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Perché un terzo mandato di Xi Jinping è una buona notizia per gli USA?

Cina Xi Jinping

La conferma di Xi Jinping fa calare la maschera alla Cina, non un partner ma un avversario degli USA

Il XX congresso del partito comunista cinese segnerà la conferma, per la terza volta, di Xi Jinping a capo del partito, con la carica di segretario generale, e presidente della Cina. Nessun leader cinese dopo Mao ha avuto un terzo mandato, ma l’ambizioso leader ha accentrato su di sé un potere così grande da superare le regole e le norme che il partito di sera dato per autoregolarsi.

Deng Xiaoping: il regolatore

A introdurre le regole che ponessero un freno all’accumulazione di potere è stato il successore di Mao, Deng Xiaoping, il quale, salito al potere nel 1978, conosceva quali e quanti danni potesse commettere il fanatismo ideologico del partito. La sua famiglia ha pagato un caro prezzo alla furia della rivoluzione culturale maoista, uno dei suoi figli ha riportato danni fisici permanenti nel corso di uno scontro con le guardie rosse e lui stesso è stato inviato ai lavori forzati in fabbrica in una remota regione cinese. Per evitare che la Cina conoscesse nuovamente la violenza dell’intransigenza ideologica ha introdotto una leadership collettiva e imposto limiti di età e di numero di mandati per le cariche più alte all’interno del Partito comunista cinese. Dopo di lui i presidenti cinesi non hanno mai ottenuto più di due mandati e non hanno mai superato i 68 anni di età. Tutto questo, con il terzo mandato di Xi Jinping sta per essere sconfessato.

Il rapporto tra Cina e USA

I rapporti tra Cina e USA hanno sempre avuto un rapporto ambivalente. Dalla storica visita in Cina del presidente USA Richard Nixon nel 1972 gli USA hanno spesso faticato a inquadrare il gigante asiatico. Nei primi decenni del XXI secolo i leader americani hanno immaginato una Cina “forte, pacifica e prospera”, come disse il presidente George W. Bush nel 2002, oppure un paese “forte, prospero e di successo”, come disse il presidente Barack Obama nel 2009. Oggi i tempi sono cambiati e gli USA hanno iniziato a guardare alla Cina come a un avversario e non un partner. Un enorme paese, quasi un continente, che da potenza economica sta mostrando interesse nel sostituire gli USA come leader dell’ordine mondiale. Non per nulla l’interesse strategico americano è ora rivolto al pacifico.

Il terzo mandato che mette le carte in tavola: la Cina non è un partner

Dunque un terzo mandato per Xi Jinping sarebbe una buona notizia per gli USA. A scriverlo è un editoriale del “Wall Street Journal”. Le ragioni risiedono nel fatto che da presidente Xi abbia reso “più chiara e tangibile” la minaccia costituita da Pechino per l’Occidente e abbia indebolito la Cina sul piano economico. “Negli ultimi dieci anni, gli Usa hanno iniziato a vedere la Cina come un rivale e non come un partner”, scrive il WSJ.

Falliscono le teorie liberali: la crescita economica non si accompagna a collaborazioni politiche

A nulla è valsa la diplomazia del dollaro, l’economia non è riuscita ad avere la meglio sull’ideologia. “Fino al 2012 i presidenti succedutisi alla guida degli Usa pensavano che il dialogo avrebbe reso la Cina più aperta sul piano politico ed economico, più impegnata al rispetto del sistema internazionale di regole che gli Stati Uniti hanno promosso a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale – si legge nell’editoriale del Wall Street Journal -. Dopo l’ascesa di Xi nel 2013, quelle speranze sono state spazzate via e si è fatta larga una visione più pessimista: gli sforzi degli Stati Uniti erano destinati a fallire”.

Le mire espansionistiche della Cina

Inoltre sotto la presidenza di Xi Jinping sono diventate chiare le mire espansionistiche di Pechino, tanto da costringere gli USA a un ripensamento nelle priorità della propria politica estera. La Cina non nasconde più le proprie intenzioni “il presidente cinese ha militarizzato il Mar Cinese Meridionale, ha usato la coercizione economica contro la Corea del Sud, l’Australia e la Lituania, ha intensificato la tensione con la Cina sulla questione dei confini contesi”. Pechino, secondo il Wall Street Journal, ha calato la maschera e ha costretto l’Occidente a fare i conti con il vero volto della Cina: una potenza economica che ambisce a diventare una potenza geopolitica. In entrambi i partiti statunitensi “i falchi anti-cinesi sono in crescita”. A questo si somma la consapevolezza che non sono più sostenibili le storture della globalizzazione che hanno reso la Cina “la fabbrica del mondo”. A tal proposito la Germania sta lavorando per ridurre la dipendenza economica dalla Cina.

Le contromisure degli USA

Questa ritrovata consapevolezza è la ragione di alcune mosse gli Stati Uniti. “Gli USA sono poco interessati a contenere la Cina dalla terra infatti sono andati via dall’Afghanistan (l’Afghanistan confina per 90 km con la Cina) – ha detto l’analista Dario Fabbrima vogliono contenerla e soffocarla dal mare, laddove restano in forte vantaggio”.  In campo economico, invece, l’amministrazione Biden ha ostacolato l’accesso cinese ai semiconduttori, il cui obiettivo “non è semplicemente quello di preservare la leadership tecnologica Usa”, ma quello di “strangolare larghi segmenti dell’industria tecnologica cinese, con l’intento di ucciderla”.

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