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La miglior difesa è l’attacco: l’avallo Ue all’incursione ucraina di Kursk
Attacco di Kursk. L’Ue riconosce il diritto dell’Ucraina a difendersi, anche attaccando il territorio russo purché non utilizzi, per offendere, le armi che l’Unione europea le ha donato
La guerra è guerra e la difesa si esercita anche attaccando. È questa la versione dello stretto collaboratore di Zelensky, Mykhailo Podolyak sull’attacco ucraino a Kursk. Questo approccio è stato sposato anche dall’Ue che ha dato il suo avallo all’attacco ucraino che ha causato 5 vittime e 31 feriti.
Absolutely calm, balanced, objective, and based on an understanding of the spirit of international law and the principles of defensive warfare – this is the international response to the events in the #Kursk region of the Rf. Unexpected, but extremely revealing and demonstrative.…
— Михайло Подоляк (@Podolyak_M) August 8, 2024
L’UE APPOGGIA L’UCRAINA A KURSK MA NON È PARTE IN CAUSA
Se la notizia sparisce dalla prima pagina di Repubblica, che preferisce dedicarsi a questioni di politica interna e vaticana, non è così per il giornale dei vescovi che dedica all’attacco di Kursk l’apertura del quotidiano. Luca Geronico riporta le parole di Peter Stano, portavoce della Commissione Ue. “L’Ue, ché ha appoggiato l’operazione dell’Ucraina, fa sapere che «siamo in contatto permanente Kiev dall’inizio dell’invasione anche perché da anni la Russia ha dimostrato un comportamento pericoloso per l’Europa» – ricorda Avvenire -. L’Ue precisa il portavoce Stano non è «parte in causa», ma sostiene «al 100% gli sforzi di Kiev per recuperare la sovranità sul proprio territorio». Un nuovo fronte, in una partita sempre più complessa. I primi caccia F-16 forniti da Paesi occidentali hanno sorvolato la regione di Kherson. «Gli F-16 sono già nei cieli ucraini e ce ne saranno altri», esulta Zelensky”.
LA PICCOLA INCURSIONE (NON UN ATTACCO) DI KURSK: I DUE PROBLEMI CHE ZELENSKI NON VEDE
L’attacco di Kursk diventa una “piccola incursione” nelle parole di Stefano Stefanini su La Stampa. “Il diritto all’autodifesa si esercita anche contrattaccando – spiega Stefanini -, specie ad invasione ancora in corso”. Tuttavia, l’ex ambasciatore Stefanini rintraccia almeno due problemi. “Il primo riguarda l’uso di armi fomite all’Ucraina con l’esplicita condizione che non vengano usate contro obiettivi in territorio russo – scrive l’editorialista -. Se nell’incursione verso Kursk fossero stati utilizzati sistemi d’arma soggetti a tale condizionamento – in un’operazione di così limitate dimensioni potrebbe averne fatto a meno – l’Ucraina si troverebbe in violazione di uno specifico impegno contrattuale”.
Il secondo problema è di natura politica. “L’incursione aiuta l’Ucraina nei confronti della Russia messa così in allarme, e può rafforzarne la posizione in vista di futuri negoziati di cui si comincia a parlare anche a Kiev, e neanche troppo sommessamente – illustra Stefanini -. Una Russia vulnerabile a controffensive ha un incentivo a porre fine alla guerra. Non ci arriva solo subendo e difendendosi passivamente. L’Ucraina deve però stare attenta a non perdere la fiducia degli alleati che le sono indispensabili per la difesa, per i negoziati e per il suo futuro. Il suo diritto all’autodifesa, contrattacchi compresi, è indiscutibile, ma le condizioni all’uso delle armi che riceve vanno rispettate”.
L’ATTACCO DI KURSK SERVE A CAMBIARE LE REGOLE DEL GIOCO
Torna sul tema anche Lorenzo Cremonesi e lo fa con due articoli sul Corriere della sera. In un primo spiega le ragioni che sono dietro l’attacco di Kursk. La prima è prendere il controllo della “stazione di controllo del gasdotto nei pressi della cittadina di Sudzha (a 8 chilometri dal confine), dove transita circa la metà del gas russo diretto in Europa”. Questo per “bloccare il flusso del gas come arma per costringere Putin a negoziare da una posizione di debolezza”. Dall’altro l’obiettivo sarebbe prendere il controllo “della grande centrale nucleare di Kursk” al fine di preparare “una «Zaporizhzhia russa»?”.
Cremonesi si riferisce alla centrale ucraina occupata dai soldati russi nel marzo 2022 “e da allora al centro delle preoccupazioni internazionali a causa di un possibile incidente atomico provocato dai combattimenti tutto attorno”. Nel secondo pezzo, un’intervista a Roman Hryhorovych, l’esperto di questioni militari ucraine e “volontario nella guerra del 2014, prigioniero dei russi poi liberato in uno scambio e assurto al grado di colonnello”, spiega che l’attacco, concordato con Washington, serve a cambiare le regole del gioco “costringe i russi a reagire in difesa: noi riprendiamo l’iniziativa, allunghiamo i settori delicati del fronte, creiamo il caos nei comandi russi, che adesso sono costretti a indebolire i loro contingenti nel Donbass per tappare le falle a Sumy”.
CAMBIO DI PROSPETTIVA AL FATTO QUOTIDIANO: IERI ANTIPASTO DELLA DEBACLE UCRAINA OGGI AVANZATA PER DECINE DI KM
Se solo ieri il Fatto quotidiano ricordava che la battaglia di Kursk nella Seconda guerra mondiale fu fatale per gli sfidanti della ‘gloriosa’ Armata Rossa, oggi i toni cambiano e quella di Kiev diventa un’avanzata per “decine di km a Kursk”, come scrive Iaccarino. Cos’è cambiato tra ieri e oggi? È arrivato il riconoscimento dell’Ue al diritto di Kiyv di difendersi. “L’Ue non si sottrae al riconoscimento dell’irruzione dei gialloblù in territorio nemico – scrive il Fatto quotidiano -: rientra nel “legittimo” diritto all’autodifesa, gli ucraini, ha detto ai giornalisti a Bruxelles il portavoce per gli Affari esteri dell’Ue, Peter Stano, hanno
“il diritto di colpire il nemico ovunque ritengano necessario”; (versione contestata dai capigruppo del Movimento 5 Stelle delle Commissioni E-steri e Difesa)”. A spiegare che quest’avallo è l’ennesima dimostrazione del fatto che l’Ue è in guerra con la Russia ci pensa l’editoriale del direttore Marco Travaglio. “L’Ucraina è fallita da ben prima del 2022 – scrive nell’editoriale -, tenuta in vita artificialmente dai miliardi Usa, Ue e Nato, ma grazie a loro ha l’esercito più armato d’Europa. Nulla di ciò che sta facendo sarebbe possibile senza i nostri soldi e armamenti, anche italiani. Che, non essendo tracciati, possono benissimo essere usati per colpire in Russia e in Africa. In guerra con la Russia ci siamo eccome. Se non vogliamo esserci più, abbiamo una sola cosa da fare: ricordarci dell’articolo 11 della Costituzione e smettere immediatamente di armare Zelensky”.