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Trump e l’Europa: le sfide su difesa, commercio, geopolitca. Il rapporto Ispi

Usa Europa

Il ritorno di Trump alla presidenza degli Usa preannuncia forti conseguenze per l’Europa, l’Ispi delinea i potenziali terreni di scontro e di convergenza. Per il Vecchio Continente e per l’Italia

Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca rappresenta per l’Europa un cruciale banco di prova, per saggiarne la maturità, la coesione e la visione di fronte a sfide (e anche scontri)  sempre più significative. Basta dare un’occhiata ai resoconti sulla stampa da Bruxelles, per capire l’incertezza, mista a scetticismo che regna nelle cancellerie europee.

Il nuovo mandato del presidente americano potrebbe rimettere in discussione gli equilibri dell’alleanza atlantica, con effetti potenzialmente destabilizzanti su commercio, difesa e politica estera. Trump ha già segnalato l’intenzione di ridurre il sostegno americano all’Ucraina, rivedere il deficit commerciale e aumentare le richieste agli alleati Nato, rafforzando un approccio “transazionale” alle relazioni internazionali.

L’EUROPA SOTTO PRESSIONE

A delineare un quadro di quali sono oggi i rapporti, di forza e di debolezza, tra l’Europa (e i suoi principali membri) e gli Usa, ci ha pensato un rapporto dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale. La politica estera di Trump rischia di avere impatti diversi sui paesi europei. La Germania, ad esempio, si trova in una posizione delicata: da un lato, un surplus commerciale con gli Usa tra i più elevati al mondo (80 miliardi di euro); dall’altro, spese per la difesa che non raggiungono l’obiettivo minimo del 2% del PIL stabilito dalla Nato. Anche l’Italia, pur lontana dai numeri tedeschi, è nel mirino con un avanzo commerciale di 43 miliardi di euro e spese militari pari all’1,5% del Pil, lontane dai parametri richiesti da Washington.

Diversamente, paesi come Ungheria e Regno Unito sembrano più allineati con le aspettative dell’amministrazione Trump: l’Ungheria per la vicinanza politica, Londra per la soddisfazione di gran parte dei “desiderata” statunitensi. La Francia, invece, si trova in una posizione intermedia, con risultati buoni su commercio e difesa, ma un rapporto politico complesso con gli alleati di Trump.

COMMERCIO E DAZI, GERMANIA E ITALIA LE PIU’ ESPOSTE

Il riequilibrio della bilancia commerciale americana, con un deficit annuale di oltre 1.100 miliardi di dollari, sarà uno dei temi centrali. I paesi europei con surplus commerciali elevati, come Germania, Irlanda e Italia, sono i più esposti a eventuali nuove tariffe. Per l’Italia, un aumento dei dazi potrebbe avere effetti economici paragonabili a quelli della Germania, influendo negativamente sull’export. Al contrario, paesi con deficit commerciali verso gli Usa, come Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna, potrebbero evitare tensioni dirette.

LA DIFESA RIMANE UN NODO CRUCIALE

Le spese militari rappresentano un altro terreno di scontro. Nonostante l’incremento generale delle spese per la difesa in Europa dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Trump chiede un innalzamento degli investimenti fino al 3% del PIL, ben oltre l’attuale obiettivo del 2%. Anzi, il presidente Usa è arrivato a ipotizzare, boutade o meno, anche il 5%.

L’Italia, che non raggiunge questa soglia dal 1989, dovrebbe trovare miliardi di euro aggiuntivi per adeguarsi, un compito arduo date le attuali priorità di bilancio.
L’Europa, dunque, si trova a un bivio: adeguarsi alle richieste di un’America sempre più esigente o affrontare una nuova fase di isolamento politico ed economico.

IL SOSTEGNO ALL’UCRAINA, IL RISCHIO DI UN’EUROPA SEMPRE PIU’ SOLA

Tra gli altri nodi al centro dei nuovi rapporti Atlantici, ci sono il sostegno all’Ucraina, i rapporti con la Cina e le politiche energetiche emergono come temi centrali che potrebbero ridefinire i rapporti transatlantici. Con l’atteggiamento scettico di Trump verso gli aiuti all’Ucraina, l’Europa rischia di dover sostenere quasi interamente i costi della guerra. Dal 2025, gli Stati Uniti prevedono aiuti per soli 15 miliardi di euro, una riduzione drastica rispetto ai primi anni del conflitto. In Italia, il contributo complessivo è stato inferiore a 2,5 miliardi di euro, ben lontano dai 16 miliardi tedeschi, posizionando il Paese al 18° posto in Europa per contributi rispetto al PIL. Nonostante l’impegno politico costante a favore di Kiev, le risorse economiche italiane rimangono limitate, mettendo in luce la difficoltà di un maggiore impegno finanziario.

LA CINA, NUOVO FRONTE DI DIVISIONE

Trump ha promesso di inasprire i dazi contro la Cina, portandoli fino al 60%. Anche l’Unione Europea ha adottato una linea dura, con dazi sulle auto elettriche cinesi, ma resta divisa al suo interno. La Germania e l’Ungheria si oppongono a misure più restrittive per proteggere i loro legami economici con Pechino, mentre Francia, Polonia e Italia si sono mostrate favorevoli. Per l’Italia, la recente uscita dalla Belt and Road Initiative e il sostegno ai dazi contro la Cina rafforzano l’allineamento con Washington, ma espongono il Paese a ritorsioni economiche da parte di Pechino, come già dimostrato dalla sospensione degli investimenti cinesi nel settore automobilistico.

ENERGIA, PUNTO DI CONVERGENZA

Nonostante le tensioni in altri ambiti, l’energia rappresenta un terreno di cooperazione tra Stati Uniti ed Europa. Dal 2022, le importazioni di Gnl americano da parte dell’UE sono triplicate, rendendo gli Usa il principale fornitore europeo. Anche l’Italia beneficia di questa dinamica, avendo importato nel 2023 5,3 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti, un contributo fondamentale per diversificare le forniture energetiche dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

SCRICCHIOLA IL MULTILATERALISMO

Le politiche di Trump – secondo l’Ispi – rischiano di isolare ulteriormente l’Europa anche sui tavoli internazionali. L’uscita dagli Accordi di Parigi e dalla Convenzione Onu sul clima lascia il Vecchio Continente come unico grande attore impegnato nella decarbonizzazione. Sul fronte multilaterale, la riduzione dei fondi americani a Onu e Oms minaccia il funzionamento delle istituzioni internazionali, opponendosi alla visione europea di dialogo globale.

Alla luce di questa fotografia, il quesito finale che dà il titolo al rapporto Ispi è d’obbligo: “Arriva Trump, l’Europa è pronta?”

Leggi anche: I sei momenti più critici nei rapporti tra USA e Italia

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