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Tutte le vere mire di Erdogan (che fa da mediatore tra Russia e Ucraina)

Erdogan

Tutti gli interessi del Presidente Turco Erdogan nel fermare la guerra tra Ucraina e Russia

Il presidente russo Putin e il presidente turco Erdogan si incontreranno domani ad Astana. L’occasione è un vertice regionale nella capitale del Kazakistan. Tra i temi dell’incontro, come ha riferito Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ci sarà anche la guerra in Ucraina. Non è certo la prima volta che il presidente turco si pone come interlocutore e mediatore, tra Russia e occidente, per giungere a una soluzione pacifica del conflitto in atto in Ucraina.

La mediazione della Turchia

A dire la verità Erdogan, in maniera indipendente dalla Nato, anche prima dello scoppio delle ostilità aveva provato a frapporsi tra la Russia e l’Ucraina per evitare la deflagrazione della guerra. Già a dicembre Ankara aveva provato a “evitare ogni spostamento degli equilibri internazionali”. L’attività di mediazione è proseguita nei mesi successivi, fino ad ospitare, a marzo, il tavolo dei negoziati (durante i quali molto probabilmente venne avvelenato Roman Abramovich). “Ci auguriamo che gli incontri si traducano in un cessate il fuoco duraturo e consentano la pace”, aveva tweettato il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. Una speranza caduta nel vuoto.

Erdogan l’equilibrista

Il presidente turco non ha mai sconfessato la linea della Nato. Anzi ha fornito a Kiev i fondamentali droni Bayraktar che hanno causato numerose vittime tra i soldati russi. Però, nell’assestare un colpo al cerchio e uno alla botte ha deciso di non prendere provvedimenti economici nei confronti della Federazione e ha criticato aspramente la decisione di Washington e Bruxelles di imporre sanzioni alla Russia. Arrivando a definirle delle “provocazioni” e continuando a intrattenere rapporti con il Paese.

Lo sblocco dei porti ucraini e lo scambio di prigionieri

Questo atteggiamento ha permesso a Erdogan di ritagliarsi il ruolo di interlocutore privilegiato per Putin. E se non è riuscito a fermare la guerra, Erdogan il facilitatore è riuscito a far siglare un accordo per lo sblocco dei porti nel Mar Nero che ha permesso all’Ucraina di tornare a esportare ingenti quantità di grano via nave. L’accordo ha consentito ad oltre 5 milioni di tonnellate di prodotti agricoli di salpare dai porti ucraini, ma scadrà a fine novembre e dovrà essere rinnovato con il sostegno della Russia e delle altre tre parti. Inoltre Erdogan ha collaborato allo scambio di prigionieri tra Mosca e Kiev avvenuto il 21 settembre, in cui 215 soldati ucraini sono stati scambiati con 55 militari russi.

Le potenze del Mar Nero

Ma perché Erdogan ha tanto a cuore la pace in Ucraina? In politica estera non esistono comportamenti più o meno etici, le azioni degli Stati hanno il solo scopo di preservare l’interesse nazionale. A Erdogan conviene, per questioni strategiche, contenere l’espansione territoriale della Russia sul Mar Nero e di conseguenza sul Mediterraneo. L’annessione di porti ucraini spodesterebbe la Turchia dal ruolo di potenza principale nel Mar Nero.

L’economia turca dipende dalla Russia

La Russia e l’Ucraina sono al primo e al terzo posto per presenze di turisti in Turchia, la cui economia conta moltissimo sul settore. La Turchia, inoltre, ha importanti accordi commerciali, energetici e nell’industria della Difesa con la Russia. Ragione per la quale Erdogan non ci ha pensato un attiamo a condannare le sanzioni dell’Europa a Putin. Le spinte inflazionistiche e il rialzo del costo dell’energia hanno avuto un impatto devastante sull’economia turca che punta molto sulle importazioni e che non ha a disposizione grandi giacimenti energetici. Difatti la lira turca, stabile da gennaio, dopo l’inizio della guerra è tornata a vedere il proprio valore corrodersi sempre di più con il progredire del conflitto. E questa non è una buona notizia considerando che nel 2023 la Turchia tornerà alle urne.

La questione energetica

La Turchia, oltre ad essere dipendente dal grano russo, importa più del 44% del gas dalla Russia attraverso il Turkstream. Grazie a un accordo strategico tra i due Paesi, nel 2013 è stata avviata la costruzione della prima centrale nucleare turca nella città di Akkuyu, nella provincia meridionale di Mersin. La svolta nucleare è cruciale per diminuire la dipendenza dalle importazioni di energia e i costi che, con la crisi della lira turca, sono cresciuti del 50% e diventati insostenibili. Il lavoro diplomatico del Pres. Erdogan ha dato i suoi frutti: l’importatore statale turco di energia, Botas, stia cercando di posticipare parte dei pagamenti al 2024 e le trattative sarebbero in corso. I colloqui arrivano sulla scia di un accordo tra i due Paesi che consente a Botas di pagare il 25% dei suoi obblighi in rubli anziché in dollari.

Le relazioni tra Turchia e Ucraina

Se da un lato Erdogan teme l’esuberanza russa, dall’altro ha stretto rapporti intensi con l’Ucraina. “Dal 2021 l’Ucraina e Turchia hanno instaurato un solido legame nella collaborazione industriale nell’ambito della difesa, soprattutto legato alla compravendita e alla produzione di droni di fabbricazione turca – i Bayraktar TB2 e i Fai Anka – ha detto Valeria Giannotta, direttrice dell’Osservatorio scientifico del CeSPI sulla Turchia -. La produzione di droni è diventata uno dei fiori all’occhiello di Ankara, intenzionata a investire sempre di più nel settore della difesa”.

L’espansionismo in Siria di Erdogan

Percepito ormai come un attore fondamentale per la risoluzione del conflitto, Erdogan sta sfruttando il suo ruolo per condurre “indisturbato” le proprie politiche in Siria, a discapito delle forze curdo-arabe alleate degli Usa nella lotta all’Isis. L’obiettivo di Erdogan è estendere il proprio controllo alla fascia di territorio del nord e nord-est della Siria in modo da creare un cuscinetto tra la Turchia e l’Amministrazione autonoma del Rojava, possibile minaccia alla sicurezza dello stato turco. L’espansione territoriale permetterebbe anche il rimpatrio di almeno un milione di profughi siriani. Per procedere è necessario l’accordo di Mosca e Teheran. Destano, in tal senso, molti dubbi gli omicidi di esponenti di spicco dell’Amministrazione autonoma, come L’uccisione di personaggi come Salwa Yusuf, comandante delle Unità anti terrorismo (Yat).

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