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Perché la crisi Volkswagen fa tremare la Germania.. e non solo
Sciopero a oltranza alla Volskwagen contro le chiusure. Gli operai: “pronti alla guerra”. Preoccupazioni per le ripercussioni politiche ed economiche
Migliaia di lavoratori della Volkswagen hanno avviato uno sciopero nei principali stabilimenti tedeschi per protestare contro il piano di ristrutturazione proposto dalla casa automobilistica. La mobilitazione, organizzata dal sindacato IG Metall, ha visto la partecipazione di 66.000 dipendenti su 120.000, con azioni in nove dei dieci siti produttivi del gruppo, tra cui Hannover, Zwickau e la sede centrale di Wolfsburg. Lo sciopero, definito “di avvertimento”, ha interrotto le attività per due ore a turno e proseguirà con turni notturni fino all’alba di martedì.
LE RAGIONI DELLO SCIOPERO
La dirigenza della Volkswagen ha annunciato un piano di risparmio da 4 miliardi di euro per migliorare la competitività del gruppo, che prevede il taglio del 10% degli stipendi e la chiusura di almeno tre stabilimenti in Germania. Secondo i sindacati, queste misure minacciano migliaia di posti di lavoro e mettono a rischio l’intero sistema produttivo dell’azienda.
La decisione di ridurre drasticamente i costi è stata giustificata dalla dirigenza con la necessità di adeguarsi alle sfide globali del settore automobilistico, tra cui l’elettrificazione, la concorrenza internazionale e l’aumento dei costi di produzione. Tuttavia, i lavoratori ritengono che le misure proposte scarichino il peso della crisi esclusivamente su di loro, senza affrontare le responsabilità gestionali ai vertici.
GLI OPERAI DI VOLKSWAGEN: “SIAMO PRONTI ALLA GUERRA”
“La cosa che mi fa più arrabbiare è che sono le persone ai vertici a commettere gli errori e noi ne paghiamo il prezzo”, ha dichiarato Michael Wendt, un operaio di Hannover. Sui cancelli delle fabbriche e nelle piazze, cartelli e striscioni esprimono con forza il malcontento: “La VW siamo noi” e “Volete la guerra, siamo pronti”. La chiusura degli stabilimenti minacciati, un evento senza precedenti nella storia quasi centenaria della Volkswagen, rappresenterebbe un colpo durissimo per le economie locali e per l’immagine stessa del gruppo come simbolo dell’industria tedesca.
Dal canto loro, i lavoratori e il sindacato IG Metall propongono soluzioni alternative, tra cui una riduzione più contenuta degli stipendi e un piano di ristrutturazione meno drastico che consenta di preservare i siti produttivi e i posti di lavoro. Tuttavia, queste proposte non sembrano convincere la dirigenza, che insiste sulla necessità di una riorganizzazione radicale.
CLIMA DI SCONTRO
I negoziati tra sindacati e dirigenza si sono finora conclusi con un nulla di fatto, dopo tre round di trattative. Il prossimo incontro è previsto il 9 dicembre, ma le posizioni restano distanti. Thorsten Groeger, negoziatore di IG Metall, ha avvertito che il conflitto potrebbe trasformarsi nella “battaglia contrattuale più dura che Volkswagen abbia mai conosciuto”. Daniela Cavallo, presidente del consiglio di fabbrica, ha ribadito che, senza un accordo, l’escalation sarà inevitabile.
L’IMPATTO POLITICO ED ECONOMICO DELLA CRISI VOLKSWAGEN
La crisi Volkswagen arriva in un momento delicato per la Germania, in piena campagna elettorale per le elezioni parlamentari del 23 febbraio. Il cancelliere Olaf Scholz ha promesso il suo impegno per salvare i posti di lavoro, invitando anche l’opposizione a collaborare. La protesta è stata accompagnata da slogan incisivi, come “La VW siamo noi” e “Chi ignora l’organico gioca col fuoco”. Una lotta prolungata potrebbe danneggiare la reputazione del gruppo e minare la fiducia degli investitori, aggravando la crisi dell’industria automobilistica tedesca.