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Boris Johnson

Perché il governo di Boris Johnson perde pezzi?

Il governo di Boris Johnson conta oltre 150 ruoli totali comprese le poltrone di minor peso, già una trentina le dimissioni. Ma il vero organismo di potere è il consiglio di gabinetto che al momento conta due defezioni: Rishi Sunak e Sajid Javid

Di momenti critici il premier Boris Johnson ne ha passati davvero parecchi, dalla proposta di raggiungere l’immunità di gregge col Covid alle prime contromisure contro il virus solo dopo averlo sperimentato in prima persona sui propri polmoni, tanto da essere ricoverato in terapia intensiva, fino al recente scandalo dei party in pieno lockdown. Secondo le 115 pagine del rapporto intitolato ’Coronavirus: le lezioni apprese fino ad oggi’, la gestione della prima fase della pandemia da Covid-19 è stato  ’’uno dei peggiori fallimenti della salute pubblica nella storia del Regno Unito’’. Eppure il leader Tory è sempre rimasto al suo posto, confermandosi come uno dei primi ministri britannici più discussi e criticati di sempre. Adesso, però, potrebbe anche essere arrivato al capolinea…

Il nuovo inciampo, che rischia di costargli la permanenza al numero 10 di Downing Street, riguarda la gestione del caso Chris Pincher, deputy chief whip e fedelissimo del premier costretto a dimettersi la settimana scorsa per aver palpeggiato due uomini, fra cui un collega deputato, in un club per uomini.  Johnson ha dovuto ammettere di essere a conoscenza delle condotte moleste del compagno di partito ben prima della nomina, nel 2019: “Con il senno di poi avrei dovuto realizzare che Chris Pincher non sarebbe cambiato”, ha provato a scusarsi il premier assicurando di non voler dare spazio ad alcun sospetto “predatore sessuale” nel suo esecutivo.

Le dimissioni sembrano una emorragia. Dopo gli addii di ieri sera del ministro della Sanità Sajid Javid e del cancelliere dello Scacchiere – equivalente del nostro ministro dell’Economia – Rishi Sunak, sono usciti Michael Gove, responsabile del Livellamento delle Disuguaglianze Territoriali; Stuart Andrew, ministro per l’edilizia abitativa; Will Quince, viceministro responsabile del dossier della Famiglia e dell’Infanzia; Laura Trott, sottosegretaria ai Trasporti,  Robin Walker, viceministro per gli Standard della Scuola e infine John Glen, sottosegretario al Tesoro, che in una lettera dai toni molto duri ha affermato che “il Paese merita di meglio” per via dello “scarso giudizio” mostrato dal primo ministro. Se ne sono andati anche dieci sottosegretari.

Il governo di Boris Johnson conta oltre 150 ruoli totali comprese le poltrone di minor peso, ma il vero organismo di potere è il consiglio di gabinetto che al momento conta le due defezioni di Sunak e Javid. Tuttavia, c’è l’incognita dei parlamentari che potrebbero smettere di sostenere, con la fiducia, BoJo. E qui la situazione si fa molto più traballante, perché il premier è già scampato per il rotto della cuffia alla richiesta di dimissioni esattamente un mese fa, per l’affaire Partygate e allora i voti che era riuscito a raccogliere (211  a favore e 148 contrari) avevano fatto comprendere come fosse a rischio la stabilità della sua leadership.

Del resto lo scandalo delle feste illegali a Downing Street durante i lockdown proclamati dallo stesso Boris Johnson e fatti rispettare col pugno di ferro dalla polizia britannica non è stato dimenticato dagli inglesi, anche perché si è conclusa solo poche settimane fa l’indagine della Metropolitan Police, che ha multato Johnson e la moglie, mentre il rapporto di Sue Gray, l’alta funzionaria incaricata di fare luce sul “partygate” che ha sottolineato il forte consumo di alcolici e tutte le violazioni delle regole, continua a essere brandito dagli avversari come un’arma. Il leader laburista Keir Starmer chiede al Consiglio dei ministri di rimuovere Johnson dal suo incarico nell’interesse nazionale adducendo come lo scandalo dei party abbia dimostrato ormai come BoJo sia un “bugiardo seriale” e “psicologicamente incapace di cambiare”.

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