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L’immigrazione in Italia, una prospettiva storica

Immigrazione Italia

Perché in Italia l’immigrazione fa paura. Recensione dell’ultimo numero degli Annali della Fondazione La Malfa

Nell’ultimo numero degli Annali della Fondazione Ugo La Malfa (il numero XXXIII, uscito quest’anno) si parla di immigrazione in Italia in prospettiva storica. Nell’introduzione di Valerio De Cesaris si fa notare come negli ultimi anni gli sbarchi dei migranti che giungono sulle coste italiane via Mediterraneo siano stati onnipresenti sui media e nel dibattito pubblico, in maniera sproporzionata rispetto alle reali dimensioni del fenomeno, che costituisce solo una parte, neppure la più consistente, dell’immigrazione in Italia.

LA PAURA DEGLI ITALIANI

Gli italiani – molti di essi, si legge nell’introduzione degli Annali –, anche a causa di quell’attenzione spasmodica agli sbarchi, percepiscono una realtà emergenziale e ne hanno timore. Le emozioni, in questo caso soprattutto la paura, prevalgono sui ragionamenti sereni e fattivi. L’analisi del fenomeno migratorio in prospettiva storica ci dice che questa non è la prima volta che accade. Già nel triennio 1989-1991, infatti, i toni si fecero allarmistici e l’attenzione ai migranti crebbe enormemente. Nel 1991, Guido Bolaffi notava dalle colonne de “la Repubblica” che per l’Europa «l’immigrazione rappresenta ormai un vero e proprio incubo». E aggiungeva, con un’osservazione validissima ancora oggi, che «nelle sue cancellerie gli elenchi dei nuovi arrivi vengono stilati quasi fossero bollettini di guerra». L’allarmismo è dunque un vizio originario del dibattito pubblico italiano sull’immigrazione. Forse perché – sostiene De Cesaris – “in Italia gli sbarchi dei migranti risvegliano la paura atavica dell’invasione”, legata alla storia e alle invasioni, quelle sì reali, che la penisola ha vissuto nel corso dei secoli.

LA FALSA EMERGENZA

Negli ultimi anni le più importanti campagne elettorali e referendarie del mondo – su tutte l’elezione di Donald Trump nel 2016 a presidente degli Stati Uniti e la Brexit dello stesso anno – sono state incentrate sul tema dell’immigrazione, facendo gioco sulla paura incrociata di una invasione e di una conseguente perdita di posti di lavoro. Anche in Italia, alle ultime tornate elettorali del 2018, molti dei temi affrontati in campagna elettorale erano finalizzati, almeno da parte di alcune forze politiche, a stimolare paura nei confronti dell’immigrazione attraverso la retorica dell’emergenza. Tuttavia, ci ricordano gli Annali della Fondazione La Malfa, “l’immigrazione straniera in Italia ha una lunga storia e non può essere spiegata con la categoria dell’emergenza. Se si prende come punto d’inizio il periodo in cui il saldo migratorio diventò positivo, negli anni Settanta del Novecento – ma i primi immigrati arrivarono molto tempo prima – si tratta di mezzo secolo: tempo in cui non ci sono stati solo gli arrivi, ovviamente, ma anche l’inserimento nel mondo del lavoro, l’integrazione sociale, la nascita e la crescita delle seconde generazioni. Perché, nella realtà, che spesso è molto diversa dalle rappresentazioni mediatiche o propagandistiche, l’immigrazione è un fenomeno strutturale e del tutto normale in un’epoca di globalizzazione e di spostamenti rapidi. Con un risultato che alcuni si ostinano a negare: l’Italia è diventata una società multietnica e multireligiosa. Presumibilmente, lo sarà sempre di più in futuro”.

LA STORIA COME ANTIDOTO ALLA POLITICA DELLE PERCEZIONI

Appare evidente che l’enorme esposizione mediatica dei fenomeni migratori non basta, da sola, a comprendere qual è la realtà dell’immigrazione in Italia. Ma per comprendere un fenomeno complesso bisogna adottare una prospettiva storica. “Per superare la politica delle emozioni e delle percezioni, distanti dalla realtà, occorre, cioè, andare oltre la cronaca, togliere le lenti distorcenti dell’emotività e guardare ai fenomeni migratori con il realismo della storia”. La raccolta di saggi di questo XXXIII numero degli Annali, prova ad analizzare le questioni migratorie approfondendone alcuni aspetti, da due diverse prospettive disciplinari: quella storica, propria dei contributi di De Cesaris, Possieri, Minnucci e Gerli, e quella giuridica dei saggi di Marchegiani e Morozzo della Rocca.

ITALIA “CONFINE D’EUROPA”: LE ORIGINI DELLA RETORICA DELL’INVASIONE

Le tre questioni principali con cui si apre il primo saggio di De Cesaris sono: il modo traumatico in cui l’immigrazione irruppe nel dibattito pubblico italiano, tra il 1989 e il 1991, il ruolo dell’Italia come “confine d’Europa” nel Mediterraneo e infine l’uso politico, e poi l’ideologizzazione delle migrazioni.  Il secondo saggio di Andrea Possieri ricostruisce, attraverso una ricerca dettagliata, le origini della retorica dell’invasione, rintracciandone la genesi agli inizi degli anni Settanta. Fin da allora, secondo Possieri, si fissò nel discorso pubblico un canone narrativo in cui l’allarme “invasione” è, di fatto, costantemente presente.

L’ISLAM IN ITALIA

Il saggio di Virginia Minnucci è dedicato a una questione delicata, ovvero la presenza islamica in Italia. Dopo aver descritto le dimensioni di quella presenza, Minnucci mette a fuoco il tema della libertà religiosa e della mancanza di un accordo tra Stato italiano e associazioni islamiche. Il problema è legato all’assenza di un’associazione islamica che possa dirsi realmente rappresentativa dei musulmani che vivono in Italia. La questione è delicata non soltanto per l’assenza di un’intesa con lo Stato, ma anche perché l’alterità dei musulmani è considerata la più irriducibile ed estranea alla cultura e alle tradizioni italiane.

UNA NUOVA CITTADINANZA

Nel saggio di Paolo Morozzo della Rocca, si affronta il nodo della cittadinanza mostrando alcune manchevolezze nella legislazione italiana. Il saggio ha il pregio di mettere a fuoco alcuni problemi della legge del 1992 – una «legge a scoppio ritardato», di fatto tesa a favorire i discendenti degli emigrati italiani all’estero – rimasti irrisolti sino a oggi. Alla fine di settembre 2019 si è riaffacciata nel dibattito politico l’idea di riformare la legge sulla cittadinanza, accogliendo il principio dello ius culturae. Nel suo saggio Morozzo della Rocca, riferendosi al dibattito degli scorsi anni, scrive: «La configurazione del criterio di acquisto della cittadinanza per ius culturae, se fosse divenuto oggetto di un dibattito maggiormente condiviso, avrebbe potuto fornire al legislatore italiano utili materiali per una più intelligente ed articolata disciplina della cittadinanza, degna di un importante paese di immigrazione». Forse – si legge nell’introduzione degli Annali – “sebbene con grande ritardo, si giungerà finalmente a una nuova legge sulla cittadinanza, per riconoscere come cittadini italiani quei ragazzi, figli d’immigrati, che sono cresciuti e hanno studiato in Italia, tifano squadre di calcio italiane, la loro vera lingua madre è l’italiano, con l’inflessione dialettale delle regioni in cui abitano, e che spesso frequentano corsi pomeridiani per non perdere la lingua dei loro genitori”.

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