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Perché la Cina vuole controllare i porti Europei?

Porto

La compagnia cinese Cosco compra una parte del Porto di Amburgo. Il ministro Urso assicura che il porto di Trieste (di proprietà di Amburgo) resta italiano

“Non ci consegneremo nelle mani dei cinesi”. Con queste parole Adolfo Urso, ministro dello sviluppo economico e del Made in Italy, ha liquidato le voci su un passaggio in mani cinesi della gestione del porto di Trieste. Il problema si pone perché il porto di Amburgo, acquistato per il 24,9% dalla compagnia cinese Cosco, è azionista del porto di Trieste.

L’antefatto: il porto di Amburgo

A stimolare la dichiarazione del ministro Urso la notizia che il governo tedesco del Cancelliere Olaf Scholz ha stretto un accordo sull’ingresso della impresa statale cinese Cosco nella gestione del porto di Amburgo, il più importante della Germania e il terzo più grande d’Europa. Il gruppo cinese avrebbe acquisito una partecipazione del 24,9% nel Terminal 3 del porto di Amburgo. La partecipazione inferiore al 25% evita che i nuovi proprietari possano esercitare influenza sulla gestione globale del terminal.

Le pressioni di Olaf Scholz per la cessione di una quota del porto di Amburgo

A spingere per l’ingresso della Cosco, compagnia di stato cinese con una flotta che conta più di 400 navi portacontainer, nella proprietà del porto tedesco è stato proprio il Cancelliere Olaf Scholz, che per 7 anni (2011-2018) è stato sindaco di Amburgo. “L’operatore di container cinese non avrà il controllo del porto di Amburgo. L’acquisizione finanziaria non gli consente di esercitare alcuna golden share – ha detto Olaf Scholz . Non ci sarà, dunque, nessun condizionamento nella gestione del principale terminal del nostro Paese”. Il passaggio di proprietà del Terminal 3 sarà uno dei temi del viaggio, in programma per la prima settimana di novembre, del cancelliere Scholz a Pechino. Il leader tedesco così sarà il primo capo di governo straniero a visitare la Cina dopo la pandemia di Covid-19.

Urso: “Se altri vogliono essere dipendenti dalla Cina noi non li seguiremo”

Il ministro Urso, intervistato al Salone della Giustizia, ha ricordato la sua posizione “sulla politica di dominio che la Cina realizzava o voleva realizzare attraverso la ‘via della seta’“, una “sfida titanica che la Cina ha lanciato contro l’occidente”, come riporta l’Ansa. Il governo potrebbe usare, dunque, la Golden Power sul porto di Trieste. “È una competenza che spetta a Palazzo Chigi – ha aggiunto Urso -. Posso dire che tutta la nostra politica, anche economica e produttiva, sarà quella di garantire l’autonomia strategica italiana ed europea su tutte le filiere che sono importanti per mantenere nelle nostre mani decisioni sullo sviluppo economico e produttivo del nostro Paese e della nostra Europa. Questa è la nostra politica”. E infine ha rifilato una stoccata alla scelta dei tedeschi. “Se poi altri intendono passare dalla dipendenza per l’energia alla dipendenza tecnologica o alla dipendenza in qualche misura commerciale dalla Cina, noi su questa strada non li seguiremo”.

Gli investimenti cinesi nei porti europei

L’interesse cinese per i porti europei non nasce certo con il porto tedesco. Il porto di Amburgo è l’ottavo investimento in Europa di Cosco e uno dei 100 porti in 64 diverse nazioni direttamente collegati a Pechino. Nel 2021 la Cina, attraverso la società statale Shanghai International Port Group, aveva esteso il suo controllo sul porto israeliano di Haifa, uno snodo marittimo fondamentale per il trasporto nel Mediterraneo, assicurandosene la gestione per i prossimi 25 anni. L’investimento più importante riguarda il porto del Pireo dove la Cosco ha investito 365 milioni di euro per avere il 67% degli asset del Container Terminal e una garanzia della gestione dello stesso per i prossimi 35 anni.

Il controllo di un’importante area commerciale

In questo modo la Cina si è assicurata il quasi pieno controllo di un’area commerciale (e geopolitica) che va dal Mediterraneo ai Balcani. Nella strategia cinese il Pireo è il collegamento chiave per il progetto logistico Belt and Road Initiative. Altri investimenti cinesi sono nei porti di Rotterdam, Anversa, Bruges, Bilbao, Marsiglia, Valencia, Saragozza e Vado Ligure. L’output pratico della teoria della “Via della Seta Marittima” definita e incarnata dal presidente Xi Jinping.

La Cina è già nei porti italiani

Per ciò che riguarda il nostro paese la Cosco, nel 2016, ha comprato il 40% del porto di Vado Ligure per 53 milioni di euro. A questo si aggiunge l’influenza diretta che la Coasco porta avanti attraverso partnership con aziende italiane. Nel 2005 a Genova è stata costituita la joint-venture tra Cosco Europe Gmbh e Fratelli Cosulich Spa, tra le più antiche compagnie di navigazione italiane. Inoltre la Cosco Shipping Lines Italy Srl è l’agente generale in Italia per conto di Cosco Shipping Lines Co. Ltd, filiale di China Cosco Shipping Corporation Limited Shanghai. Compagnie cinesi sono presenti anche nel porto di Taranto, dove i 220mila metri quadri dell’area ex Belleli, sono stati concessi a Ferretti Group, una multinazionale leader nel settore degli yacht di lusso che, per l’86,8%, è di proprietà del gruppo statale cinese Weichai Power.

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