Il premier israeliano vuole che le forze dell'Unifil si ritirino "dalle roccaforti e dalle aree…
Tutti gli uomini che lasciano il Presidente Putin. Iniziata la diaspora?
Sono sempre di più gli uomini vicini a Putin che si sfilano, probabilmente in disaccordo con la campagna russa in Ucraina
Crepe nella nuova “cortina di ferro” alzata da Vladimir Putin? Impossibile dirlo. Certo è che se aveva già fatto notizia l’addio, tra mille polemiche, di Boris Bondarev, consigliere della missione russa alle Nazioni Unite a Ginevra (che aveva rincarato la dose dichiarando: “Non mi sono mai vergognato così tanto del mio Paese” e: “La guerra aggressiva scatenata da Putin contro l’Ucraina, e di fatto contro l’intero mondo occidentale, non è solo un crimine contro il popolo ucraino, ma anche il crimine forse più grave contro il popolo russo”), analisti e geopolitici avranno di che riflettere sulle ultime defezioni più o meno eccellenti. Sono sempre di più, infatti, gli uomini vicini a Putin, o relativamente influenti nel Paese, a voler fare un passo indietro.
Partiamo dai governatori russi dimissionari o che hanno annunciato di non volersi ripresentare: si va da Sergei Shyachkin e Igor Vasilyey, rispettivamente a capo delle oblast’ di Tomsk (in Siberia) e di Kirov (a est di Mosca) passando per Valery Radayev, della provincia di Saratov (al confine con il Kazakistan) e Alexander Yevstifeyev, capo della Repubblica autonoma di Mari El (lungo il corso del Volga); infine Nikolai Lyubimov, governatore di Ryazan (a sud-est di Mosca).
Uno degli uomini più vicini a Putin che ha dato forfait è senza dubbio l’ex vicepremiier Anatoly Chubais, dal 2020 inviato speciale di Mosca per il clima. Forbes l’ha definito “il più alto funzionario russo a essersi dimesso in seguito all’invasione dell’Ucraina”. Dopo le dimissioni e aver detto che non sarebbe tornato nella sua terra, ha fatto perdere le sue tracce, secondo alcune fonti si trova in Turchia.
Sebbene non sia più influente come un tempo, ha fatto rumore anche la notizia del passo indietro compiuto da Valentin Yumashev, ormai ex consigliere del presidente russo al Cremlino, noto per essere il genero di Boris Eltsin. Secondo quanto trapela, le dimissioni di Yumashev avrebbero sorpreso lo staff di Putin, tantoo che il Cremlino non ha mai commentato la notizia e non ha voluto far diffondere note ufficiali che spiegassero le ragioni dell’addio.
Occorre comunque precisare che le fonti non sempre ci azzeccano. Secondo le voci di corridoio, difatti, Elvira Nabiullina, numero uno della Banca centrale della Federazione russa, avrebbe dovuto lasciare da un pezzo. Anzi, si racconta persino che avesse presentato le dimissioni proprio dopo l’inizio del conflitto, fermamente respinte da Putin perché il Paese non avrebbe potuto perdere un tassello così importante. Sta di fatto che alla numero 1 della Banca centrale si devono proprio gli escamotage dei conti K che hanno permesso un progressivo riapprezzamento del rublo dopo la caduta causata dalle sanzioni.
Se ne sono sicuramente andati in quanto in disaccordo con Putin gli uomini che lui stesso ha rimosso scontento delle loro performance. Tra i silurati, Valery Gerasimov, capo di Stato maggiore delle forze armate, Igor Kostyukov, vice capo di stato maggiore delle forze armate; Alexander Bortnikov, capo del servizio di sicurezza, il generale Sergei Kisel, comandante di reparti corazzati accusato di non aver conquistato Kharkiv e il viceammiraglio Igor Osipov, per l’affondamento dell’incrociatore Moskva.