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Cosa rischia l’economia italiana per la crisi nel Canale di Suez

canale di suez

Le azioni di guerriglia degli Houthi nel Canale di Suez  mette a rischio il commercio mondiale: le famiglie italiane rischiano più di 400 euro di aumenti annui

Gli attacchi del gruppo armato yemenita Houthi nel Canale di Suez stanno mettendo a repentaglio il commercio mondiale. Dalla metà di novembre gli Houthi sono entrati a gamba tesa nel già incandescente teatro di guerra palestinese: gli yemeniti hanno lanciato missili contro Israele (tutti intercettati dal sistema di difesa israeliano) e intensificato gli attacchi, attraverso droni e motovedette, contro le navi commerciali di tutte le nazionalità che attraversano il Mar Rosso, costringendo alcuni tra i colossi della navigazione come Bp e Msc a circumnavigare l’Africa allungando il viaggio di circa due settimane. È bene ricordare che dal Canale di Suez passa circa il 12% del commercio mondiale e ben il 40% (per circa 155 miliardi di dollari) di import-export italiano.

CHI SONO GLI HOUTHI E PERCHÉ STANNO ATTACCANDO LE NAVI COMMERCIALI OCCIDENTALI NEL CANALE DI SUEZ

Gli Houthi sono un gruppo armato yemenita composto principalmente di combattenti della confessione zaydita, una branca minoritaria dell’Islam sciita, ma sono presenti anche elementi di altri gruppi religiosi. Gli Houthi derivano dalla “Gioventù credente”, un’associazione nata nel nord dello Yemen per dare vigore alla rinascita dello zaydismo, fermare l’emarginazione politico-religiosa e arrivare all’autonomia delle terre del nord. Il gruppo, con posizioni anti Usa e anti Israele, e vicino alle istanze iraniane, negli anni si ritaglia un ruolo anche sullo scacchiere geopolitico.

Le azioni degli Houthi, che negli anni hanno migliorato le proprie capacità militari, sono dirette a imbarcazioni in transito sul Mar Rosso e alle infrastrutture petrolifere saudite. Infatt,i nel gennaio del 2022 il gruppo rivendica un attacco negli Emirati Arabi Uniti, tra i protagonisti della Coalizione anti-Houthi nello Yemen. Gli Houthi stanno dando un contributo anche alla guerra in atto tra Israele e Palestina: gli yemeniti hanno rivendicato il lancio di missili contro Israele e attacchi contro navi al largo delle coste dello Yemen, nel Mar Rosso, in segno di solidarietà con i palestinesi.

LA REAZIONE DEGLI USA: PROSPERITY GUARDIAN

La reazione degli occidentali, capeggiati dagli Stati Uniti, non si è fatta attendere. A metà dicembre ha lanciato l’iniziativa Prosperity Guardian con l’obiettivo di garantire la sicurezza delle navi commerciali e delle petroliere che transitano nel mar Rosso. In quest’ambito, a cavallo tra l’11 e il 12 gennaio, un raid statunitense ha provato a distruggere le basi dei ribelli sulle cui teste è caduta anche la ferma condanna delle Nazioni Unite con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza del 10 gennaio.

CRISI NEL CANALE DI SUEZ: LE RIPERCUSSIONI SULL’ECONOMIA EUROPEA

Le preoccupazioni mondiali riguardano una nuova escalation della crisi in Medio Oriente insieme al contraccolpo economico. “Le conseguenze potrebbero materializzarsi nelle prossime settimane”, ha detto il commissario Ue agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, avverte. “Per noi europei il transito da Suez e Bab al-Mandab è fondamentale per i commerci tra il nostro continente e l’Asia”, ha detto l’analista CESI Giuseppe Dentice.

I RISCHI PER L’ECONOMIA ITALIANA

Le preoccupazioni arrivano an che dalla politica. “I rischi sono soprattutto economici, perché un viaggio facendo il periplo dell’Africa costa molto più di uno che attraversa il Canale di Suez – ha vicepremier e ministro degli esteri Antonio Tajani -, aumentano i costi delle assicurazioni delle navi e dei prodotti che vengono esportati o importati e noi siamo un Paese esportatore, visto che l’export è il 40 per cento del nostro Pil”. I dati sono dalla sua parte: oggi attraversano il canale solo 250 navi, contro le oltre 400 di prima delle tensioni.

ASSOUTENTI: LA CRISI NEL CANALE DI SUEZ PUÒ COSTARE PIÙ DI 400 EURO A FAMIGLIA

La distanza geografica non corrisponde a una distanza reale tra il nostro paese e la complicata situazione nel Mar Rosso. “Il danno economico è già iniziato per i nostri porti – ha aggiunto il ministro Tajani -, soprattutto quelli del Sud, ma anche quello di Genova”. Ma non è preoccupata solo la politica. L’associazione Assoutenti ha stimato che la crisi nel Mar Rosso si ripercuoterà nelle tasche degli italiani: un rincaro del 10% sulla benzina corrisponde a una spesa di 213 euro in più in un anno, così come un aumento dello stesso importo sul gas porterebbe a una maggiore spesa annua di 200 euro.

Ma tutti i beni di consumo sono a rischio rincari perché il 12% del commercio mondiale attraversa il Canale di Suez. “Il Mar Rosso è una rotta strategica per l’Italia dove transita il 40% del nostro import-export marittimo per un totale di 154 miliardi di euro– leggiamo su QuiFinanza -. I cambi di rotta operati nelle ultime ore dalle navi in transito nella zona determinano un forte incremento dei costi di trasporto e pesanti ritardi nelle consegne che, unitamente ai rialzi dei carburanti, potrebbero riflettersi in modo diretto sui prezzi al dettaglio delle merci vendute in Italia dando vita ad una spirale inflattiva”. Per una famiglia con due figli, secondo le stime di Assoutenti, l’aumento di un punto percentuale del tasso di inflazione si traduce in un incremento della spesa pari a +411 euro all’anno.

LE PREOCCUPAZIONI DELLA COLDIRETTI: A RISCHIO LE ESPORTAZIONI AGROALIMENTARI VERSO LA CINA (CHE VALGONO 570 MILIONI DI EURO)

Il 40% dell’import-export italiano passa per il Canale di Suez. “L’allungamento delle rotte marittime tra Oriente e Occidente, costrette ad evitare il Canale di Suez a causa dei ripetuti attacchi terroristici hanno portato ad aumenti vertiginosi del costo dei trasporti marittimi che arrivano fino a raddoppiare ma aumentano di circa due settimane anche i tempi di percorrenza”. Questo è l’allarme lanciato dalla Coldiretti preoccupata per i possibili rincari generalizzati e per la salvaguardia dell’export italiano.

“Le destinazioni interessate sono quelle asiatiche, verso le quali l’Italia ha esportato oltre 217 milioni di chili di frutta, di cui oltre 182 milioni di chili mele, con principali destinazioni l’Arabia Saudita (oltre 66 milioni di chili di mele), l’India (oltre 51 milioni di chili di mele) e gli Emirati Arabi (oltre 15 milioni di chili di mele)”. Ma sono tanti i beni del made in Italy che rischiano di rimetterci da un rallentamento delle esportazioni: nella sola Cina, le esportazioni agroalimentari valgono oltre 570 milioni di euro all’anno (112 milioni di euro solo dal vino).

COSA VUOL DIRE BLOCCARE IL CANALE DI SUEZ: IL PRECEDENTE 2021

Il commercio mondiale ha capito cosa vuol dire il blocco del Canale di Suez nel 2021. Il 23 marzo 2021, la Ever Given, che misura 400 metri di lunghezza e può trasportare fino a 20.000 Teu si incagliò sulla sponda orientale del canale e lì rimase per sei giorni, bloccando il Canale, finché non fu liberato il 29 marzo 2021. Diverse le stime circa le perdite economiche, a causa delle centinai di navi bloccate nel canale, avvenute in quei sei giorni. L’agenzia Bloomberg ha stimato perdite per 9,6 miliardi di dollari al giorno: 5,1 miliardi di dollari generati dal traffico che va dal Mediterraneo verso l’oceano Indiano e 4,5 miliardi quello relativo alla direzione opposta. La Allianz, è stata più cauta, e ha limitato le stime a una somma tra i 6 e i 10 miliardi dollari a settimana.

– Leggi anche: Mar Rosso, dieci cose da sapere sul conflitto con gli Houthi

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