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Quello scambio di prigionieri Usa-Russia di cui nessuno parla

Scambio Prigionieri Usa Russia

I Graffi di Damato

Senza volere minimizzare altre nefandezze, a cominciare da quella efficacemente denunciata dal manifesto con i cappi iraniani in prima pagina a corredo del titolo “Boia chi mullah”, penso che meriti una segnalazione, e adeguata riflessione, lo scambio di prigionieri appena avvenuto a Dubai fra russi e americani. Esso mette a nudo la spregiudicatezza di Putin e di quanti lo assecondano in Occidente rappresentando quella in Ucraina come una guerra per procura condotta dagli americani contro i russi per assecondare la produzione e il commercio delle armi destinate ai resistenti all’aggressione. Ebbene, lo scambio a Dubai -non il primo della guerra fredda ripresa fra la Russia e gli Stati Uniti dopo il crollo del muro di Berlino- è avvenuto fra una cestista americana restituita dai russi a Biden e un trafficante d’armi consegnato, restituito o quant’altro dagli Stati Uniti, che lo avevano imprigionato, a un Putin del quale si può quanto meno dire che lo avesse in simpatia, o comunque fosse interessato a farlo liberare.

Le dimensioni umane e politiche fra i due prigionieri sono ben descritte e sintetizzate in questo modo dal Foglio in prima pagina: “Gli americani hanno riportato a casa la cestista Brittney Griner e i russi Viktor Bout, il trafficante d’armi più famoso del mondo, a lungo al secondo posto nella lista delle persone più ricercate dagli Stati Uniti, quando al primo c’era Osama bin Laden, il capo di al Quaeda che nel 2001 organizzò gli attentati contro New York e contro il Pentagono. Griner era stata arrestata e condannata a nove anni da trascorrere in una colonia penale per le cartucce della sigaretta elettronica all’olio di cannabis trovato nel suo bagaglio a Mosca”. L’accusa naturalmente era stata di contrabbando di droga, come se l’icona gay del basket americano occultasse lo spaccio dietro la sua attività atletica.

Con le sue bugie, personali o di sistema, sul traffico di droga e d’armi Putin meriterebbe quanto meno nelle vignette un naso come quello di Pinocchio. Altrettanto i suoi sostenitori, ripeto, in Occidente. Dove stiamo sprecando il nostro tempo a decrittare dietro le parole e le mosse vaganti al Cremlino tempi e modi di una disponibilità, finalmente, del successore di Stalin -altro che Pietro il Grande- a cessare il fuoco, sul quale ieri ha pianto a Roma il Papa sotto la statua della Madonna in Piazza di Spagna, e a trattare davvero la pace in Ucraina, anche contro gli interessi del “suo” Viktor Bout.

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