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Cosa sta succedendo in Myanmar

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Proseguono le proteste nel Paese mentre si svolge in gran segreto il processo alla leader del Myanmar Aung San Suu Kyi. Prima vittima una ragazza di vent’anni

La leader del Myanmar Aung San Suu Kyi, dopo essere stata arrestata durante il colpo di Stato del 1° febbraio per mano dell’esercito, si trova ancora in detenzione nonostante le proteste e la richiesta di rilascio da parte del Consiglio dei diritti umani dell’Onu – dalla cui risoluzione si sono dissociate Cina e Russia.

IL PROCESSO SEGRETO AD AUNG SAN SUU KYI

Il 16 febbraio è iniziato in segreto il processo contro Suu Kyi, così in segreto che all’udienza non era presente nemmeno il suo avvocato, il quale non era stato avvisato e, quando è arrivato, la prima udienza si era già conclusa.

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Le accuse rivolte alla leader birmana riguardano l’importazione illegale di sette radio walkie-talkie trovate nella sua casa e un nuovo capo d’imputazione sopraggiunto martedì scorso: “aver violato la legge sulla gestione delle catastrofi naturali” per aver incontrato con una folla di persone durante la pandemia. Tali accuse farebbero rischiare a Suu Kyi condanne rispettivamente a 6 anni e a 3 anni di carcere.

LA TENSIONE SALE

Intanto, il 13 febbraio Reuters ha fatto sapere che la giunta militare ha sospeso senza limiti di tempo le leggi che impediscono la detenzione di persone sospettate di reati e le perquisizioni all’interno di proprietà private. Le forze armate presidiano le città, gli arresti arbitrari si fanno sempre più frequenti e gli oppositori rischiano fino a vent’anni di reclusione. Sono previste pene detentive e multe anche per coloro che incitano all’odio nei confronti dei leader del colpo di Stato.

La repressione è sempre più dura. Lunedì scorso i militari hanno represso una manifestazione nella città di Myitkyina sparando gas lacrimogeni e proiettili, non è chiaro se di gomma o di metallo. Ed è arrivata ieri la notizia che la ragazza di 20 anni colpita alla testa da un colpo di arma da fuoco la scorsa settimana è deceduta, facendo registrare così la prima vittima.

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Nonostante i carri armati e la richiesta di fornire informazioni utili per la cattura dei dissidenti, i birmani continuano a scendere in strada per manifestare. Tom Andrews, relatore delle Nazioni Unite per i diritti umani nel Myanmar, ha dichiarato che “in passato, simili movimenti di truppe hanno preceduto uccisioni, sparizioni e arresti su vasta scala”.

IL BLACKOUT DI INTERNET

Le forze armate dal 15 febbraio hanno inoltre istituito un blackout notturno di internet. Il fornitore norvegese di servizi di telecomunicazioni Telenor, attivo nel Myanmar, ha comunicato di aver ricevuto l’indicazione dalla giunta di bloccare l’accesso a internet per un periodo non precisato.

L’esercito birmano, durante la prima conferenza stampa che ha tenuto questa settimana, ha dichiarato di non aver compiuto nessun colpo di Stato e che si impegna a tenere presto nuove elezioni senza però indicare alcuna data e confermando lo stato di emergenza per un anno.

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