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Cosa ha fatto riaccendere lo scontro tra Israele e Gaza?

Israele Gaza

Mentre la comunità internazionale rimane a guardare continua l’escalation di violenza tra israeliani e palestinesi esplosa venerdì scorso a Gerusalemme. Ecco perché e cosa sta succedendo tra Israele e Striscia di Gaza

L’escalation di violenza tra israeliani e palestinesi a Gerusalemme è arrivata dopo settimane di tensioni culminate venerdì scorso – ultimo venerdì di Ramadan – con gli scontri sulla Spianata delle Moschee (Monte del Tempio per gli ebrei). Secondo quanto riportato dai media locali, decine di dimostranti al termine delle preghiere hanno iniziato a protestare contro lo sfratto di 70 famiglie palestinesi nel quartiere di Sheikh Jarrah, nella parte est della città.

GERUSALEMME EST

Israele, come scrive Ispi, “ha di fatto annesso Gerusalemme est nel 1980, con una mossa non riconosciuta dalla comunità internazionale e tantomeno dai palestinesi, che la vorrebbero come capitale. Da allora, le tensioni in quella parte della città non si sono più fermate (riesplodendo già nel 2017 quando Trump decise di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele)”.

Bisogna poi ricordare che “sebbene circa il 60% della popolazione di Gerusalemme est sia palestinese, dal 1991 i palestinesi hanno ricevuto solo circa il 30% dei permessi di costruzione. Il resto è andato agli israeliani”.

israele palestina

L’OPERAZIONE GUARDIANI DEL MURO

A seguito delle proteste esplose per gli sfratti, circa 250 razzi sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza verso Israele, che ha risposto con una serie di raid aerei contro 150 obiettivi del movimento islamico palestinese di Hamas in un’operazione denominata “Guardiani del Muro”. Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, nei raid sono morte almeno 24 persone, tra cui 9 bambini, e altre 103 sono rimaste ferite.

L’INSTABILITÀ POLITICA

L’escalation a cui si è arrivati è anche il risultato dell’instabilità politica che caratterizza l’area. Nei territori palestinesi non si vota da quindici anni e in Israele ci sono state quattro elezioni in tre anni. Anche alle ultime, quelle del 23 marzo scorso non è stata raggiunta maggioranza chiara.

Benjamin Netanyahu, che sperava di raccogliere molti più consensi grazie alla rapida campagna vaccinale, non avendo né raggiunto una netta maggioranza né formato una coalizione, ha rinunciato lo scorso 5 maggio all’incarico di formare un esecutivo.

Il presidente Reuven Rivlin ha quindi assegnato l’incarico a Yair Lapid, capo del partito centrista Yesh Atid, arrivato a sorpresa secondo dopo il Likud di Bibi. Se dopo 28 giorni nemmeno Lapid sarà riuscito a mettere insieme una maggioranza, gli israeliani potrebbero essere costretti a tornare al voto per la quinta volta.

Yair Lapid al seggio elettorale il 23 marzo 2021

LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

“È un momento molto delicato [nei rapporti tra israeliani e palestinesi, ndr] e siamo profondamente preoccupati per i recenti episodi di violenza”, ha detto l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell, che ha poi ricordato a proposito degli sfratti che “tali azioni sono illegali” e “servono solo ad alimentare le tensioni sul terreno”.

A parte questo, però, come fa notare Ispi, al vuoto di potere interno si aggiunge anche un vuoto di potere internazionale perché nonostante Ue ed Usa abbiano espresso preoccupazione, nessuno sembra intenzionato a intervenire e Politico incita il presidente degli Stati Uniti Joe Biden a fare un passo avanti.

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