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Cosa prevede la legge sul terzo mandato dei presidenti di Regione
Il terzo mandato agita i sonni non soltanto dei governatori interessati, ma di tutti partiti di maggioranza. Ecco cosa prevede la norma
Oltre al Mes uno dei temi più esplosivi per la maggioranza di governo riguarda senza dubbio il terzo mandato consecutivo dei presidenti di Regione. Si avvicinano le scadenze, anche in considerazione della necessità di scegliere i candidati governatore per le prossime imminenti elezioni regionali di inizio 2024, e tra i partiti di centrodestra è di nuovo scontro.
Ad accendere la miccia oggi le dichiarazioni del vicepremier e segretario nazionale di FI Antonio Tajani, che in una intervista al Messaggero ha bocciato l’ipotesi del terzo mandato. Pronte le repliche stizzite della Lega, con il diretto interessato Luca Zaia, Salvini e Fedriga, a favore della libertà dei cittadini di scegliere senza limiti i propri rappresentanti. Dello stesso avviso il ministro Crosetto, che ricorda come per “la Costituzione il popolo è sovrano” e che “se i cittadini vogliono eleggere qualcuno è giusto che lo eleggano”.
LA LEGGE SUL TERZO MANDATO
Il tema è trattato da una legge nazionale. Nello specifico la legge 165/2004, art. 2 c. 1 lett. f., che recita:
“… le regioni disciplinano con legge i casi di ineleggibilità nei limiti dei seguenti principi fondamentali: […] f) previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto […]”.
Questa norma è attuativa dell’articolo 122 della Costituzione che stabilisce che i presidenti di regione vengono eletti direttamente dai cittadini, tranne nei casi in cui gli statuti e le leggi regionali prevedano forme diverse di elezione, senza particolari limiti di mandato. La Carta costituzionale prevede quindi che le regole per l’elezione dei consigli regionali e dei presidenti di regione siano determinate dalle regioni stesse, sulla base di principi generali stabiliti dalla legge statale.
Come ricorda Pagella Politica sul proprio sito, nel 1995, durante il governo di Lamberto Dini, è stata approvata la legge “Tatarella” che ha fissato le regole generali per l’elezione dei consigli regionali e dei presidenti di regione, da applicare nei casi in cui una regione non abbia adottato regole proprie. Nel 2004, durante il secondo governo Berlusconi, il Parlamento ha poi approvato la legge che ha fissato il limite dei due mandati consecutivi per i presidenti di regione, affidando il compito di attuare questo limite alle singole regioni. Da quel momento in poi, però, il limite dei due mandati è stato nei fatti spesso disatteso.
I CASI FORMIGONI ED ERRANI
Prendiamo il caso di Roberto Formigoni, il governatore della Lombardia che ha guidato giunte di centrodestra per quattro mandati consecutivi dal 1995 al 2013. Nel 2010, all’epoca della sua ultima rielezione, fu presentato ricorso contro la sua elezione perché – era la tesi – era arrivato al suo terzo mandato da quando la legge sul limite dei due mandati era stata approvata, ossia dal 2004. In quel caso il tribunale di Milano stabilì invece che la legge sul limite dei mandati non era retroattiva e che valeva solo dalle elezioni regionali successive al 2004. Nella sostanza: i primi due mandati svolti da Formigoni, quello dal 1995 al 2000 e quello dal 2000 al 2005, non potevano essere considerati nel computo totale.
In più secondo i giudici – spiega sempre Pagella Politica – il limite dei due mandati fissato dalla legge nazionale non poteva essere applicato in quel caso, perché fino a quel momento la Lombardia non aveva ancora una propria legge elettorale regionale (che sarebbe stata approvata nel 2012) e si applicava dunque la legge “Tatarella”, che non prevede invece limiti di mandato. Un caso simile a quello di Formigoni è stato quello di Vasco Errani (centrosinistra), eletto per tre mandati di fila come presidente dell’Emilia-Romagna dal 2000 al 2014, e su cui nel 2010 era stato respinto un altro ricorso dei Radicali.
I CASI ZAIA, DE LUCA ED EMILIANO
Il caso più eclatante all’ordine del giorno è quello che riguarda appunto Luca Zaia, attuale presidente del Veneto con scadenza nell’autunno del 2025. Eletto per la prima volta nel 2010, Zaia è stato rieletto per il terzo mandato consecutivo nel 2020. Questo è stato possibile perché il Veneto ha applicato il limite dei due mandati nel 2012, con l’approvazione della legge elettorale regionale: siccome la legge non può essere retroattiva il primo mandato di Zaia, quello tra il 2010 e il 2015, non viene dunque conteggiato nel computo totale.
Terminato il mandato attuale, Zaia non potrà comunque più candidarsi, dato che avrà terminato il suo secondo mandato dal momento in cui è stata applicato il limite in Veneto. Altre due situazioni simili sono quelle di Vincenzo De Luca (Partito Democratico), al secondo mandato consecutivo come presidente della Regione Campania, e di Michele Emiliano (centrosinistra), al secondo mandato alla guida della Regione Puglia. Anche per De Luca ed Emiliano i mandati termineranno nel 2025, tra meno di due anni. Per quanto riguarda De Luca, in varie occasioni il presidente della Campania ha detto che sulla possibilità di ricandidarsi alle prossime elezioni regionali, in programma nel 2025, deciderà liberamente senza «il permesso di qualcuno».
A SETTEMBRE IPOTESI SFUMATA DI MODIFICA DEL VINCOLO AL TERZO MANDATO
Negli scorsi mesi era stato tentato un blitz in Parlamento, alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, quando in commissione Affari costituzionali del Senato venne calendarizzato il disegno di legge sull’elezione diretta dei presidenti delle province e dei sindaci. A destare particolare attenzione era un emendamento della Svp per dare il via libera al terzo mandato consecutivo per i sindaci. Alcuni speravano che potesse essere proprio quello il grimaldello per introdurre la novità normativa ed estendere poi il dibattito anche ai presidenti di Regione. Così non è stato e difficilmente sarà. E nonostante le posizioni politiche di facciata, è impensabile che soprattutto i parlamentari di Fratelli d’Italia facciano un così plateale regalo ad alleati (Lega) e avversari (Pd).