul caso “Orban – Meloni”, chiamiamolo così, è intervenuto anche l’ex premier Prodi sostenendo in un’intervista a “La Repubblica” che l’Italia rischia di essere emarginata dall’UE con un governo a guida Meloni. Secondo lei le preoccupazioni del professore sono fondate?

Nessuno può emarginare il terzo Paese dell’eurozona e un paese fondatore dell’UE. Emarginato è troppo, ma possibile che sia guardato con diffidenza. Giorgia Meloni ha tutti contro, quasi tutti contro nella stampa internazionale, fa parte di una coalizione di un partito avversario rispetto a quelli dei partititi che governano negli altri paesi UE e a Bruxelles. Quindi diciamo che delle difficoltà possono esserci, nessuno le tenderà la mano, sarà lei a doverla tendere agli altri, sperando che in questo le regga il fronte interno e che non ci siano troppi problemi di convivenza con Salvini o all’interno del suo stesso partito.

Prof. Castellani come dobbiamo leggere l’endorsement del segretario Spd Klingbeil a Letta? E come il messaggio di Le Pen a Matteo Salvini? Cosa significano e che effetto hanno?

Niente elettoralmente parlando, non spostano un voto. Mostrano solo un Paese che ha una classe politica provinciale che vuole essere tenuta a battesimo dai leader delle più grandi nazioni europee e cerca spasmodicamente il loro riconoscimento. E naturalmente i leader europei danno il contentino a leader che probabilmente faranno anche male alle elezioni, come Salvini e Letta, perché questo li rafforza nella loro proiezione estera. Mi sembra che sia un tentativo un po’ patetico di richiesta di endorsement da parte partiti esteri quando poi sanno che al governo al 90% non ci saranno loro.

Ha parlato del possibile risultato negativo del PD. Secondo lei quanto può essere probabile che le correnti del PD chiedano la testa di Letta?

Eh molto probabile. Se Letta dovesse fare molto male, con un PD sotto al 20%, è quasi certo che Letta non resisterà, se non qualche mese magari per traghettare il PD verso il congresso. Se Letta fa un risultato un pochino migliore, magari più simile ai sondaggi migliori che avevamo nelle ultime settimane, quindi con un PD al 23% allora il processo si può allungare e Letta può resistere fino al prossimo autunno. Però se perderà le elezioni la leadership del PD sarà segnata.

E invece la leadership di Conte quanto è solida?

La leadership di Conte è molto rafforzata. Conte, se il M5S dovesse confermarsi al 15%, può dire che ha vinto la scommessa di far cadere il governo Draghi, che ha avuto ragione di andare alle elezioni e andarci da solo. E questo lo rafforza, a questo aggiungiamo che gli eletti saranno tutte persone di sua fiducia e che ha distrutto la carriera politica di Luigi Di Maio. Conte rischia di essere uno degli elettori di queste elezioni e resterà un interlocutore a cui guardare nei prossimi mesi. Il PD post lettiano dovrà scendere a patti con il M5S di Conte con rapporti di forza modificati, potrebbe esserci il PD al 18-20 e il M5S al 16, un rapporto quasi paritario.

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