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Tregua a Gaza, chi sono i primi israeliani e palestinesi liberati

Israele ha rilasciato 90 detenuti palestinesi, tra loro donne e minorenni, in cambio delle prime tre donne riconsegnate da Hamas nel primo giorno della tregua a Gaza

Il 19 gennaio 2025 segna un momento storico nella crisi israelo-palestinese: dopo 471 giorni di prigionia, Hamas ha liberato i primi tre ostaggi israeliani. Tre giovani donne: Romi Gonen, Emili Damari e Doron Steinbrecher, rapite il 7 ottobre 2023, durante l’attacco di Hamas contro Israele.

LE TRE DONNE ISRAELIANE RILASCIATE DA HAMAS

Romi Gonen, 25 anni, fu catturata durante il rave Nova mentre tentava di fuggire in auto con amici. Poco prima di essere presa, riuscì a chiamare sua madre: “Mi hanno colpito mamma, sto perdendo sangue. Tutti in macchina stanno perdendo sangue”. Dopo il rapimento, il suo telefono fu localizzato a Gaza, dove un ostaggio liberato aveva confermato che fosse viva, ma in gravi condizioni di salute.

Emili Damari, 28 anni, con doppia cittadinanza britannica, fu presa da Kfar Aza. Ferita alla mano e alla gamba da un colpo di arma da fuoco e da una scheggia, fu caricata sulla sua auto e trasportata a Gaza. La madre ha raccontato come Emili abbia assistito all’uccisione del suo cane durante il raid.

Doron Steinbrecher, 31 anni, è un’infermiera veterinaria del kibbutz Kfar Aza. Al momento del rapimento, viveva vicino alla casa dei genitori e della sorella. In un messaggio vocale inviato agli amici il 7 ottobre disse: “Sono arrivati. Mi prendono”. Anche per lei il rapimento fu un trauma profondo che, come per le altre, ha lasciato un segno indelebile.

Le tre donne sono state consegnate dalla Croce Rossa all’Idf (le forze di difesa israeliane). Migliaia di persone si sono radunate nella “Piazza degli ostaggi” a Tel Aviv, applaudendo e abbracciandosi in un momento di commozione e sollievo collettivo.

I 90 DETENUTI PALESTINESI LIBERATI

Nelle stesse ore del rilascio degli ostaggi israeliani, Israele ha liberato 90 detenuti palestinesi, di cui 69 donne e 21 minori. Uno scambio che è parte dell’accordo di cessate il fuoco, per la tregua a Gaza.

Tra i detenuti liberati spicca il nome di Khalida Jarrar, figura storica dell’attivismo palestinese. Jarrar, 62 anni, è una componente di primo piano del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), organizzazione designata come terroristica da Israele, Stati Uniti e Unione Europea. Attivista per i diritti umani, è stata eletta nel 2006 al Parlamento palestinese e ha dedicato la sua vita a difendere i diritti dei detenuti palestinesi. Jarrar è stata arrestata più volte senza mai essere condannata per coinvolgimento diretto in azioni militari. L’ultimo arresto risale al dicembre 2023, con sei mesi trascorsi in isolamento. La sua storia è segnata anche da tragedie personali: nel 2021 le fu negato il permesso di partecipare al funerale della figlia Suha.

Tra le altre donne liberate ci sono Dalal Khaseeb, sorella di un ex comandante di Hamas ucciso in un attacco israeliano, e Abla Abdelrasoul, 68 anni, moglie di Ahmad Saadat, leader del Fplp responsabile dell’assassinio di un ministro israeliano nel 2001.

Degli altri prigionieri, 21 sono minori, tra cui il più giovane, Mahmoud Aliowat, 15 anni, accusato di un attacco a Gerusalemme nel 2023. Secondo i dati pubblicati dal ministero della Giustizia israeliano, molti dei detenuti sono stati arrestati di recente, dal 2020 in poi. Tra loro, 31 sono detenuti senza processo, 51 sono in attesa di giudizio e solo 10 sono stati condannati.

LA GIOIA E LA SOFFERENZA DI DUE POPOLI

Mentre le tre donne israeliane venivano accolte tra abbracci e lacrime a Tel Aviv, nelle città della Cisgiordania e di Gerusalemme Est la folla celebrava il ritorno dei prigionieri palestinesi. Due autobus con i vetri oscurati hanno lasciato la prigione di Ofer poco dopo l’una di notte, accolti da cori di gioia lungo il percorso.

A Gaza, la tregua ha portato un silenzio surreale: il rombo dei caccia israeliani è scomparso, i camion con gli aiuti umanitari sono entrati nell’enclave e la popolazione si è riversata per strada offrendo dolci e condividendo momenti di speranza. Il paesaggio rimane devastato: macerie, strade sterrate e case distrutte testimoniano l’enorme prezzo pagato in oltre 15 mesi di guerra, che ha causato la morte di 46.913 palestinesi.

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