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Perché il Parlamento europeo ‘banna‘ Amazon

Amazon

Dall’Eurocamera divieto di ingresso ai lobbisti di Amazon. Ecco i dettagli

Cartellino rosso. Il Parlamento europeo ‘banna’, chiude le porte ad Amazon. Nel vero senso della parola. I rappresentanti della piattaforma di Jeff Bezos infatti non potranno più accedere alle sedi dell’Eurocamera, dopo la decisione – annunciata da Dragos Pîslaru (Renew), presidente della commissione per gli affari sociali e l’occupazione – di revocare 14 badge ad altrettanti lobbisti regolarmente accreditati e registrati nell’apposito registro europeo dei gruppi di interesse.

I MOTIVI DELLA REVOCA DEI BADGE AI LOBBISTI DI AMAZON

Il motivo? A spiegarlo è lo stesso Pîslaru:”Il rifiuto di Amazon di impegnarsi in un dialogo pubblico con i legislatori – ha precisato – ha reso impossibile per gli eurodeputati e i cittadini europei ottenere resoconti di prima mano dal management dell’azienda sulle pressanti domande e accuse riguardanti la violazione da parte di Amazon dei diritti fondamentali di riunione, associazione, contrattazione collettiva e azione come nonché condizioni di lavoro giuste ed eque. Il dialogo, la trasparenza e il rispetto per i cittadini dell’UE sono valori non negoziabili nell’Unione europea e tutte le parti interessate, senza eccezioni, devono rispettare loro e il Parlamento europeo in quanto istituzione democratica chiave”.

Da settimane si cercava un interlocutore per affrontare il tema, senza risultato. L’azione dei sindacati di categoria, e in particolare quello di Uni Europa, che rappresenta molti dei dipendenti di Amazon nell’Ue, ha indotto i parlamentari europei a richiedere l’intervento degli uffici competenti.

I RIFIUTI DI AMAZON E LA VIOLAZIONE DEL CODICE ETICO

“I questori – ricostruisce La Stampa – hanno avviato l’iter, e spetterà adesso al segretariato generale del Parlamento europeo stabilire per quanto tempo i lobbisti di Amazon saranno messi al bando. (…) Bruxelles è, dopo Washington D.C., il secondo centro di lobby al mondo. L’attività di lobby non è un qualcosa di negativo. Al contrario, è una parte fondamentale del processo di definizione di direttive e regolamenti Ue. La Commissione, prima di avanzare una proposta legislativa, è solita avviare una consultazione con i cosidetti «stakeholders», ossia le parti interessate dal provvedimento oggetto di studio. (…)

Perché questo dialogo avvenga però ogni portatore di interesse deve registrarsi su un apposito registro europeo, fornendo le informazioni utili e sottoscrivendo un codice etico. (…) Rifiutandosi di partecipare a questo confronto aperto e trasparente Amazon avrebbe violato questo codice etico. Da qui la decisione di ritirare i badge permanenti e far scattare la messa al bando dell’azienda e dei suoi rappresentanti”.

I PRECEDENTI

Non è la prima volta che si verifica un caso di impresa a cui è stato vietato l’ingresso in Parlamento europeo: un’analoga decisione la stessa istituzione Ue l’aveva già adottata nel 2017 nei confronti di Monsanto, sempre per lo stesso motivo. I rappresentanti di Monsanto si rifiutarono di comparire di fronte al Parlamento europeo dopo che sui mezzi di informazione comparvero accuse e denunce di stesura e redazione di documenti tecnico-scientifici sul glifosato, con l’intento di influenzare il dibattito europeo sull’autorizzazione o il divieto dell’erbicida usato in agricoltura.

LA DELUSIONE DI AMAZON

Amazon però non ci sta. In una nota ufficiale i vertici aziendali si sono detti “molto delusi da questa decisione, perché vogliamo impegnarci in modo costruttivo con i responsabili politici. In qualità di azienda attiva nell’Unione Europea da oltre 25 anni e con più di 150.000 dipendenti a tempo indeterminato, prendiamo molto sul serio il nostro impegno con i decisori politici a Bruxelles e in tutta Europa.”

“Il nostro impegno – hanno aggiunto – continua nonostante questa decisione. Amazon partecipa regolarmente alle attività organizzate dal Parlamento Europeo e da altre istituzioni dell’Ue, comprese le audizioni parlamentari, e continua a impegnarsi a partecipare a un dialogo equilibrato e costruttivo sulle questioni che riguardano i cittadini europei. Abbiamo ripetutamente espresso la nostra disponibilità a confrontarci con i membri della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali e in diverse occasioni li abbiamo invitati a visitare le nostre strutture. L’invito è ancora valido e saremmo lieti di avere l’opportunità di mostrare gli investimenti che abbiamo fatto per garantire che i nostri ambienti di lavoro siano moderni, inclusivi e sicuri”.

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