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Guerra in Medio Oriente: quali rischi per i prezzi di gas e benzina?

La guerra in Palestina causerà tensioni sul prezzo dell’energia. Dal gas al petrolio il rischio è quello di assistere a un aumento generalizzato dei prezzi beni energetici come durante le prime fasi della guerra in Ucraina
A circa un anno e mezzo dalla deflagrazione del conflitto in Ucraina si è aperto il nuovo fronte della guerra in Palestina. Un attacco terroristico di Hamas alla frontiera della Striscia di Gaza ha riacceso la conflittualità con i vicini israeliani riaprendo la mai ricucita ferita nel Medioriente. Già tante le vittime di questo ennesimo capitolo del conflitto arabo-israeliano, numeri destinati ad aumentare in vista della prevedibile risposta di Israele che, al momento, ha tagliato luce, gas, acqua e rifornimento di cibo nei territori di Gaza.
LE RIPERCUSSIONI ECONOMICHE DELLA GUERRA
La solidarietà dei paesi occidentali non ha tardato ad arrivare, in Europa, però, la preoccupazione è alta anche per le ripercussioni economiche che ne potrebbero derivare. La pandemia del 2020 e la guerra in Ucraina hanno portato in alto il prezzo dell’energia e acceso la miccia dell’inflazione che nel 2022 è arrivata in doppia cifra per poi scendere molto lentamente.
IL RISCHIO DI SHOCK ENERGETICO
In maniera simile a quanto accaduto all’esordio della guerra tra Russia e Ucraina anche in questi giorni la guerra nella Striscia di Gaza ha avuto impatti sul prezzo del gas arrivato a oltre 40 euro. “La situazione è preoccupante, seppure non allarmante come accaduto 50 anni fa quando l’Europa e l’Italia vissero un vero e proprio choc energetico – ha detto il prof. Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia a La Stampa -. L’Arabia Saudita che all’epoca decise l’embargo ora è dalla nostra parte. Detto ciò, siamo ancora e sempre più dipendenti da gas e dall’energia sia dal Medio Oriente che dal Nord Africa e non va bene. Perché l’Europa si distrae enormemente, parla di transizione ecologica, di cambiamento climatico. Tema che, seppure molto importante, non è alla nostra portata, tanto è vero che il Vecchio Continente incide per il 7% sulle emissioni di Co2”.
L’IRAN È IL SETTIMO PRODUTTORE AL MONDO DI PETROLIO
Israele e Palestina non producono petrolio, ma se la guerra dovesse durare a lungo inevitabilmente le tensioni, anche solo economiche, si estenderebbero a tutta la regione del Medio Oriente che da sola offre del greggio del mondo. Del resto, l’Iran è il settimo produttore mondiale di petrolio. Da Teheran è arrivata una smentita circa un coinvolgimento diretto ma le reazioni dopo l’attacco di Hamas lascerebbero pochi dubbi.
L’AUMENTO DEL COSTO DEL GREGGIO COME CONSEGUENZA DELLA GUERRA
Se il coinvolgimento dell’Iran dovesse essere acclarato le esportazioni di petrolio di Teheran potrebbero cessare costringendo tutti i paesi importatori a chiedere all’Arabia Saudita di aumentare la produzione, alzando, ovviamente, i costi. “La situazione di emergenza – ha detto il ministro Adolfo Urso – rischia di far esplodere altre problematiche, mi riferisco a quello dell’energia, come accaduto per la guerra della Russia in Ucraina, per l’approvvigionamento di gas e petrolio.
Da quei paesi giungono altre risorse alla nostra Europa. Dobbiamo capire e comprendere anche se dobbiamo pensare all’autonomia strategica del nostro continente per l’approvvigionamento energetico ma non solo”. I Ministero del Made in Italy ha pubblicato una nota nella quale ha sottolineato che la tendenza dei prezzi dei carburanti “al ribasso potrà purtroppo subire delle conseguenze negative a causa delle turbolenze sui mercati derivanti dall’attacco di Hamas a Israele e da quanto potrà conseguirne, come si evidenzia anche dall’impennata del prezzo del Brent nella giornata di oggi, cresciuto a più di 87 dollari”.
I SABOTAGGI FANNO AUMENTARE IL PREZZO DEL GAS
A pesare sull’aumento delle risorse energetiche ci sono anche gli atti di sabotaggio di cui possono essere vittime i gasdotti. Probabilmente è quello che è accaduto al Baltic Connector, il gasdotto che collega la Finlandia con l’Estonia, e che ha registrato una perdita di gas. Il primo ministro Petteri Orpo ha detto che è probabile che il danno al gasdotto ed al cavo di comunicazione “sia il risultato di un’attività esterna”. Sospetto che ha fatto impennare il prezzo del gas in Europa: i future Ttf sono aumentati sul mercato di Amsterdam del 12% a 49,31 euro al megawattora.