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Per Fitto e Ribera è un sì ma la Commissione von der Leyen non è al sicuro
In tarda serata arriva il sì per i due nuovi vicepresidenti esecutivi Raffaele Fitto e Teresa Ribera. Una trattativa complessa la cui soluzione non mette completamente al sicuro la commissione di Ursula von der Leyen
Dopo lunghe trattative, finalmente, i gruppi parlamentari europei hanno trovato l’accordo sui due nomi, ognuno a modo suo, più controversi della Commissione Ursula bis: Raffaele Fitto e Teresa Ribera. Profili distanti, una socialista e un esponente di primo piano di Fdi ed Ecr, ma destini intrecciati a causa delle minacce di veti incrociati.
“L’ultimo braccio di ferro tra popolari e socialisti sulla vicepresidente esecutiva Teresa Ribera con ricadute su Raffaele Fitto ed Henna Virkkunen è finito con il via libera dei tre a tarda sera”, scrive Francesca Basso sul Corriere della Sera. Prima di Fitto e Ribera, poche ore prima, erano stati promossi altri tre vicepresidenti esecutivi: Kaja Kallas, Roxana Mînzatu, Stéphane Séjourné.
CHI HA DETTO SÌ A FITTO E RIBERA
A dire sì all’ex ministro italiano, e profilo tra i più istituzionali della “scuderia Meloni”, il Ppe, S&D, Renew, Ecr, Patrioti e Sovranisti. A votare contro, invece, Verdi e Sinistra, formazione di cui fa parte anche il M5S. Un parterre meno ampio per la neo vicepresidente esecutiva spagnola, a lei sono arrivati i voti di Ppe, S&D, Renew, Verdi e Sinistra. “Fortunatamente la rissa tra galletti europei che, come i polli di Renzo, si beccano mentre vanno al macello si è risolta – scrive Andrea Bonanni sulla prima pagina di Repubblica -. Socialisti e popolari hanno trovato un accordo e i vicepresidenti della Commissione europea saranno approvati in blocco. Compreso il meloniano Fitto, compresa la socialista spagnola Ribera”.
IL SÌ A FITTO GRAZIE ALLE BUONE RELAZIONI TRA MELONI E VON DER LEYEN
Un successo per il governo Meloni che ora porta a casa una delle sei vicepresidenze della Commissione. E che le Premier celebra sui social con tweet carico di soddisfazione.
Raffaele Fitto è stato confermato nel ruolo di Vicepresidente esecutivo della Commissione europea. Quest’importante incarico attribuito al Commissario designato dall’Italia è una vittoria di tutti gli italiani, non del Governo o di una forza politica. Abbiamo ottenuto un… pic.twitter.com/h3FTmvp2rW
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) November 20, 2024
Un risultato che sarebbe arrivato, come scrive Pietro Guastamacchia sul Foglio, grazie ai buoni rapporti della premier con la commissaria von der Leyen. “A mettere in cassaforte il ruolo del ministro meloniano sarebbe stata la stessa von der Leyen, che a più riprese lo ha difeso dalle richieste di socialisti e liberali di stracciare l’accordo preso con Giorgia Meloni – scrive Guastamacchia -. Lo scenario che emerge nei dettagli della trattativa che ha portato a un patto tra socialisti, liberali e popolari a Bruxelles è quello di un “patto di ferro” tra von der Leyen e la premier italiana, nato proprio a luglio, quando le sinistre europee brindavano alla vittoria per aver isolato Giorgia Meloni a Bruxelles. Stando a fonti interne alla trattativa, von der Leyen avrebbe più volte ribadito il suo accordo con Meloni, parlando di una “responsabilità” assunta in un momento in cui la leader italiana era stata “isolata e umiliata” in modo tale da rendere impossibile trovare un bilanciamento politico senza riportare Roma in gioco”. Un metodo, quello utilizzato dalla Premier “Prima voto contro poi se ottengo ciò che chiedo voto a favore”, del quale Veronica De Romanis, su La Stampa, intravede i limiti. “Questa procedura potrebbe rivelarsi vincente nel breve termine. Nel medio termine, tuttavia, è miope. Genera incomprensione tra i cittadini, frustrazione tra le famiglie politiche a Bruxelles e, infine, mina la fiducia tra Paesi membri. Peraltro, rischia di essere controproducente proprio per chi lo persegue”.
LE TENSIONI SU FITTO E RIBERA FRUTTO DI UNA LOTTA INTERNA AL PPE
Ma quanto vale la poltrona guadagnata dal nostro paese. “Una poltrona che non conta nulla quando ci si è seduti sopra, ma da cui avrebbe fatto malissimo essere sloggiati per indegnità politica”, continua Andrea Bonanni. La trattativa, secondo quanto scrive Repubblica, sarebbe stata particolarmente malmostosa a causa di tensioni interne al PPE. “Ursula von der Leyen esce vincente dall’ennesimo trabocchetto che le aveva teso il suo compagno di partito, il leader dei popolari Manfred Weber – leggiamo su Repubblica -. Cinque anni fa, Weber avrebbe dovuto diventare presidente della Commissione ma Ursula, con l’appoggio di Merkel e di Macron, gli soffio il posto. Da allora l’esponente bavarese della Csu cerca vendetta. Senza riuscirci. Questa volta aveva aizzato i popolari spagnoli a sparare contro la candidatura della loro connazionale socialista, Ribera”.
PASSANO FITTO E RIBERA MA LA COMMISSIONE RESTA A RISCHIO
Tutto risolto, quindi, per la prossima Commissione von der Leyen? Non proprio. “Ursula von der Leyen potrebbe ritrovarsi con una maggioranza molto diversa nel voto del Parlamento europeo del 27 novembre che deve confermare la sua nuova squadra – scrive David Carretta su Il Foglio -. Escono i Verdi e una parte dei socialisti ed entra una conseguenza del patto negoziato tra Manfred Weber per il Ppe, Iratxe García Pérez per i socialisti e Valérie Hayer per i liberali di Renew, con la benedizione di Pedro Sánchez, Giorgia Meloni e di von der Leyen. L’intesa ha provocato una rivolta interna al gruppo socialista, mentre i Verdi di fatto sono già esclusi dalla maggioranza. L’Ue nei prossimi cinque anni sarà molto più a destra e probabilmente molto più instabile”. In vista del voto in plenaria del 27 novembre sull’intera Commissione non ci sono certezze “salvo il fatto che a von der Leyen basterà la maggioranza semplice per passare”. Il sì ai due nuovi vicepresidenti esecutivi ha causato un piccolo terremoto proprio tra i socialisti. “La priorità della capogruppo socialista, Iratxe García Pérez, era salvare la sua connazionale e compagna di partito Ribera. Ma la sua decisione di cedere al ricatto del Ppe, accettando di sostenere Fitto, ha provocato una rivolta interna al gruppo. Le delegazioni francese, belga e dei paesi nordici sono sul piede di guerra. L’eurodeputato Christophe Clergeau ha ricordato l’impegno assunto da tutti i socialisti europei a Berlino prima delle elezioni europee di fronte agli elettori: “Non coopereremo mai né formeremo una coalizione con l’estrema destra”, scrive ancora Carretta. Peggio va con i socialisti tedeschi dell’Spd “già in campagna elettorale, potrebbero votare contro la von der Leyen”.