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Perché l’OMS bombarda l’idea del Digital Green Pass (passaporto vaccinale)

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Prematuro pensare di poter prendere l’aero grazie a un documento che attesti che si è immuni. L’Organizzazione mondiale della Sanità rileva non solo che non ci sono ancora abbastanza dati per comprendere il grado di tutela effettivamente offerto dai vaccini, ma anche che i Paesi membri attualmente sono troppo indietro con le vaccinazioni per poter già predisporre il Digital Green Pass

Questa settimana la Commissione europea dovrebbe presentare il prototipo del passaporto vaccinale europeo, che servirà per dotare il Vecchio continente di una carta verde unica riconosciuta da tutti i Paesi, utile a saltare file, evitare tamponi e quarantene. Finora, è noto, ogni nazione si è mossa come ha voluto, sacrificando così il diritto dei cittadini comunitari di muoversi liberamente in tutta Europa. Per questo l’esecutivo di Ursula von der Leyen preme perché si raggiunga quanto prima una soluzione condivisa. Soluzione che, al momento, rischia però di beccarsi la bocciatura dell’Organizzazione mondiale della Sanità.

OMS: “MANCANO DATI PER EFFICACIA DIGITAL GREEN PASS”

All’Oms “sosteniamo fortemente l’uso di certificati digitali di vaccinazione, come mezzo per gli individui di avere un modo per facilitare i loro programmi”. Tuttavia, “non c’è alcuna raccomandazione delle International Health Regulations sull’uso di questi certificati allo scopo di viaggiare a livello internazionale”. Lo ha detto Catherine O’ Brien, docente di Epidemiologia alla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health (Usa), per l’Oms, in audizione alla commissione Envi a Bruxelles .

“Attualmente – ha sottolineato – non ci sono le condizioni” per raccomandarne l’uso a fini di viaggio internazionale, dato che non ci sono abbastanza dati sulla protezione dei vaccini dal contrarre il virus (non la malattia) e la possibilità di vaccinarsi non è ancora abbastanza diffusa. Pertanto, allo stato attuale per l’Oms si pongono problemi “per gli spostamenti, tenendo presente che per il momento vengono somministrate dosi solo alle persone vulnerabili”.

COS’È E A COSA SERVE IL DIGITAL GREEN PASS

Qualche giorno fa la commissaria agli affari interni Ylva Johansson aveva anticipato che il passaporto terrà conto solo dei vaccini anti Covid-19 approvati dall’Unione europea dopo la valutazione positiva dell’Agenzia del farmaco (Ema).

Ciò implica che, almeno sulla base della situazione attuale, saranno esclusi il vaccino cinese Sinopharm usato in Ungheria e il vaccino russo Sputnik V ordinato da Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia. Un particolare, questo, che se presente anche nella norma definitiva rischia di creare, almeno fino all’approvazione dell’Ema dei singoli prodotti ancora in attesa, vaccinati di serie A e di serie B

Leggi anche: L’eterno dilemma del patentino vaccinale

Una volta ottenuto, il Digital Green Pass dovrà garantire ai cittadini che lo mostrano alla dogana di poter essere lasciati passare senza necessità di eseguire esami o di essere sottoposti a periodi di quarantena perché idoneo a dimostrare che chi lo porta con sé ha «fatto un test Pcr» con esito negativo, oppure che ha «anticorpi» contro il coronavirus Sars-CoV-2 o, ancora, che è stato «vaccinato» contro la Covid-19.

Il Digital Green Pass, ha spiegato sempre la commissaria agli affari interni Johansson, consentirà di snellire le pratiche burocratiche all’arrivo in un altro Paese, «mostrando il proprio smartphone, che si è a rischio molto basso di trasmettere il virus». La proposta arriverà settimana prossima, ma naturalmente prima di entrare in vigore «dovrà essere approvata da Consiglio e Parlamento», ha concluso Johansson. Resta ora da capire se la Commissione recepirà il parere dell’Organizzazione mondiale della Sanità o procederà per la propria strada. Quel che è certo, è che senza l’imprimatur dell’Oms, il passaporto vaccinale rischia di avere ben poche altre nazioni disposte a riconoscerlo all’infuori dell’Unione europea.

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